Malorgio si dimette

Non ha svelato i motivi che l'hanno indotto alla scelta. Biagio Malorgio ha lasciato i vertici regionali della Cgil

La notizia è stata tenuta per alcuni giorni sotto il più stretto riserbo. Biagio Malorgio ha abbandonato i vertici della segreteria regionale della Cgil, comunicandolo direttamente al numero uno regionale. Non si conoscono le motivazioni che hanno determinato la decisione, ma pare che essa fosse nell’aria già da tempo, da quando, cioè, i veleni relativi ad una presunta, e poi denunciata, parentopoli interna al sindacato sono venuti a galla. E’ stato uno scandalo a vari livelli, che ha evidenziato favori e privilegi all’interno di una sigla che storicamente si era posta a favore dei lavoratori e per il rispetto dei diritti di tutti. E così questa è la seconda conseguenza tangibile del malcostume denunciato. A fine giugno Carlo Benincasa, storico iscritto alla Cgil, aveva consegnato la propria tessera rifiutando di rinnovarla. Benincasa aveva però dettagliatamente motivato la sua scelta. Malorgio, invece, ha preferito trincersi dietro un “no comment”. Ciò che si sa, oggi, è che non è più ai vertici della segreteria regionale. // Scandalo Cgil. Un intervento “a freddo” di Francesco D'Agata* Intervengo a distanza di qualche tempo sulla vicenda della cosiddetta “parentopoli in Cgil” per esprimere il mio parere, in qualità di segretario di un partito di centrosinistra che ha fatto della lotta per la Trasparenza la sua più alta bandiera. Lo faccio a freddo e con il massimo rispetto che sento verso il principale sindacato italiano, un sindacato che tanti meriti ha avuto e ha nella difesa dei diritti dei lavoratori. Nel merito credo che se un ex dirigente Cgil di assoluto valore come Carlo Benincasa (che certamente non può essere tacciato di essere un militante di IdV) ha scelto di dissociarsi in maniera così fragorosa dalla confederazione sindacale nella quale ha militato per tanti lustri e se ha voluto lanciare un'accusa dura ai suo ex compagni, certamente il fatto non può essere sottovalutato. Del resto, già il direttore del Tacco d'Italia, nel dicembre 2008 alla vigilia dell'elezione del nuovo segretario confederale Salvatore Arnesano, aveva duramente contestato in un editoriale queste scelte definite “familistiche”. Ma ciò che mi ha determinato ad intervenire è la recente lettera di dissociazione da parte di giovani sindacalisti, con cognomi che qualcuno ha voluto accostare, in quanto curiosamente coincidenti, a quelli di importanti e storici dirigenti della Cgil salentina. Un clamoroso autogol: una lettera di autoassoluzione scritta dai figli e parenti dei dirigenti, cioè proprio coloro verso i quali Benincasa si era scagliato denunciando la parentopoli in Cgil. Il segno grave che in Italia ormai manca il sentimento della vergogna; una mancanza di rispetto verso le migliaia di iscritti al sindacato ma anche verso le decine di lavoratori che molto spesso anche all'interno del sindacato si vedono scavalcati in virtù di criteri forse non pienamente meritocratici. E sia chiaro che il malcostume (che non abbiamo denunciato noi) non riguarda solo la Cgil. Quello che pongo è un problema generale sulla trasparenza, sulla correttezza della gestione, sulla capacità per ciascuno di avere accesso ai meccanismi degli incarichi e delle assunzioni, dell'introduzione di criteri che mettano al primo posto l’uguaglianza delle e nelle opportunità rispetto a rapporti di tipo personale. Un tema a noi caro in tutti i settori della cosa pubblica e, ancor di più per noi che ci riconosciamo nel centrosinistra, nel mondo sindacale. Un universo con grandi risorse e grandi compiti istituzionali; che la Carta Costituzionale all'articolo 39 garantisce attraverso la più ampia autonomia lasciata all’organizzazione sindacale che con grande lungimiranza e cognizione di causa è stata definita “libera”. Ma proprio per il suo altissimo compito, il sindacato deve essere, ma anche apparire, trasparente e al di sopra di ogni sospetto. *responsabile provinciale Italia dei Valori 30 giugno 2009 “La Cgil è per amici e parenti” Benincasa lascia “Dopo tanti anni di iscrizione e di militanza oggi me ne vado. Faccio questo con rammarico e rabbia. Se sono arrivato