La presentazione de “Il sistema” ha portato in piazza pubblico come per un concerto rock. Tutti ascoltavano, in silenzio, desiderosi di verità. Pino Arlacchi: “Quello di Basile è un omicidio politico”. Ed era come se Peppino fosse lì
E’ stata una serata intensa con punte di grande commozione. Piazza Italia, ad Ugento, gremita di gente, come ad un concerto rock. Ma lunedì sera le uniche star sono state la verità e la ricerca della verità. La piazza gremita e intorno le case buie: sembrava un paese fantasma con un unico cuore pulsante, quella piazza viva, che respirava all’unisono.
La serata è iniziata con la performance “Il bene comune” delle attrici Cecilia Maffei e Lea Barletti, di Induma Teatro, che hanno illustrato “l’alfabeto dell’illegalità”: giocando sul senso delle parole più difficili, che sono anche le parole chiave, contenute nelle inchieste sui rifiuti pubblicate sul Tacco d’Italia, hanno illustrato con toni grotteschi e paradossali lo scempio ambientale in atto sul territorio salentino, il traffico di rifiuti pericolosi, la cattiva gestione della discarica di Burgesi.
E’ seguita la presentazione del libro “Il sistema: l’intreccio di interessi economico-politici all’ombra dell’omicidio di Peppino Basile”: il deputato dell’Italia dei valori, Pierfelice Zazzera, ha letto un messaggio di saluto di Antonio di Pietro, assente per motivi di salute. I giornalisti Maria Luisa Mastrogiovanni, Ada Martella e Giancarlo Coltella, hanno illustrato i principali contenuti del libro, intercalando il racconto della genesi e dei contenuti del libro con un’intervista Pino Arlacchi, neo eletto al parlamento europeo per l’Italia dei Valori. Sociologo, è una delle massime autorità mondiali sulla criminalità organizzata. Grande amico dei giudici Falcone e Borsellino, è stato presidente della “Fondazione Falcone”, ed è considerato l’architetto della strategia antimafia dell’Italia negli anni Ottanta e Novanta. Parlamentare per due legislature, ha ricoperto l’incarico di vice-presidente dell’antimafia ed ha redatto il progetto esecutivo della DIA. Dal 1997 al 2002 Arlacchi è stato vice-segretario generale dell’Onu e direttore del Programma contro le droghe con sede a Vienna.
Una delle piaghe sociali per Arlacchi è sicuramente la criminalità organizzata. Ma la mafia, dopo la relazione Forgione, sembra aver cambiato strategia. “E’ diventata meno violenta è più visibile perché ha capito che la lotta allo stato l’ha persa e che la strategia del terrorismo non funziona. E’ diventata una mafia più sofisticata, più ramificata, trasversale. I mafiosi si mascherano meglio di un tempo usando a volte il linguaggio e la retorica dell’antimafia”. Sull’omicidio di Peppino Basile, Arlacchi non ha dubbi e senza mezzi termini afferma: “E’ senza dubbio un omicidio politico”, perché si sviluppa come i tanti omicidi politici cui ha assistito da vicino, in Sicilia, in Calabria, in Campania. “La prima cosa che ho visto accadere decine e decine di volte in quei casi – ha detto – è stato il mettere immediatamente in dubbio l’onorabilità della vittima. In genere funziona così: si inizia a scavare nella sua vita privata, si controlla se aveva debiti, se aveva amanti, questioni private che ha tenuto nascoste. E come spesso è successo, anche nel caso di Basile con grande colpa, l’ambiente solleva il polverone e le forze dell’ordine seguono false piste distraendosi da giuste indagini”. Secondo Arlacchi, il delitto di Peppino Basile, che conosceva personalmente, avrebbe potuto trovare soluzione in pochi mesi, “perché non è accaduto a New York o in altra grande metropoli; è accaduto ad Ugento, dove tutti si conoscono. Gli inquirenti avrebbero dovuto congelare non solo la scena del crimine ma anche il contesto e immediatamente mettere alle strette una serie di soggetti fino ad arrivare velocemente alla verità”.
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