Mamme e bimbi. Insieme nella casa dell’ex boss Scarcella

INCHIESTA. Ugento. Mamme che aiutano se stesse e i propri figli e fanno le animatrici per altri bambini. Così un immobile diventa una vera casa. L'intervista

di Salvatore Ventruto Aiuto alle donne vittime di maltrattamenti, azioni di supporto ai nuclei familiari, attività di sostegno scolastico, laboratori creativi, contenimento della devianza giovanile, alfabetizzazione culturale. Sono, queste, alcune delle attività svolte dalla Cooperativa Sociale Jonathan di Ugento. Fondata nel 1999 da Francesca De Nuccio ed Adriana De Giorgi, la Cooperativa si è sempre occupata di minori e madri con figli a carico, decidendo nel 2010 di estendere questo tipo di attività anche all’interno di un’abitazione su due livelli appartenente all’ex boss della Sacra Corona Unita Michele Scarcella. “Le nostre attività riguardano principalmente i minori – ci dice Francesca De Nuccio al telefono – e per questo siamo costantemente in contatto con i Tribunali dei minorenni. Quando avete iniziato ad occuparvi di minori? Innanzitutto mi preme precisare che la nostra cooperativa è nata nel 1999. Le nostre attività riguardano principalmente i minori e per questo siamo costantemente in contatto con i Tribunali dei , principalmente con quello di Lecce, ma anche oltre provincia e fuori regione. Inizialmente cominciammo a gestire solo comunità educative per adolescenti, poi nel 2001 iniziammo, sempre a stretto contatto col Tribunale dei Minori, l’esperienza con un gruppo-appartamento per gestanti e madri con figli a carico. Proprio nel 2001 indirizzammo la nostra attività, specializzandoci in questo settore fino a quando riuscimmo nel 2010 a vincere il bando ad Ugento, iniziando a collaborare con il comune per l’attivazione di una nuova struttura di accoglienza, sempre per gestanti e madri con figli a carico, all’interno di un bene confiscato alla mafia. Avete trovato un atteggiamento collaborativo da parte del Comune di Ugento? Il bene, un’abitazione su due livelli dell’ex boss Michele Scarcella, era nella disponibilità del Comune che provvide a contattare le cooperative presenti sul territorio, invitandole, se interessate, a presentare un progetto. A quel punto, dopo aver vinto questa prima fase collaborammo con il comune per la realizzazione di questo progetto. Essendo la struttura confiscata molto capiente abbiamo potuto sviluppare due attività: una riguardante il gruppo-appartamento con gestanti e madri con figli a carico e una riguardante il centro diurno. Nel progetto abbiamo fin dall’inizio previsto anche la possibilità per le donne che avrebbero occupato la casa al piano superiore di svolgere le attività pomeridiane del centro diurno consistenti in animazione, recupero scolastico, laboratori vari. Come sviluppate concretamente i laboratori e le attività di supporto ai nuclei familiari? Diciamo che le attività riguardanti il gruppo-appartamento sono partite subito, riuscendo ad essere immediatamente operative e ospitando, negli ultimi due anni, un numero consistente di madri. Col centro diurno procediamo invece molto lentamente per problemi di carattere burocratico. Siamo partiti solo quest’anno, abbiamo pochissima utenza e ci stiamo impegnando nel sostegno scolastico e attività ludiche. Quante sono adesso le persone che ospitate? Attualmente la casa famiglia ne ospita otto. A questi aggiungiamo i due minori del centro diurno. Per quanto riguarda le attività di supporto ai casi di devianza giovanile e il recupero della relazione madre–minore che tipologia di progetti portate avanti? Noi in una prima fase non possiamo sottrarci ad un’attenta osservazione ed analisi delle situazioni che ci vengono segnalate, molto spesso poco chiare e difficili da comprendere. Fatto ciò si passa alla definizione del progetto e delle modalità attraverso le quali si aiuterà la madre a riappropriarsi delle proprie capacità genitoriali, nel’ottica di un eventuale ritorno del minore in famiglia, oppure nei casi estremi si procederà ad un suo allontanamento ed affidamento. Voi vi occupate anche delle donne vittime di violenza… In questo caso facciamo riferimento ad un altro tipo di situazione, denominata “casa rifugio”, strettamente correlabile a donne e minori che sono minacciati e si trovano in pericolo o vedono messa seriamente a repentaglio la propria incolumità fisica. Si tratta di situazioni estreme, per noi fondamentalmente nuove, che richiedono la definizione precisa dei programmi, degli organigrammi e del personale da impiegare, al fine di affrontarle al meglio e con la massima professionalità. Abbiamo provato a capire di più gli aspetti critici di tali situazioni, confrontandoci con il personale e gli operatori già impegnati in tali problematiche, ma preso atto delle difficoltà riscontrate, abbiamo deciso di rivolgerci alla Regione Puglia che dal canto suo, fino a questo momento, non ci ha aiutato molto. FOTO: Clicca qui per la fotogallery completa In alto: le gravi condizioni in cui la villa era stata ridotta dopo la confisca. Qui sotto: i lavori di ristrutturazione nella casa dell’ex boss Scarcella. Ultima foto: ecco come si presenta oggi la sede della Cooperativa Sociale Jonathan di Ugento. Jonathan Ugento

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