a tanto è perché questa organizzazione non è più la mia, un’organizzazione che aveva al centro i diritti del mondo del lavoro, che aveva una precisa identità e si faceva carico del vissuto concreto di milioni di persone”. Sono parole dure. Sono cariche di rabbia e di risentimento. A scriverle è Carlo Benincasa, iscritto in Cgil in quanto lavoratore del settore pubblico, ultimamente dipendente dell’Edisu, in una lettera indirizzata nei giorni scorsi a Carlo Podda, Antonella Morga e Salvatore Caricato, rispettivamente segretari nazionale, regionale e provinciale della Funzione pubblica di Cgil. Benincasa, che in quel sindacato non solo è stato iscritto dal primo giorno di lavoro, ma anche, per tanti anni, dirigente e poi segretario provinciale organizzativo. Come spiega Alfredo Ancora che per “Nuovo Quotidiano di Puglia” ricostruisce la vicenda, Benincasa ha deciso di lasciare perché ritiene immorale “usare i soldi dei lavoratori – sono parole di Benincasa – per garantire un lavoro a se stessi e ai propri parenti, anche perché si parla di un territorio in cui il lavoro è una chimera per tantissimi ragazzi e ragazze”. Sarebbe questa la situazione nella Cgil di oggi. Rimasta immutata anche al passaggio di consegne in segreteria provinciale, quando Salvatore Arnesano ha preso il posto di segretario che era stato di Biagio Malorgio. Una realtà di nepotismo e parentopoli che il Tacco d’Italia aveva già denunciato nel numero di dicembre 2008, nell’editoriale della direttora Maria Luisa Mastrogiovanni, che riportiamo di seguito. (dal Tacco d'Italia n.53, dicembre 2008) // Parentopoli e nepotismi in Cgil. Un’ispezione da Roma porterà (forse) vento di rinnovamento: giovani e donne /// E’ stato inviato un ispettore dal segretario nazionale Panini: ai vertici della Cgil vengono contestate le assunzioni di figli e figlie, anche per tenere aperte sedi fantasma. Papà e figli anche nel comitato direttivo La Cgil salentina a partire dal 2009 cambierà volto. Non sarà più Biagio Malorgio a guidarla, il segretario provinciale che in questi ultimi otto anni si è seduto sui tavoli più dolorosi, quelli su cui ha visto sfilare le cause e le conseguenze della crisi nera del Tac, ma anche su quelli più entusiasmanti, immaginiamo, relativi a tutte le azioni di governance e di concertazione in cui parti sociali ed enti locali hanno pianificato l’immediato futuro. Insieme al segretario organizzativo Salvatore Imperiale, Malorgio da giugno 2008 è in prorogatio. Il suo mandato è scaduto: non è più rieleggibile ma lo attende una meritata promozione alla segreteria regionale. A febbraio scadono anche gli incarichi di Antonella Perrone in qualità di responsabile del mercato del lavoro e di Giorgio Cotardo, segretario dei rapporti con l’industria. Questi quattro dirigenti costituiscono il “quadrumvirato” della Cgil (tecnicamente si chiamano “Confederazione”). Fuori Malorgio, il nome del prossimo segretario provinciale sarà fatto dalla segreteria regionale (il “centro regolatore”) dopo aver svolto la consultazione dei componenti il Comitato direttivo della “Confederazione” – Cgil di Lecce (come detto, l’organo di governo principale del sindacato), tra i tre del “quadrumvirato” o pescando nel gruppo dirigente di Lecce o nella struttura regionale e nazionale. E’ ovvio che sarebbe un segnale negativo, se Malorgio non riuscisse a darsi la staffetta con il prossimo segretario, se il territorio non riuscisse ad esprimere un “suo” segretario e si dovesse guardare oltre i “confini” salentini. Malorgio chiude un mandato in chiaroscuro: lascia un sindacato che ha saputo affrontare i momenti più duri degli ultimi decenni per i lavoratori salentini; un sindacato, cresciuto numericamente nella stagione più bassa della politica e della sinistra, che ha saputo dare risposte alle nuove fasce di lavoratori (ad esempio i lavoratori della conoscenza, della comunicazione, i lavoratori atipici). Ma la critica che gli viene mossa dall’interno è che non abbia condotto la segreteria a svolgere un lavoro collegiale. Il segretario generale ha optato per una presenza massiccia sui mass media e, delegando completamente l’organizzazione al segretario organizzativo (Salvatore Imperiale) da una parte e rinunciando