Taranto, rifiuti radioattivi: esauriti i fondi smaltimento ex Cemerad

Ritorna in uno stato di abbandono il capannone dell’ex Cemerad che da diversi anni ospita fusti deteriorati colmi di rifiuti radioattivi, anche provenienti da Chernobyl. Per il sito fatiscente il governo stanziò oltre 9 milioni di euro che avrebbero dovuto garantire l’intera operazione di bonifica. La cifra, che venne fissata con legge n. 20 del 4 marzo 2015, si è rivelata insufficiente.

Di Daniela Spera

Non c’è pace per i cittadini di Statte che vivono nei pressi del capannone ex Cemerad. Gli interventi di recupero dell’area, sottoposta a sequestro giudiziario nel 2000, e sotto custodia del Comune di Statte, si sono fermati. Torna la preoccupazione dei cittadini per il destino del sito lasciato senza alcuna vigilanza. Le operazioni di bonifica sono state affidate a Sogin, società di Stato, responsabile dello smantellamento degli impianti nucleari italiani e della gestione dei rifiuti radioattivi, compresi quelli prodotti dalle attività industriali.

I costi per la completa bonifica si sono però rivelati superiori a quelli previsti.

I fondi non sono bastati neanche per coprire le spese sulle misure di vigilanza del sito che torna a essere esposto a possibili atti vandalici. A dare notizia dell’attuale situazione dell’annosa vicenda è stato Stefano Vignaroli, presidente della Commissione Parlamentare di Inchiesta sulle Attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati, nel corso della conferenza stampa di presentazione della relazione sulla gestione dei rifiuti radioattivi in Italia , svoltasi il 30 marzo scorso.

Gli interventi di bonifica procedevano, pur in presenza di difficoltà, imprevisti ed aumenti dei costi, – si legge nella relazione sintetica – ma hanno dovuto subire di recente una brusca frenata a causa della mancata erogazione di fondi ulteriori. Tra le attività che, di conseguenza, non sono più garantite vi è la vigilanza armata 24 ore su 24, ritenuta necessaria per la sicurezza.” Vignaroli ha, però, assicurato che il prossimo obiettivo sarà quello di chiedere ulteriori finanziamenti al Governo.

Il lavoro di indagine ha inoltre interessato i siti dove erano presenti nel recente passato, e in alcuni casi sono ancora presenti, criticità per diverse motivazioni: l’impianto di cementificazione rifiuti liquidi Cemex di Saluggia, il deposito Avogadro, il deposito LivaNova SiteManagement di Saluggia e il sito Itrec di Rotondella.

La Commissione ha anche approfondito la questione del Deposito nazionale per lo stoccaggio temporaneo del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi a media ed alta attività, nonché per lo smaltimento dei rifiuti radioattivi a molto bassa e bassa attività, sottolineando le rilevanti difficoltà connesse ai ritardi nella sua realizzazione.

«Si sono inoltre esaminate le condizioni in cui operano, e con quale livello di efficienza, i diversi attori istituzionali in gioco, – si legge in una nota stampa – sia gli enti di controllo quali Isin, per il quale appare quanto mai necessario un aumento delle risorse, sia la società di Stato responsabile del decommissioning Sogin, le cui pianificazioni hanno visto negli anni considerevoli aumenti di tempi e di costi, a carico della collettività, principalmente attraverso gli oneri di sistema delle bollette elettriche. »

Infine, il Presidente della Commissione Ecomafie ha dichiarato: «Realizzare il Deposito nazionale, completare il più rapidamente possibile lo smantellamento degli impianti nucleari, mettere l’autorità di controllo Isin nelle condizioni di operare con la massima efficacia: sono queste le priorità oggi in materia di nucleare, a cui l’Italia non può sottrarsi. Mentre la Commissione stava lavorando all’inchiesta sul tema, sono successe alcune cose rilevanti: è stata pubblicata la CNAPI e sono arrivate importanti novità normative. I costi e i tempi del decommissioning – attualmente 7,9 miliardi di euro con fine dello smantellamento nel 2035 – rischiano però di aumentare se non si risolvono i problemi evidenziati dalla Commissione e non si procede celermente nell’iter di realizzazione del Deposito nazionale».

Sul motivo per cui un Comune italiano dovrebbe manifestare interesse ad ospitare il deposito nucleare Vignaroli ha detto: «Perché porta posti di lavoro, 4.000 all’anno per la costruzione, 1.000 per la gestione e soprattutto maggiore sicurezza».

Per saperne di più:

Deposito rifiuti nucleari, anche la Puglia candidata.

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