di Barbara Toma
Diceva bene il mio Maestro: attenta al tema su cui scegli di lavorare, perché si impossessa della tua vita!
Io questa settimana ho tenuto un laboratorio incentrato sull’Errore Epico. Appunto.
Per fortuna erano solo 5 giorni, o forse peccato, perché iniziavo ad affezionarmi all’idea che tutti gli errori sono preziosi e che, se qualcosa va storta, è la cosa migliore che possa accadere!
Il gruppo che mi son ritrovata davanti in questa occasione era piccolo ma ben assortito. Avevo 8 iscritti. Ma per un motivo o per l’altro in sala ne ritrovavo sempre 7.
E questo è niente. Fin dal primo giorno questo laboratorio è stato accompagnato da contrattempi e ‘sfighe’ , anzi, già da prima che iniziasse era così!
Intanto era in programma a metà giugno ed è stato spostato per ben due volte.
Dal momento che alla fine avrebbe avuto luogo in piena estate, e avremmo corso il rischio di avere poco pubblico per la presentazione finale del lavoro, si è deciso che sarebbe anche durato un giorno in meno, in modo da concludersi in un giorno in cui nello stesso posto era già in programma un altro evento, e avere così più pubblico.
Peccato che l’evento in questione sia poi stato cancellato, per cui si è finito per lavorare meno tempo e avere comunque poco pubblico.
Come se non bastasse, il tecnico del posto aveva la sua serata libera proprio quando noi siamo andati in scena. Per cui: le luci c’erano, ma non erano puntate e illuminavano pezzi di palco a caso. Inoltre non c’era un mixer luci, per cui si potevano solo accendere o spegnere (operazione non facile perché implicava il doversi alzare e abbandonare il teatro per raggiungere il dimmer in un’altra sala).
Ok, tutto incredibilmente in tema con il nostro lavoro, per cui mi sono adattata senza batter ciglio.
Mano mano che ragionavamo sul tema, e ne esploravamo le sue diverse sfaccettature, mi sono resa conto che per essere ligia al lavoro e adattare la mia messa in scena al tema avrei dovuto cercare di non aggiustare nulla. Cioè: i danzatori sbagliano la coreografia? non correggo.
Qualcuno sbaglia entrata? Danzano tutti con il fronte dal lato sbagliato? Entrando qualcuno cade? Sono fuori luce? Troppo lontani? Troppo vicini agli spettatori?
Diventa tutto parte dello spettacolo.
Non scarto nulla, non correggo, non aggiusto. Al massimo provoco qualcosa. Ma non la stravolgo.
La regola per me era dunque: cercare di far tesoro di ogni errore e svilupparlo.
Più facile a dirsi che a farsi!
Poi ho pensato che avrei dovuto usare la ripetizione. Gli errori andavano tenuti e ripetuti.
Perché sbagliare è assolutamente normale. Sbagliare due volte è mancanza di attenzione. Sbagliare tre volte rasenta l’imperdonabile.
Ma commettere lo stesso errore più e più volte è quasi geniale.
E poi, sbagliando s’impara. Quindi se un errore diventa la nostra ossessione, potremmo addirittura imparare di più.
Parallelamente al lavoro fisico ho fatto fare ai miei allievi un lavoro sulla scrittura a flusso libero partendo da una frase o una parola scelta da me.
Incredibile come ogni persona sia capace di interpretare ed esprimere in modo diverso concetti simili!
Mi affascina sempre la differenza tra gli esseri umani. Siamo tutti soggetti alle stesse emozioni: amore, vergogna, paura, imbarazzo, empatia, complicità, insoddisfazione…
Siamo tutti insicuri e precari. Eppure siamo così incredibilmente diversi!
Elisa ha scritto una lista di eventi negativi che hanno portato a un finale positivo.
Oliviero si sente bloccato e frustrato per non riuscire mai a cogliere l’attimo. E continuava a giudicarsi e auto censurarsi definendosi poco brillante. Ma mentre leggeva ridevamo tutti di cuore.
Maria è convinta di non avere alcuna ispirazione o motivazione. Si descrive come qualcuno con un elettrocardiogramma piatto. Morta insomma.
Giulia butta giù due righe ed è subito poesia.
Michele si danna per essere troppo pigro e non adoperare al meglio il suo tempo.
Cinzia scrive tantissimo!
Il testo di Silvia è surreale e divertente. E anche dannatamente diretto.
Vita, non censura. E rileggendo ciò che ha scritto si mette in gioco e condivide con 7 sconosciuti qualcosa di molto importante e intimo.
Quanta bellezza l’universo umano! Quanta splendida diversità.
Ascoltarli mi apre tantissime ‘porticine’ verso la creatività e subito mi immagino di tutto….è dalle loro parole che nascono le scene che creo.
Dannatamente affascinante il tema che ho scelto.
Siamo tutti così incentrati sul raggiungimento della perfezione, siamo tutti così convinti di dovere essere dei ‘vincenti’ che spesso ci perdiamo il senso stesso della vita stessa.
Dovremmo restare bambini, esimerci dal giudicare e, semplicemente, abbandonarci all’errore e alla ripetizione di esso, che è l’unico modo che abbiamo per imparare.
Nel gioco chiamato teatro non si fa altro che affrontare e studiare la vita.
E il trucco è lavorare con il massimo impegno e la massima serietà, dare tutti se stessi, ma senza mai prendersi troppo sul serio.
D’altronde fare teatro in quasi tutte le lingue è tradotto con ‘giocare al teatro’ (play theater, jouer, theater spelen etc..).
Meno ci si prende sul serio, più mondi si scoprono.
E in effetti più ci rifletto più capisco che è il gioco la chiave giusta per affrontare il tema dell’errore epico.
Che chi non gioca non potrà mai vincere e non c’è gioco che non implichi l’esistenza dell’errore e di un perdente.
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