Mafia, il presidente del Tar Lecce: “Salto di qualità, prestanomi nei settori rifiuti e turismo”

L’allarme del presidente della sezione, Antonio Pasca, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario: “Connivenza nell’ambito delle pubbliche amministrazioni e degli organi politici di governo del territorio”, ha detto. “La complessità dell’attività amministrativa e la tempistica della burocrazia costituiscono l’humus ideale per l’attecchimento della cosiddetta attività amministrativa collusa”. Intanto il consiglio dei ministri proroga di sei mesi il commissariamento del comune di Carmiano, per condizionamenti criminalità organizzata. Sul caso ex Ilva: “Problema necessita soluzione politica e azione governo”

Di Stefania De Cristofaro

LECCE – Non più solo droga ed estorsioni, da gestire sotto traccia e senza sangue. La mafia nelle province di Lecce, Brindisi e Taranto, è andata oltre e ha puntato alle amministrazioni pubbliche, con particolare interesse agli appalti per la gestione dei rifiuti, e al settore turistico-ricettivo che abbraccia anche gli stabilimenti balneari.

LA RELAZIONE DEL PRESIDENTE DEL TAR DI LECCE ANTONIO PASCA: ECOMAFIA E TURISMO

Nella relazione del presidente della sezione di Lecce del Tribunale amministrativo regionale (Tar), Antonio Pasca, c’è la descrizione dei tentacoli dei clan attivi nella zona del cosiddetto grande Salento, tracciata in base ai ricorsi trattati dai giudici amministrativi nell’ultimo anno. Allarme che richiama quello già emerso nell’ultima relazione sull’attività della Direzione investigativa antimafia, dove le fotografie dei gruppi di stampo mafioso sono dettagliate per provincia.

La criminalità organizzata ha da tempo compiuto un salto di qualità, operando in delicati settori dell’attività economico-produttiva attraverso società e prestanome con interessi prevalentemente concentrati nei settori nei quali si registra un più rilevante flusso di denaro e risorse economiche, come gli appalti pubblici e in particolare nei settori della raccolta dei rifiuti e dello smaltimento di rifiuti solidi urbani e della gestione delle discariche, la cosiddetta ecomafia”, ha scritto Pasca nella relazione letta venerdì scorso nel corso della cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario che, causa Covid, si è svolta in streaming.

Altre attività di interesse per la mafia, perché consentono di fare business, sono quelle “finanziarie e di esercizio del credito”, nonché quelle del settore turistico e ricettivo e da ultimo – ha detto il presidente della sezione di Lecce del Tar – “la gestione di stabilimenti balneari”.

“Il raggiungimento di tale livello, che potremmo definire tendente al controllo economico del territorio comporta una svalutazione delle tradizionali attività criminali del sodalizio mafioso, delle quali mantiene comunque il controllo indiretto, anche attraverso il collegamento con le nuove mafie etniche”. A queste ultime viene “lasciata o delegata la gestione del traffico di sostanze stupefacenti o dello sfruttamento della prostituzione, in una sorta di simbiosi mutualistica”.

Il settore economico non resta indenne, ma subisce conseguenze. “Il danno è rilevante e non apparente e a differenza di quanto solitamente accade con riferimento alle attività criminali minori non determina allarme sociale”, ha detto il presidente.

Ne risente l’economia intera che viene sporcata dalla illegalità.

LA MAFIA NEL SETTORE DEGLI APPALTI E LA CONNIVENZA CON AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE

Il presidente ha affrontato, in particolare, la questione delle “interferenze della criminalità organizzata nel settore degli appalti e delle attività finanziarie”. “Presuppongono – ha detto – una connivenza nell’ambito delle pubbliche amministrazioni e degli organi politici di governo del territorio”.

I tentacoli sono arrivati anche negli uffici pubblici, come hanno dimostrato le recenti inchieste coordinate dalla procura distrettuale antimafia di Lecce.

“Tali connivenze si esprimono spesso in un compiacente esercizio della funzione di controllo e nel perseguimento di fini del tutto estranei agli interessi della pubblica amministrazione”, ha spiegato il presidente Pasca che, nel passaggio successivo, ha evidenziato gli elementi fertili, quelli che favoriscono le connivenze. “La complessità dell’attività amministrativa e la tempistica della burocrazia costituiscono l’humus ideale per l’attecchimento della cosiddetta attività amministrativa collusa, che in taluni casi si concretizza nell’adozione di provvedimenti amministrativi caratterizzati da una intenzionale e concordata illegittimità, al fine di consentire al destinatario un agevole ricorso all’annullamento da parte del giudice amministrativo”, ha detto il presidente della sezione di Lecce del Tar.

