Omicidio Padovano. Chiesto l’ergastolo anche in Appello per fratello e cugino

Lecce. La richiesta del pm conferma la sentenza di primo grado per Rosario Pompeo Padovano e Giorgio Pianoforte. La sentenza è attesa per il 30 maggio

LECCE – Ancora ergastolo. L’ha chiesto il pm Antonio Maruccia ai giudici della Corte d’assise d’appello di Lecce per Rosario Pompeo Padovano e Giorgio Pianoforte, rispettivamente fratello e cugino di Salvatore Padovano, alias Nino Bomba, boss della Sacra Corona Unita ucciso, proprio su ordine del fratello, il 6 settembre del 2008 a Gallipoli. Nell’aula bunker il procuratore generale ha chiesto la conferma della sentenza di primo grado per i due imputati, mentre ha formulato nuove richieste per gli altri: undici anni ed otto mesi per Fabio Della Ducata, assolto in primo grado dal reato di concorso in omicidio “per non aver commesso il fatto”; stessa richiesta anche per Massimiliano Scialpi e Cosimo Cavalera; tre anni per Giuseppe Barba, collaboratore di giustizia, condannato in primo grado a cinque anni e nove mesi; Carmelo Mendolia, collaboratore di giustizia, ha scelto il giudizio abbreviato ed è stato già condannato a 14 anni di carcere. La sentenza è attesa per il prossimo 30 maggio, quando si concluderanno le arringhe difensive. Gli imputati sono assistiti dagli avvocati Paola Scialpi, Luigi ed Alberto Corvaglia, Luigi Piccinni, Gabriele Valentini, Ivana Quarta e Angelo Ninni. 5 luglio 2013 Omicidio Padovano: 'Ergastolo per fratello e cugino' LECCE – Ergastolo. L’ha chiesto la pm Elsa Valeria Mignone per due degli imputati nel processo scaturito in seguito all’omicidio di Salvatore Padovano, alis “Nino Bomba”, boss della Sacra Corona Unita. L’assassinio avvenne il 6 settembre 2008 a Gallipoli, nei pressi della pescheria “Il Paradiso del Mare”, su ordine del fratello di Salvatore, Rosario Pompeo Padovano. Ed è infatti per Rosario Padovano e per Giorgio Pianoforte, cugino dei due, che l’accusa ha invocato il carcere a vita. Pesante anche la richiesta di condanna dell’accusa per Fabio Della Ducata: 22 anni. Dodici anni sono stati invece invocati per Massimiliano Scialpi, nove per Cosimo Cavalera, tre per Giuseppe Barba. Carmelo Mendolia, collaboratore di giustizia, che aveva scelto il giudizio abbreviato, è già stato condannato a 14 anni. La pm Mignone ha ricostruito moventi e retroscena che avrebbero portato all’omicidio, riferendo dei contrasti sorti tra i due fratelli Padovano in seguito alla loro scarcerazione. Rosario, una volta fuori dal carcere di Spoleto, nel settembre 2007, avrebbe tentato di assumere la testa del clan con l’intenzione di ricucire rapporti con gli associati di “Gallipoli vecchia”, tra cui Massimiliano Scialpi, Giuseppe Barba, Cosimo Cavalera e Fabio Della Ducata, opponendosi in tal modo alla volontà del fratello Salvatore. Il quale, invece, uscito dal carcere nel dicembre 2006, si era allontanato dal clan di “Gallipoli vecchia” considerandolo di scarso spessore criminale, e privilegiando i rapporti con il clan Tornese, di Monteroni. Le differenti strategie perseguite dai due fratelli non hanno tardato a metterli in contrasto; in particolare, Rosario non avrebbe gradito la posizione di subalternità rispetto a Salvatore ed avrebbe maturato l’idea di farlo fuori. Rosario avrebbe così ordinato a Mendolia di uccidere Salvatore; Della Ducata gli avrebbe offerto ospitalità presso la propria abitazione a Gallipoli e, pochi giorni dopo l’omicidio, gli avrebbe consegnato parte dei 10mila euro pattuiti come compenso. Pianoforte avrebbe chiamato Salvatore fuori dalla pescheria riferendo che qualcuno gli avesse tamponato la macchina. A quel punto Mendolia l’avrebbe ucciso, con quattro colpi di pistola. Rosario Padovano ha invece fornito una diversa ricostruzione dei fatti: ovvero che l’omicidio sarebbe scaturito per questioni familiari e che non avrebbe interessato anche gli altri imputati, tranne Mendolia, già condannato, ed autore materiale dell’assassinio. La sentenza è attesa per il prossimo 18 luglio. Gli imputati sono assistiti dagli avvocati Paola Scialpi, Luigi ed Alberto Corvaglia, Luigi Piccinni, Gabriele Valentini, Ivana Quarta, Angelo Ninni, Francesca Conte e Marco Castelluzzo. 17 maggio 2013 Processo Padovano. I ristoratori negano le intimidazioni LECCE – Non avrebbero mai subito minacce o pressioni di alcun tipo. I principali ristoratori della città di Gallipoli sono stati ascoltati, ieri, davanti ai giudici della Corte d’Assise di Lecce, nell’ambito del processo che si è aperto in seguito alla morte di Salvatore Padovano (alias “Nino Bomba”), boss della Scu gallipolina, avvenuta su ordine del fratello Rosario. Gli imputati nel processo sono Rosario Pompeo Padovano, fratello di Salvatore, Giuseppe Barba, Cosimo Cavalera, Fabio Della Ducata, Massimiliano Scialpi e Giorgio Pianoforte. Già condannato a 14 anni di reclusione, nel marzo 2012, Carmelo Mendolia, esecutore materiale dell’omicidio. Mendolia, collaboratore di giustizia, ha scelto di essere giudicato con rito abbreviato. Ai giudici, Cosimo e Damiano Rizzello, titolari de “L’aragosta” e del “Tramonto”, ed Antonio e Franco Quintana proprietari del ristorante “Mare chiaro”, hanno dichiarato di aver sempre acquistato i prodotti dalla cooperativa gestita dagli imputati in maniera lecita e secondo le leggi di mercato e senza subire intimidazioni. L’udienza è stata aggiornata al prossimo 25 giugno.