al ruolo di leader/coordinatore della segreteria dall’altra, ha indotto ogni Segretario a svolgere il suo compito più o meno in perfetta solitudine sul piano politico. L’organizzazione, secondo vecchi e nuovi iscritti, per scarsa democrazia in segreteria confederale, è rimasta nelle “sole mani” del segretario organizzativo, tanto che il giudizio sulla gestione Malorgio, nei suoi capitoli critici, finisce con il coincidere con quello sulla gestione Imperiale. E’ quanto si raccoglie dalle opinioni di iscritti giovani e vecchi, che guardano con interesse al percorso di rinnovamento avviato dalla Cgil a livello nazionale. Tale percorso, apertosi con la cosiddetta “conferenza d’organizzazione” prima dell’estate, si perfezionerà con le assemblee di base e i successivi congressi provinciali e regionali (sia di categoria che confederali) che si terranno a partire dal 2010. Ma già oggi in cinque delibere del comitato direttivo nazionale sono ben espresse, e chiaramente, alcune indicazioni che il sindacato dovrà seguire per attuare un concreto rinnovamento fin dalla sua base: è necessario, c’è scritto, un ricambio generazionale e di genere, una maggiore apertura alle donne, quindi, in tutti gli organismi. Con queste chiare direttive nazionali, alla boa dell’elezione del nuovo segretario, i tempi della Cgil salentina sono ormai maturi per procedere all’elezione della nuova Segreteria confederale all’insegna del rinnovamento, perché lo statuto non permette di aspettare i tempi dei congressi. Tanto più che emergono, nel bel mezzo della fase più alta (e aspra) della dialettica interna ad un’organizzazione democratica, una serie di anomalie finora sconosciute e di cui diamo notizia. Trapelano dalla cortina di ferro tipica del mondo sindacale una serie di situazioni gravi. In primis una “ispezione” da Roma per mezzo del dottor Carlo Baldini, uomo di Panini, segretario nazionale e responsabile dell’organizzazione della Cgil per verificare la gestione amministrativa degli ultimi anni in seguito ad alcuni fatti riconducibili a nepotismo all’interno della Cgil leccese. Nello specifico si contestano ai vertici in carica e ad altri importanti dirigenti l’assunzione dei rispettivi figli e figlie, anomalia diffusa anche a livello Inca (il patronato Cgil) che nelle sedi del basso Salento vede l’assunzione di parenti per presidiare anche qualche sede fantasma. In questo contesto torbido condito da lettere anonime e sistemi di potere, si staglia la convocazione, da parte del segretario generale della Cgil Puglia, Gianni Forte, del Comitato direttivo per il 17 dicembre prossimo. Questo organismo composto da circa 80 componenti effettivi e 5 sindaci senza diritto di voto ha il difficile compito di nominare i Saggi (da tre a cinque) che dovranno avviare una fase di consultazioni che potrà durare al massimo 45 giorni, verificando la più ampia convergenza sul nome del prossimo Segretario o, se ci sono più candidature, dopo un’attenta riflessione, provare a proporre il “nome”da indicare. Una così arzigogolata procedura di elezione è complicata da manovre opache sulla composizione del Direttivo. I membri del direttivo eletti nel congresso del 2004 non sono infatti più gli stessi. Con successivi giochi di dimissioni/promozioni, questa composizione è stata largamente rimaneggiata, attraverso meccanismi di cooptazione che portano a sedere nella stessa assemblea, come detto, padri e figli. Un caso per tutti: nel direttivo non c’è più Salvatore Cortese, già segretario della Funzione pubblica, ma non risultano mai pervenute sue dimissioni. Non sappiamo quale sarà l’esito dell’ispezione romana che, mentre scriviamo, è in corso in Cgil. Non sappiamo neanche se augurarci o meno che l’esito sia il commissariamento della segreteria salentina. Perché, se da una parte dispiace che il mandato di Malorgio, già concluso e in prorogatio, come detto, debba avere un così infamante epilogo, dall’altra un commissariamento porterebbe a pregiudicare alla base i centri di potere che si sono precostituiti in questi anni e come uno tzunami spazzerebbe via la fuliggine aprendo al vento di rinnovamento che arriva da Roma: ricambio generazionale e donne.

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