di Marilù Mastrogiovanni
È arrivata la sentenza di primo grado per i 92 attivisti e attiviste del comitato No Tap, accusati a vario titolo di resistenza a pubblico ufficiale, violenza privata, danneggiamento, violazione dei provvedimenti dell’autorità.
67 condannati su 92 imputati. Sono arrivate condanne doppie rispetto alle richieste dei pm per cittadine e cittadini che hanno lanciato ciclamini, usato spray, protestato senza autorizzazione, sfilato e marciato e presidiato e urlato e strattonato e inveito a tutti i costi.
Le condanne arrivano fino a tre anni due mesi e 15 giorni di carcere.
Velocità supersonica, per arrivare alla sentenza di primo grado in sette mesi.
Ci vorrebbe la stessa mazza ferrata sui clan, sulla corruzione, sull’evasione, sulle infiltrazioni mafiose nella pubblica amministrazione, sul voto di scambio, sui ricatti patiti dalla povere persone, che si vedono scavalcare nella graduatoria per avere una casa popolare, da mafiosi e affiliati.
Ci vorrebbe la stessa severità per le truffe, gli abusi edilizi, i piani regolatori cambiati e rifatti e allargati per costruire ecomostri, per i parchi naturali a macchia di leopardo, per il traffico di rifiuti tossici e pericolosi, per i rifiuti tombati, per la falda acquifera densa di pcb.
Ci vorrebbe “un giudice a Berlino”, per guardare in faccia questi fatti e restituire loro verità: quella di un popolo che non vuole più subire sulla propria pelle e su quella dei propri figli una storia che non ha scritto.
Una storia di colonizzatori che passano sulle teste dei colonizzati per un’astratta ragion di Stato che alla resa dei conti (economici) si rivela la ragione di pochi su quella dei più.
E la ragione dei pochi è quella del profitto.
Una storia lunga secoli, di oppressori ed oppressi.
È la storia del nostro Sud.
PER SAPERNE DI PIÙ:
Con il Tacco d’Italia scoperchiammo l’affare Tap nel 2008, quando era ancora un progetto sconosciuto, alla cittadinanza e ai media.
Da allora siamo stati una spina nel fianco del potere, ma sempre affianco alle cittadine e ai cittadini, cercando di smascherare le tante irregolarità, forzature e addirittura abusi nell’iter autorizzativo e nella realizzazione del gasdotto che dall’Azerbaijan, passando per la Turchia, la Grecia e l’Albania, sfocia nel Salento, sulle spiagge delicatissime di una zona protetta, San Foca, per poi agganciarsi agli impianti Snam e portare il gas in Europa.
Qui, potete sfogliare le prime due inchieste del Tacco, quando era un magazine cartaceo:
Mentre qui, una delle tante inchieste pubblicate per restituire i fatti ai lettori e alle lettrici (in coda poi, aprendo il link, ne trovate altre).
Esprimo solidarietà agli attivisti e alle attiviste, persone “normali”, lavoratrici, lavoratori, mamme e padri di famiglia, studenti, artisti, che hanno solo cercato di esercitare un diritto costituzionalmente garantito, quello di lavorare e vivere in un ambiente sano, nel posto in cui sono nati, sulla terra che è loro.
Sostieni il Tacco d’Italia!
Abbiamo bisogno dei nostri lettori per continuare a pubblicare le inchieste.
Le inchieste giornalistiche costano.
Occorre molto tempo per indagare, per crearsi una rete di fonti autorevoli, per verificare documenti e testimonianze, per scrivere e riscrivere gli articoli.
E quando si pubblica, si perdono inserzionisti invece che acquistarne e, troppo spesso, ci si deve difendere da querele temerarie e intimidazioni di ogni genere.
Per questo, cara lettrice, caro lettore, mi rivolgo a te e ti chiedo di sostenere il Tacco d’Italia!
Vogliamo continuare a offrire un’informazione indipendente che, ora più che mai, è necessaria come l’ossigeno. In questo periodo di crisi globale abbiamo infatti deciso di non retrocedere e di non sospendere la nostra attività di indagine, continuando a svolgere un servizio pubblico sicuramente scomodo ma necessario per il bene comune.
Grazie
Marilù Mastrogiovanni
------
O TRAMITE L'IBAN
IT43I0526204000CC0021181120
------
Oppure aderisci al nostro crowdfunding