Pesanti presupposti ideologici sul consumo di cannabis
Il “Rapporto sulle droghe” di Giancarlo Arnao (1976), affronta il tema delle droghe con metodo scientifico, cioè basandosi su studi e ricerche. Da questi si evince come l’uso di marijuana non determini tossicomania, non induca all’uso di droghe “pesanti” e non sia un fattore determinante di criminalità. Allora, perché è vietato? Una risposta la dà Guido Martinetti, nella prefazione al libro di Arnao
Nel numero di luglio de “Il Tacco d’Italia” la direttrice Maria Luisa Mastrogiovanni firma un articolo in cui evidenzia quanto peso abbiano presupposti di natura ideologica nel determinare posizioni proibizionistiche nei confronti del consumo di cannabis. Quella sulla cannabis è una questione ancora aperta e chissà per quanto lo sarà. Eppure non mancano studi autorevoli che potrebbero adeguatamente supportare le decisioni e i provvedimenti che i nostri governanti sono tenuti a prendere a tal proposito. Nel 1976 Giancarlo Arnao, un medico peraltro non favorevole all’uso di marijuana, pubblica un “Rapporto sulle droghe”che affronta il problema “droga”con un approccio scientifico e interdisciplinare (farmacologico, medico, psicologico, culturale, politico e giuridico), rifiutando la tradizionale distinzione fra droghe illegali e droghe legali (alcool,tabacco,psicofarmaci). Tra le parti di maggiore interesse vi è una descrizione completa e sistematica degli effetti della cannabis sui processi mentali e sul comportamento e una monografia che abbraccia tutti gli argomenti pro e contro la depenalizzazione di questa sostanza. Arnao, inoltre, riporta le conclusioni dei diversi rapporti che le commissioni d’inchiesta interdisciplinari create dalle autorità locali e statali di diversi paesi hanno prodotto sul problema della cannabis; da esse si evince come l’uso di marijuana non determini tossicomania, non induca all’uso di cocaina, morfina o eroina e non sia un fattore determinante di criminalità. Inoltre gli studi prodotti concordano nel ritenere che gli effetti del consumo di canapa sull’organismo siano molto meno gravi di quelli legati al consumo delle cosiddette “droghe socialmente accettate”. Perchè allora tante resistenze e tanti pregiudizi rendono quella della depenalizzazione della cannabis un’ipotesi molto lontana? Una risposta o, quanto meno, una direzione in cui poter trovare delle risposte, sembra darla Guido Martinotti nella prefazione al libro di Arnao: l’esplodere del problema della droga come problema sociale di massa sarebbe dato, secondo Martinotti dal “legame stabilitosi verso la fine degli anni Sessanta tra l’uso di certi tipi di droghe(soprattutto la cannabis e altre sostanze psicotropiche come l’LSD) e una subcultura giovanile di opposizione”. Questo fatto avrebbe trasformato l’uso di droga da “una situazione di marginalità passiva, quella del vizioso e del malato, relativamente indifferente rispetto al sistema costituito, ad una situazione di opposizione attiva, quella del dropout, della contestazione e delle varie forme di cultura alternativa”. In altre parole l’uso di cannabis all’interno della cultura giovanile, che offriva un’alternativa radicale ad alcuni dei valori fondamentali della società produttivistica, si è presentata immediatamente come una minaccia per l’ordine costituito.
Sfoglia l’inchiesta del Tacco d’Italia “Marijuana Salentina”
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