Goldrake ha un segreto e parla salentino

Il Salento lo trovi dappertutto, anche dove meno te lo aspetti, tra le lame rotanti e le alabarde spaziali.
Sì, perché dovete sapere che tra i doppiatori del cartone animato più amato tra gli anni ’70 e ’80, Ufo Robot Goldrake, c’era un salentino. “Interpretava” uno dei cattivoni: il Comandante Gandal. Quello, per intenderci, che gli si apriva la faccia e usciva la moglie (da non confondere col Barone Ashura di Mazinga Z che era invece diviso a metà anche nel corpo).
Insomma, non ho resistito alla tentazione e – immaginando un Gandal che all’improvviso esclama “sta fiata te spezzullanche, meledettu Goldrake!”, oppure che dice con piglio maschilista, rivolto a Lady Gandal, la sua consorte interna, “trasi e statte citta” – ho rintracciato Germano Longo, attore classe 1933, originario di Poggiardo e gli ho fatto, al telefono, qualche domanda.

di Thomas Pistoia

Non ho mai provato a doppiare Gandal in dialetto salentino, sarebbe stato divertente – mi ha detto Germano Longo, che, pur trasferitosi da Poggiardo a Roma ancora bambino, mi dimostra di conoscere bene il nostro idioma, recitandomi sul momento filastrocche, aneddoti e barzellette (il bambino che in attesa che il padre esca dal bar canta “cammina tata ca la mamma l’ha calati li beddhi toi, li ciottolusi cullu sugu della carne”; oppure “su sciutu piju lu pane intra lu tirituru, zumpa lu surge in faccia pilu pilu comu la calica”).

Mio padre era gestore del bar della piazza a Poggiardo – ha aggiunto – Un giorno parlò ad alta voce contro i fascisti e questo gli costò una serie di minacce che ci costrinsero a trasferirci. Ma, benché divenuta romana, la mia famiglia non smise di parlare il salentino. Negli anni siamo tornati giù alcune volte e ho avuto occasione di usarlo, ecco perché lo ricordo bene.

L’accento salentino è un po’ come un marchio impresso a fuoco, ha avuto difficoltà, nell’esercitare la sua professione, a eliminarlo dalla sua voce?
Beh, no, Il trasferimento a Roma, come dicevo, è avvenuto che ero ancora bambino. Per cui, col tempo, ho perso quell’inflessione.

Che ricordo ha del Salento? Ha un luogo del cuore?
Per me il Salento è un paesaggio omerico. E’ come vivere l’Iliade o l’Odissea. Ricordo Castro. Da ragazzo mi tuffavo e raggiungevo a nuoto un anfratto, una piccola cavità, da cui sgorgava acqua dolce e lì mi dissetavo. Che meraviglia!

Germano Longo

La carriera di Germano Longo parte però da Roma. E’ stato sì, la voce di Gandal nella serie di Goldrake, ma ha lavorato anche in altri cartoni (tra gli altri, è stato la voce di Jigen e il direttore del doppiaggio in Lupin III), Per non parlare delle sue performances teatrali e cinematografiche: “L’Orlando Furioso” di Ronconi, “I Girasoli” di De Sica, “Romolo e Remo” di Corbucci, solo per citarne alcuni.

Com’è cominciata la sua carriera?
Tutto ha preso il via da una mia dote fisica peculiare: ero bello. Biondo, occhi azzurri, alto 1,95. Frequentavo una piccola filodrammatica con la quale avevo avuto una prima esperienza amatoriale. Rappresentammo la commedia “Non ti pago” di De Filippo. La svolta avvenne quando mio fratello, che lavorava come ragioniere alla Metro Goldwin Mayer, mi iscrisse a mia insaputa a un concorso indetto dal Centro Sperimentale di Cinematografia. Presentai un monologo. Su seimila partecipanti provenienti da tutta Italia fui selezionato tra i primi sei e vinsi una borsa di studio di seicento lire. Insomma, è partito tutto da lì. Da allora ho girato 86 film sia da protagonista che da comprimario. Ho interpretato anche alcuni sceneggiati televisivi con Ubaldo Lay. Poi, appunto, è venuto il doppiaggio e, negli anni, con mia moglie, abbiamo creato la società “Oceania Sound”, che oggi è guidata da mia figlia Germana, doppiatrice anche lei.

Preferisce recitare o doppiare?
Senza dubbio recitare. Senti l’afflato del pubblico. Quando sei alla ribalta hai addosso gli occhi della gente che ti giudica, il senso di questo mestiere è tutto qui.

Cosa consiglierebbe a un giovane che volesse oggi diventare un attore o un doppiatore?
Il teatro. Fare teatro. Anzi, ai miei tempi si cominciava con l’avanspettacolo. Il teatro è la palestra che mette il giovane attore a diretto contatto col giudizio del pubblico. Una delle mie prime esperienze, ad esempio, fu con Gino Cervi, Raffaella Carrà e Ferruccio De Ceresa al Quirino di Roma, in “Del vento tra i rami del sasso frasso” per la regia di Sandro Bolchi.

Immagino le sarà capitato, guardando la tv, di sentire la sua voce in bocca a un personaggio di fantasia o a un attore straniero. Che effetto le fa?
Innanzitutto va fatta una precisazione: doppiare un personaggio di fantasia è molto più difficile che doppiare un attore reale. L’attore con la sua espressività, con la sua mimica, suggerisce il sentimento che sta recitando e ti consente di adeguare la voce ad esso. Il personaggio di fantasia, per quanto possa essere bravo chi lo ha disegnato, non possiede la stessa capacità di trasmettere emozioni. Quindi il doppiatore deve ingegnarsi a individuare quale modulazione di voce sia più adatta in un dato momento. Sentire la mia voce prestata a qualcun altro mi rende consapevole della grande responsabilità insita nel mio lavoro. Molti attori vengono migliorati grazie al doppiaggio. A volte le voci originali sono poco incisive, prenda ad esempio Marlon Brando. Il doppiaggio di Emilio Cigoli ha arricchito notevolmente la sua recitazione, rispetto alla qualità della sua voce vera. Ecco, il doppiatore deve fare questo: impreziosire, aggiungere particolari, come un pittore che ritocca i dettagli di un quadro.

Gandal doppiato da Germano Longo

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