Cosa può e deve fare il giudice amministrativo in questi casi? “Rispetto a tali fenomeni, l’azione del giudice amministrativo risente del limite connesso a una giurisdizione generale di legittimità conformata al principio impugnatorio-caducatorio, potendo conoscere della patologica configurazione del rapporto solo in via indiretta ed esclusivamente nell’ipotesi del venir meno dell’accordo collusivo o corruttivo ovvero per effetto della domanda azionata da terzi portato di contro interessi”.

I COMUNI PUGLIESI GIA’ COMMISSARIATI PER INFILTRAZIONI MAFIOSE

Nello stesso giorno in cui Pasca ha evidenziato l’attualità delle infiltrazioni mafiose, il Consiglio dei Ministri, su proposta del ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, ha deliberato la proroga per sei mesi dello scioglimento del consiglio comunale di Carmiano, in provincia di Lecce, già disposto in esito ad “accertati condizionamenti da parte della criminalità organizzata”.

La proroga si è resa necessaria “considerato che non si è ancora esaurita l’azione di recupero e risanamento delle istituzioni locali”, è scritto nel decreto del Consiglio dei Ministri che si è riunito venerdì pomeriggio. Il comune di Carmiano è stato commissariato a dicembre 2019. E non è l’unico in Puglia.

Stando ai dati contenuti nella relazione sull’attività posta in essere dalla Direzione Investigativa Antimafia (Dia) nel secondo semestre dello scorso anno, sono otto Comuni in Puglia commissariati: Mattinata e Surbo, colpiti da più provvedimenti, Manfredonia, Cerignola, Valenzano, Manduria, Carmiano e Sogliano Cavour. All’inizio del 2020 stessa sorte per Scorrano, capitale delle luminarie.

Di recente, a Ostuni, in provincia di Brindisi, e a Foggia, sono state insediate le commissioni di accesso agli atti, nominate dai rispettivi prefetti, su delega del ministero dell’Interno, allo scopo di verificare se ricorrano o meno pericoli di infiltrazioni o condizionamento della criminalità organizzata nei comuni. I commissari saranno al lavoro per tre mesi, con possibilità di proroga di altri tre mesi.

La Puglia è la terza regione per amministrazioni sciolte per infiltrazioni mafiose, stando ai dati resi noti nell’ultima relazione Dia: 25 sono in Calabria e 12 in Sicilia. In Campania, gli enti sciolti sono cinque, in Basilicata uno.

LE INTERDITTIVE ANTIMAFIA FIRMATE DALLE PREFETTURE

Sotto questo profilo, di rilievo sono stati gli interventi delle prefetture attraverso il ricorso all’esercizio del potere della interdittiva antimafia nei confronti delle aziende. Ma secondo il presidente Pasca, questa materia presenta profili di criticità sul piano della tutela giurisdizionale.

“Anche a prescindere dal mancato raccordo con l’autorizzazione del controllo giudiziario affidato al giudice ordinario, occorre considerare che uno degli elementi ritenuti sintomatici della ingerenza della criminalità nell’esercizio dell’attività d’impresa è quello relativo all’elevato numero di dipendenti con pregiudizi penali”. Vero è che in alcuni casi, questa situazione è stata determinata – come si legge nella relazione di Pasca – dall’applicazione della cosiddetta clausola sociale, relativa alla salvaguardia dei livelli occupazionali. Altrettanto vero è che l’esistenza di precedenti penali risalenti nel tempo “appare motivo sufficiente a precludere l’accesso al lavoro a un soggetto che abbia saldato il proprio debito con la giustizia”. Si tratta di una criticità che emerge dalle “pronunce del giudice del lavoro con cui è stato riconosciuto al dipendente licenziato per effetto dell’interdittiva antimafia e in un tentativo di self cleaning” ossia di pulizia della società, “l’indennizzo per illegittimo licenziamento ovvero la reintegrazione nel posto di lavoro”.

Altro elemento critico, stando a quanto sostenuto dal presidente del Tar di Lecce, è l’assenza di una moratoria preventiva, al pari di un adeguato contraddittorio preventivo, attraverso una opportuna valorizzazione del self cleaning.

Nei territori delle province di Brindisi, Lecce e Taranto, altra situazione da considerare è quella che rimanda alle cosiddette interdittive da contatto: “Colpiscono società e imprese per effetto di associazioni, anche temporanee, con soggetti attinti da provvedimenti interdittivi solo in tempo successivo all’associazione”.