Pompeo Rosario Padovano

Pompeo Rosario Padovano

Giuseppe Barba

Giuseppe Barba

Cosimo Cavalera

Cosimo Cavalera

Fabio Della Ducata

Fabio Della Ducata

Massimiliano Scialpi

Massimiliano Scialpi 26 marzo 2012 Omicidio Padovano. Confermati 14 anni per il killer LECCE – La sentenza d’appello ha confermato quella di primo grado: condanna a 14 anni di reclusione per Carmelo Mendolia, presunto killer di Carmine Greco e Salvatore Padovano, detto “Nino Bomba”, boss della Scu ucciso su mandato del fratello Rosario Padovano. La condanna di primo grado era stata emessa con rito abbreviato ed ecco perché aveva inflitto 14 anni all’omicida; in questi casi infatti la legge non prevede pena inferiore ai 18 anni. La condanna a 14 anni è dunque l’esito della riduzione di un terzo della pena di 21 anni prevista inizialmente (18 anni più altri tre anni per la continuazione). 2 marzo 2012 Omicidio Padovano. Il pentito: 'Parlerò nonostante le minacce' GALLIPOLI – Va avanti nella sua decisione di collaborare con la giustizia. Giuseppe Barba. Il gallipolino conosciuto come “Peppe u dannatu”, 41 anni, ieri al microfono dell’aula bunker ha dichiarato di aver fatto una scelta di definitiva e di non voler tornare nonostante quello che è sembrato – ma non è stato ancora accertato che lo sia stato – un atto intimidatorio nei suoi confronti: l’incendio del furgone Renault Kangoo di proprietà del padre, nella notte tra il 23 ed il 24 febbraio. A dicembre aveva ricevuto una lettera con su scritto “Ti voglio bene” e contenente le minacce per sé e la sua famiglia. Ma dopo l’episodio del furgono Barba ha deciso di rompere il silenzio che ha tenuto nei mesi scorsi e di raccontare tutto ciò che sa sull’omicidio di Carmine Greco e Salvatore Padovano e sul clan di Rosario Padovano. Barba tuttavia non è ancora stata ammesso al programma di protezione e infatti viene considerato un “dichiarante” e non ancora un collaboratore di giustizia. Il procuratore capo Cataldo Motta dovrà valutare l’attendibilità dei suoi racconti e gli elementi di novità in essi contenuti per decidere se fare richiesta alla Commissione centrale dei ministeri dell’Interno e della Giustizia. Intanto ieri è stato ascoltato anche il killer di Padovano e Greco, il collaboratore di giustizia Carmelo Mendolia. All’ascolto di Mendolia sarà dedicata anche l’udienza di giovedì prossimo. 23 febbraio 2012 Omicidio Padovano. Gli imputati restano in carcere GALLIPOLI – Sarebbero potuti tornare liberi tra circa un mese gli imputati nel processo sull’omicidio di Salvatore Padovano, detto “Nino Bomba”, e di Carmine Greco e sul gruppo mafioso gestito da Rosario Padovano. Si tratta di Rosario Padovano, fratello del boss e mandante del suo omicidio, Giuseppe Barba, Giorgio Pianoforte, Mino Cavalera, Fabio Della Ducata e Massimiliano Scialpi. La prima sezione penale della Corte di Cassazione aveva infatti accolto il ricorso presentato dall’avvocato Luigi Piccinni che chiedeva di anare l’ordinanza con cui furono sospesi i termini di custodia