Don Stefano torna a chiedere verità sull’omicidio Basile

Don Stefano Rocca ritorna a chiedere che venga fatta luce sull’omicidio di Peppino Basile e ripercorre ancora una volta il clima che si vive ad Ugento in seguito agli episodi che si sono susseguiti nell’ultimo anno. Riportiamo la versione integrale della lettera.

di Don Stefano Rocca
Il clima che molti auspicavano riguardo all’omicidio del carissimo Peppino Basile era quello del “Silenzio”. E silenzio è stato. Tutto questo non è ammissibile! Non è ammissibile che ancora una volta si stia cadendo nella tentazione di “chiudersi” la bocca perché continua a vincere la paura. Questo non deve accadere, costi quel che costi. Chi ha ucciso il nostro fratello Peppino non può rimanere impunito, anche perché credo che siano in molti a desiderare di conoscere la verità (qualunque essa sia), con la speranza di far “germogliare” la giustizia. In questi mesi e in modo particolare in questi ultimi giorni, il sottoscritto è stato accusato di protagonismo, di voglia di apparire continuamente, di non stare insomma al mio posto. Il tutto perché desideroso di conoscere la verità circa la morte barbara e assurda di un nostro fratello. In particolare, sono stato oggetto di attacchi inconcepibili da parte del sindaco, della sua maggioranza e di alcuni giovani molto vicini al primo cittadino. Costoro ritengono che il comportamento da me assunto, le azioni da me intraprese riguardo all’omicidio Basile non siano tollerabili per un prete. Non solo, ma le mie continue “apparizioni” ed i miei interventi, cosi definite dal sindaco, “minano” la serenità al paese. Vorrei puntualizzare che l’unico errore da me commesso, per il quale chiedo pubblicamente scusa, è stato quello di aver usato un tono abbastanza forte nel mio intervento telefonico nel corso della trasmissione di Telerama del 5 settembre u.s., frutto di una forte provocazione architettata preventivamente a tavolino. Ribadisco le mie scuse per il tono, ma non certo per il contenuto del mio intervento telefonico e per le parole utilizzate, che sottolineo e rimarco dalla prima all’ultima. Trovo di grande aiuto e conforto l’intervista fatta al Cardinale Bagnasco, presidente della Conferenza Episcopale Italiana, il quale osservando l’Italia e i suoi guai, rafforza l’analisi di quanto sta accadendo con un concetto che regola la vita di ogni cristiano:”Attraverso la croce si arriva alla luce. Non dobbiamo mai dimenticarlo, anche per cercare un po’ di consolazione nelle cose per guadagnare tutti in serenità”. Ad una domanda del giornalista di Famiglia Cristiana su cosa la Chiesa intende per serenità, il Cardinale Bagnasco risponde (meditate gente, meditate!): “Parlare chiaro, ma far capire che anche quando dice cose scomode la Chiesa è sempre amica di tutti”. La serenità, miei cari, non può essere figlia del silenzio (come sta accadendo in questi ultimi giorni…), chiudendosi la bocca per non mancare di rispetto o peggio per non rompere i protocolli. Qualora fosse così ci troveremmo dinanzi a uno dei più miseri atteggiamenti del cristiano. Perdonatemi se riporto per intero una altra frase significativa del cardinale: ”Non abbiamo alcuna volontà di fare da padroni. Siamo cittadini di questo Paese, conosciamo i principi e le regole di una democrazia pluralistica. Ma facciamo osservare che proprio in una democrazia pluralistica le religioni non sono una presenza né abusiva, né sconveniente. Noi parliamo e agiamo in modo trasparente, fuori da ogni logica mercantile, cioè non chiediamo a in cambio. E lo facciamo soltanto perché teniamo al colloquio con le coscienze per migliorare la riflessione comune sulla convivenza e sul bene comune”. Colgo l’occasione per ribadire a tutti i politici, gli amministratori, i preti, i vescovi, i laici di “prima classe” che, in questa triste pagina della nostra città, non ho mai voluto fare da padrone. Non ho alcun interesse a farlo, in quanto non ho aspirazioni particolari, ma credo soltanto che non si potrà mai diventare portatori di speranza al mondo d’oggi se non ci si mette in discussione e, soprattutto, se non ci si schiera con il bene. Nello stesso tempo, non ho mai pensato di scavalcare qualcuno o peggio ancora di evitare dialoghi costruttivi, anzi ho sempre trovato indifferenza e rimproveri spesso ingiustificati (…attraverso la croce si arriva alla luce). Purtroppo, tutta questa vicenda non ha fatto altro che creare intorno a me degli avversari, che in passato manifestavano pubblicamente la loro “amicizia”. Tutto questo perché il mio operato a qualcuno non piace… pertanto, devo essere a tutti i costi azzittito, isolato ed allontanato. Al riguardo riporto un’altra citazione del cardinale: “… la Chiesa non ha avversari, ma ha davanti a sé solo persone a cui parla con verità. Ma sarebbe strano che fosse inibito alla Chiesa, proprio alla Chiesa, ciò che è un costume di libertà: parlare. Anzi è bene sapere che la comunità cristiana non potrà mai esimersi dal dire ciò che davanti a Dio ritiene giusto dire. La Chiesa in questo paese è una presenza costantemente leale e costruttiva e non può essere coartata né intimidita solo perché compie il proprio dovere, che è quello di essere lievito, luce, sale e anche segno di contraddizione”. Ed è proprio in forza di questo solenne principio enunciato dal Presidente dei Vescovi che, ancora una volta, chiedo che si faccia quanto prima luce su questo efferato delitto, nella consapevolezza che nessuna forma di intimidazione bloccherà la mia sete di verità. Esprimo tutta la mia fiducia ed il mio ringraziamento alla magistratura ed alle forze dell’ordine ed invito, ancora una volta, tutti coloro che conoscono la verità a parlare, senza alcun timore. Infine, riservo un pensiero a coloro che hanno compiuto un questo gesto, che sicuramente non resterà impunito, nella speranza che la loro coscienza li spinga a chiedere perdono. Come sempre mi dichiaro disponibile a qualunque aiuto che possa offrire la mia persona. Che la verità e la giustizia trionfino.
Don Stefano Rocca, Parroco di Ugento

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