IL NODO DEL FUTURO DELLO STABILIMENTO EX ILVA DI TARANTO

Capitolo a parte, Pasca ha voluto riservare all’ex Ilva di Taranto, fronte quanto mai caldo alla luce degli ultimi eventi, dall’ordinanza con cui il sindaco del capoluogo ionico, Rinaldo Melucci, ha imposto lo spegnimento dell’area a caldo, alla sentenza del Tar di Lecce con cui i giudici hanno confermato la legittimità del provvedimento del primo cittadino, sino al ricorso della società ArcelorMittal al Consiglio di Stato con l’ottenimento della sospensiva.

L’argomento è stato affrontato con riferimento a uno dei terreni sui quali lo scontro è frequente: da un lato l’ambiente e la salute, dall’altro l’inquinamento e l’economia. “Occorre in proposito considerare che nella nostra Carta Costituzionale non risulta precostituita alcuna gerarchia o priorità nei diritti fondamentali”, ha sottolineato il presidente Pasca. “Dovendosi pertanto procedere a una valutazione caso per caso che tenga conto non tanto dell’astratto valore del bene tutelato, bensì del valore comparativo mediato che tenga conto, nel bilanciamento degli interessi, anche della utilità o del vantaggio assicurato all’interesse antagonista”.

“Si deve – ha detto ritenere giustificata una lesione o compressione del diritto alla salute dei cittadini, purché entro limiti contenuti e ragionevoli, a fronte di un rilevante vantaggio correlativamente derivante agli interessi dell’economia e della produzione”. Quanto al diritto alla salute, “come diritto fondamentale della persona, se può tollerare una limitata compressione in ragione di un vantaggio o interesse economico produttivo di notevole rilevanza, giammai potrà essere sacrificato fino al punto di determinare gravissime patologie e fino al sacrificio di vite umane in nome di un interesse economico e quand’anche ritenuto di interesse strategico nazionale”. Ed è questo il caso dell’ex Ilva.

“Proprio perché l’attività di valutazione del bilanciamento dinamico degli interessi in tale materia integra evidente espressione di discrezionalità, il sindacato del giudice amministrativo risulta particolarmente impegnativo atteso che – nella doverosa esigenza del rispetto dei ruoli – il giudice non può sovrapporre la propria valutazione a quella espressa dalle autorità amministrative”, ha sottolineato Pasca.

Il giudizio, quindi, dovrà essere riferito a due elementi: “Profili di illogicità e di sperequazione economica e ipotesi in cui risulti evidente il superamento di ragionevoli limiti entro i quali, nell’interpretazione del giudice delle leggi, può consentire una compressione del bene primario della salute”.

Posso affermare – ha detto Pasca – in tranquilla coscienza che il Tar di Lecce, nel rispetto dei ruoli e delle competenze, ha assolto alla sua funzione di rendere giustizia, pervenendo alla decisione nel merito in tempi rapidissimi”.

Appare evidente che il problema ex Ilva, per le implicazioni socio-economiche e per la rilevanza dell’allarme sociale e del perdurante danno diffuso per la salute delle persone necessiti di una soluzione politica e di un’azione di governo che dovrà tener conto tuttavia dei provvedimenti giurisdizionali, al fine di pervenire – con l’urgenza che il caso richiede – a una soluzione anche delle criticità economico-produttive e occupazionali”, ha detto il presidente.

Nel passaggio successivo, Pasca ha fatto riferimento alla istituzione del ministero della Transizione ecologica: “Deve in proposito apprezzarsi l’azione intrapresa dal nuovo Governo che, coerentemente con le sue premesse programmatiche in tema di tutela dell’ambiente, rese manifeste anche con l’istituzione del nuovo dicastero alla transizione ecologica, ha aperto un nuovo tavolo tecnico”, ha detto Pasca che ha auspicando un significativo apporto non solo del Mef e del ministero del Lavoro, ma del ministero della Transizione ecologica e dell’Ambiente.

Secondo il presidente, questo è il momento più idoneo per intervenire allo scopo di ricomporre il conflitto tra ambiente e salute da un lato, ed economia e industria dall’altro, in una prospettiva eco-sostenibile. “C’è un tempo per ogni cosa e forse è questo il momento più idoneo per avviare un percorso di ricomposizione del tradizionale conflitto”. Il raggiungimento di questo obiettivo “è possibile – ha detto Pasca – grazie al supporto delle nuove tecnologie al servizio dell’uomo e per l’uomo”.

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