Due omicidi si intrecciano
L'arma usata da Vincenzo De Salve per uccidere Giorgio Romano, lo scorso sabato, avrebbe dovuto uccidere, 20 anni fa, Salvatore Padovano, l'ex boss della Scu. A quei tempi fu lo stesso De Salve ad evitare l'omicidio
La pistola che Vincenzo De Salve ha usato per colpire a morte Giorgio Romano, venti anni fa avrebbe dovuto uccidere Salvatore Padovano. I due omicidi che si sono succeduti nel Salento ad una settimana di distanza l’uno dell’altro si intrecciano in maniera indissolubile, ma solo per un caso. Le storie, in realtà, sono indipendenti tra loro. Circa 20 anni fa, infatti, Biagio De Salve, fratello di Vincenzo, tornò dalla Svizzera ed aprì una macelleria a Parabita. Da quel omento fu oggetto di continue richieste estorsive da parte – riferì lui – del clan Padovano-Giannelli, alle quali però non volle mai piegarsi. Così denunciò ai carabinieri coloro che, secondo lui, erano i mandanti degli atti intimidatori. La conseguenza di quella denuncia fu immediata ed impietosa: l’uomo venne ucciso con diversi colpi di postola. Il padre manifestò, così, la volontà a farsi giustizia da sé, tramite quella pistola del 1915. Ma Vincenzo riuscì a dissuaderlo dal suo intento nascondendo l’arma in un luogo che solo lui conosceva. Da lì quella pistola non si è mai mossa, fino a sabato scorso. Quando lo stesso Vincenzo che l’aveva nascosta ha deciso di riprenderla, stavolta per usarla lui, per vendicare la continue persecuzioni di Giorgio Romano.
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