Radiofarmaci. Ferrari, pollice verso

La nota diffusa ieri dal consigliere dell’Udc

Secondo Francesco Ferrari, consigliere comunale dell’Udc di Casarano, l’impianto per la produzione di radiofarmaci, come quello a biomasse proposta da Italgest, sarebbero inutili per lo sviluppo del territorio

“E' necessario che si attivi un referendum popolare consultivo in ordine a questa ‘piega’ di sviluppo eco-sostenibile che pare abbia affascinato la Amministrazione comunale di Casarano”. Lo sostiene Francesco Ferrari, consigliere comunale dell’Udc, in una nota diffusa ieri, riferendosi al costruendo Centro di produzione di radiofarmaci. La proposta non è un’assoluta novità (l’avevano già lanciata Rifondazione Comunista e l’associazione “Idee Insieme”), ma è il segnale più evidente di rinnovati dubbi tra i cittadini sull’opportunità di aver rilasciato l’autorizzazione a costruire l’impianto. “Io sono convinto – sostiene Ferrari – che sia quest’impianto che il silente ma altrettanto incombente impianto di biomasse siano assolutamente inidonei ed inutili per il territorio di Casarano e per il suo sviluppo. Nel calcolo sociale costi- benefici il saldo è assolutamente negativo per la popolazione”. Secondo lo Statuto comunale, il referendum consultivo può essere indetto a seguito di una richiesta della maggioranza qualificata del Consiglio comunale o con la raccolta di firme che rappresentino almeno il 20% degli aventi diritto al voto alla Camera dei Deputati. Il capogruppo dell’Udc, inoltre, proverà a trovare cinque firme di colleghi per chiedere la convocazione del Consiglio comunale con all'ordine del giorno la proposta di referendum consultivo sui progetti degli impianti a biomasse (progettato dalla Italgest) e di radiofarmaci. Esprime contrarietà alla realizzazione del centro di produzione dei radiofarmaci anche l’Eav, il comitato “Energia, ambiente e vita”. “Prendiamo atto – si legge in una nota – di una realtà che produce un effetto di sgradevole contrasto con la regolarità delle procedure autorizzative, che stride con la scarsa chiarezza circa le necessarie tutele della salute dei cittadini e dei lavoratori interni all’impianto e che stona con la presunzione d’utilità dell’impianto stesso”. L’unica cosa che premeva all’Eav era l’impatto occupazionale. “Abbiamo appreso – conclude il comitato – che la capacità occupazionale di un impianto di tale fatta è di poche unità oltretutto importate dal nord Italia”. Pertanto, pollice verso.

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