il diabolico barbiere di Fleet Street
Il nuovo film di Burton è più cupo e desolato del solito. Ma, come al solito, è bellissimo.
Sono passati molti anni da quando Johnny Depp aveva delle lame, altre lame, al posto delle mani. E questi anni hanno portato via i colori, le speranze e l'amore. Johnny ora ha molte più occhiaie e follia negli occhi. Non c'è sole nel mondo. Non c'è colore, a parte il rosso del sangue. Il grigio desaturato è la tonalità dominante di quest'ultima splendida opera di Burton. Il colore, al più, è nei ricordi o nei sogni, non nella realtà, anche perché in realtà «Sogni non ne ho mai avuti. Soltanto incubi.» Non c'è speranza in questo Sweney Todd, non c'è amore, solo morte. La cosa più romantica che possa capitare è di bagnare col sangue il corpo del proprio amore. Non ci sono più freaks candidi e buoni contrapposti a normali mostruosi, tutto si è fatto cupo, buio. Tutti, senza esclusione sono mostri e meritano di morire, «Perfino voi, perfino io». Tim Burton prende l'omonimo musical e lo trasforma in pura materia burtoniana, mettendo in scena una danza macabra, piena di sangue e di sofferenza. Un lavoro eccezionale, partendo dalle scenografie, perfette di Dante Ferretti, per arrivare a una messa in scena da film muto (come lo stesso Burton ha dichiarato e come la recitazione dei protagonisti dimostra) in cui le musiche sono solo un sovrappiù. Un film asciugato al massimo, con un lavoro di selezione in fase di montaggio che alla fine ha sacrificato perfino il coro di fantasmi con Christopher Lee. Perfetti gli attori. Johnny Depp è sempre più corpo burtoniano, Helena Bonam Carter è più brava che mai, Alan Rickman perfetto. Un film imperdibile.