I consulenti della procura hanno depositato nei giorni scorsi la consulenza tecnica sul sottopasso dove il 21 giugno morì annegato l'avvocato Carlo Andrea De Pace. Sotto accusa il sistema di smaltimento delle acque del capoluogo salentino
Il sistema di smaltimento delle acque superficiali (le cosiddette acque bianche) del capoluogo salentino è insufficiente. Lo stesso, infatti, è stato progettato all’inizio del secolo scorso, quando la città aveva una popolazione di circa 45mila abitanti ed un’estensione molto limitata. L’espansione urbanistica di Lecce e l’aumento della popolazione sino a circa 100mila abitanti, hanno reso inadeguato e insufficiente il sistema di drenaggio urbano. E’ questo il dato, sicuramente allarmante, che emerge dalla consulenza tecnica depositata nei giorni scorsi dall’ingegner Antonio Vernaleone e dal professor Roberto Tomasicchio, consulenti dell’accusa nel procedimento penale relativo alla morte dell’avvocato Carlo Andrea De Pace, l’80enne leccese che il 21 giugno scorso rimase intrappolato nella sua auto mentre attraversava il sottopasso di viale Leopardi, letteralmente allagato a causa del temporale che dalle prime ore della giornata si era abbattuto sulla città. La Spider su cui viaggiava la vittima fu interamente invasa dall’acqua. L’avvocato De Pace non riuscì ad uscire dall’abitacolo e morì, nonostante il vano tentativo di soccorso di alcuni passanti, per annegamento. Le indagini, coordinate dal sostituto procuratore della Repubblica di Lecce, Paola Guglielmi, portarono all’iscrizione nel registro degli indagati di tre persone: il sindaco Paolo Perrone, dell’assessore ai lavori pubblici Claudia Branca e dell’ex comandante della polizia municipale Raffaele Urso. Per i primi due l’ipotesi di reato è di omicidio colposo per omessa cautela, favoreggiamento, invece, per Urso. L’esposto presentato dai familiari della vittima, rappresentati dagli avvocati Silvio Verri e Danilo D’Arpa, evidenziò che per il nubifragio il Comune avrebbe dovuto disporre la chiusura immediata del sottopassaggio di viale Leopardi. Un provvedimento che a detta degli stessi non sarebbe mai avvenuto o che comunque si sarebbe concretizzato quando la tragedia era già avvenuta. Nel luglio del 2009 il sottopassaggio di via Leopardi fu sottoposto a sequestro preventivo con facoltà d’uso al Comune. Nel provvedimento il gip Maurizio Saso stabilì che in caso di pioggia il Comune ha l’obbligo di chiudere il sottopassaggio per motivi di sicurezza. Il 10 novembre scorso il sostituto procuratore Paola Guglielmi ha conferito l’incarico di redigere la consulenza tecnica ai due ingegneri. Oggi, sei mesi dopo, nella relazione di 45 pagine, i due consulenti di parte evidenziano come le piogge di quel 21 giugno, pur con una bassa probabilità di verificarsi, non rappresentano un evento raro. Inoltre a causare l’allagamento non sarebbe stato il deflusso del sottopasso (correttamente dimensionato) ma un “rigurgito” provocato dall’insufficiente funzionamento del sistema di smaltimento delle acque piovane in mare e che si sarebbero dunque riversate all’interno dello stesso. “E’ pressoché certo – concludono i periti – che si possano verificare futuri allagamenti anche con precipitazioni meno abbondanti e che in assenza di interventi adeguati la circolazione in caso di pioggia all’interno del sottopasso non è sicura”.
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