di Marilù Mastrogiovanni
Morta di fame e di sete. Morta nella sua culletta, immersa nella sua cacca, con affianco un grande biberon vuoto e mezza boccetta di benzodiazepine, un sonnifero. In casa, pannolini sporchi, abbandonati e pieni di vermi. Una boccetta di un ansiolitico.
Diana, una bimba di 16 mesi, è stata lasciata da sola in casa per una settimana dalla sua mamma, che è andata a trovare il compagno a Bergamo.
Non era la prima volta che lasciava la bimba da sola.
Era successo almeno altre due, anche se per meno tempo, qualche giorno, non una settimana.
E non è “Stato” perché si faceva i selfie allo specchio con abiti da discoteca. Foto con sfondi di una camera modesta e abiti di scarsa fattura e un po’ vistosi. Trucco marcato, tacchi alti, paillettes.
I giornali saccheggiano il profilo Facebook della madre: foto fatte non per essere pubblicate sui giornali che, una volta decontestualizzate dai “mi piace” degli amici e dagli emoticon, perché per quello erano state esposte sui social, acquisiscono tutto un altro significato.
Eccola, l’assassina, la madre snaturata, la zoccola che va a ballare tutta scollata. Eccola, che pensa a divertirsi e a fare sesso e abbandona sua figlia e la droga per farla stare zitta.
Una bimba che, per i vicini, era magrolina e silenziosa.
Dicono, ora, che non era mai stata visitata da un pediatra. Lo dicono ora.
Qualcuno l’ha detto alla mamma? L’ha fatto presente? Le ha teso una mano?
Una mamma single, in una città che può stritolare anche i più forti. Una bimba avuta da un uomo di cui non si sa nulla.
La depressione post partum è una brutta bestia. Ti prende lentamente, ci scivoli dentro senza accorgertene. Se sei fortunata, hai un compagno con cui avere un rapporto paritario, hai una famiglia che ti supporta, una rete amicale generosa e comprensiva, ne esci.
Altrimenti sprofondi in una sabbia mobile che più ti muovi, più cerchi di reagire, più ne vieni avvolta.
L’istinto materno non è qualcosa di innato e non appartiene solo alle donne e non ti “scatta dentro un qualcosa” appena esce fuori dalla tua vagina tuo figlio.
Tutte chiacchiere. Retaggi di una cultura patriarcale che vuole le donne “naturalmente” relegate al ruolo di madre, colpevolizzate quando scelgono di non fare figli e colpevolizzate come “difettose”, quando non possono averne.
Colpevolizzate perché non abbastanza chiocce o perché troppo, perché troppi farmaci e troppi antibiotici e perché pochi farmaci e niente antibiotici. Colpevolizzate perché pannolini usa e getta e perché pannolini riciclabili, perché escono troppo col bimbo e perché sono chiuse in casa, perché babysitter e perché a tre mesi asilo nido. Colpevolizzate perché il lavoro, perché la carriera, perché il grembiule non stirato, e mai un intervento nelle chat delle mamme perché “quella lavora”.
Nessuno te lo dice in faccia, ma il messaggio arriva forte e chiaro.
Il dito giudicante della società è puntato sulle donne e sui loro corpi appena nascono.
Perché, le donne, nascono con un utero che è dello Stato, che vuole dire la sua su come lo usi, dal momento che la Società dice la sua su come usi la tua vagina.
Se nasci donna, nasci con un tribunale dell’inquisizione appeso alle spalle.
Leggo che la mamma di Diana – il suo nome sbandierato ai quattro venti, senza che ce ne fosse bisogno, senza che il suo nome fosse una notizia – non era seguita dai servizi sociali.
Eppure quando nasce un bimbo, viene assegnato un pediatra, il servizio sanitario regionale ti chiama per le vaccinazioni e per i richiami dei vaccini. Il pediatra ti chiama per fissare le visite di controllo periodiche.
Questa mamma single a Milano invece sembra abbia vissuto una vita da fantasma, insieme alla sua bimba.
Chi è “Stato” ad uccidere Diana? Cosa porta una giovane donna così in avanti sul baratro della pazzia da perdere così tanto il senso della realtà, da meravigliarsi e disperarsi nel vedere la figlioletta morta. Come se non sapesse che l’avrebbe trovata così?
La morte di Diana riguarda tutti noi.
Riguarda uno Stato assente, un welfare che va via via smantellandosi, uno sfilacciamento di tutte quelle reti sociali e personali, che ti stalkerizzano sui social per vedere come ti vesti ma non alzano il telefono per chiederti come stai.
Chi è “Stato” ad uccidere Diana?
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Marilù Mastrogiovanni
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Non sono assolutamente d’accordo. Si sbaglia a non responsabilizzare la madre dell’accaduto. Troppo comodo colpevolizzare lo stato. Troppo comodo.
Personalmente non riesco ad essere d’accordo con quello che e’ stato scritto. Quello che e’ successo sicuramente e’ un enorme fallimento sociale ma unire questo al ruolo di donna, di madre, di depressione post partum, mi spiace…per me e’ troppo. Penso personalmente che questo vada al di la’ di tutto!!! E volevo precisare che il pediatra non ti viene assegnato ma lo devi cercare tu tra quelli disponibili in zona, per le vaccinazioni ricevi un avviso( puoi presentarti o meno)…ripeto, e’ sicuramente un fallimento sociale enorme, che riguarda ognuno di noi ma il ruolo di donna e madre con questa tragedia non c’entra!