cautelare. Ma giovedì scorso il presidente della Corte d’Assise, Roberto Tanisi, ha emesso una nuova ordinanza con cui ha sospeso i termini fino alla conclusione del processo. Intanto gli avvocati Luigi Piccinni e Luigi Corvaglia hanno fatto sapere di voler presentare ricorso anche contro questo provvedimento. Intanto il processo ritornerà in aula giovedì prossimo per il controesame di Carmelo Mendolia, il collaboratore di giustizia che ha confessato di essere stato l’esecutore materiale dell’omicidio di Nino Bomba. 16 febbraio 2012 Mendolia: 'Dovevo uccidere moglie e figlio di Nino Bomba' GALLIPOLI – Davanti alla Corte presieduta dal Giudice Roberto Tanisi è stato ascoltato questa mattina il killer della sacra corona unita Carmelo Mendolia, reo confesso per l'omicidio di Salvatore Padovano e già condannato in primo grado a 14 anni. Dal luogo di detenzione segreto in cui è custodito lontano da possibili rischi di vendette mafiose, il killer è stato condotto in Aula, dove ha gettato un'ulteriore cupa ombra sulla figura di Rosario Padovano, mandante dell'omicidio del fratello. Secondo Mendolia il mandante dell'omicidio aveva chiesto di ammazzare anche la moglie e il figlio, in modo da evitare che un congiunto di “Nino Bomba” potesse in futuro riprendere le redini dell'associazione criminale. Agghiaccianti i particolari della confessione: in un primo momento si era valutato di uccidere, poi soltanto di gambizzare mamma e figlioletto. Infine, sarebbe stato lo stesso Mendolia a rifiutarsi di fare fuoco sui due innocenti con la sua Beretta calibro 9. Comunque dure le parole del killer rispetto la sua vittima: “era altezzoso e voleva solo essere rispettato”. Per l'omicidio avrebbe percepito la cifra di 10.000 euro, un'auto veloce per la fuga, oltre alla promessa da parte di Rosario Padovano di essere aiutato nell'apertura di un'attività commerciale nel nord Italia. Nello stesso procedimento è stato inserito anche l'omicidio di Carmine Greco, risalente al lontano 13 agosto 1990. Un delitto avvenuto nell'ambito della gestione del traffico di sostanze stupefacenti. Greco avrebbe “spacciato ingenti quantitativi di droga sul territorio di Gallipoli da “cane sciolto”, senza rendere conto della sua attività all'organizzazione”. Anche in questo caso Rosario Padovano sarebbe il mandante e Mendolia l'esecutore materiale. 13 gennaio 2012 Omicidio Padovano. Ascoltati i collaboratori LECCE – E’ tornato in aula di Corte d'Assise il processo per l'omicidio del boss della Sacra corona unita Salvatore Padovano, avvenuto il 6 settembre del 2008 a Gallipoli, nei pressi della pescheria “Il Paradiso del Mare“. Gli imputati sono Rosario Pompeo Padovano, fratello di Salvatore; Giuseppe Barba; Cosimo Cavalera; Fabio Della Ducata; Massimiliano Scialpi e Giorgio Pianoforte. Carmelo Mendolia, collaboratore di giustizia, ha scelto di essere giudicato con rito abbreviato ed è stato condannato a 14 anni di reclusione. Nel corso dell'udienza sono stati ascoltati tre collaboratori di giustizia: Simone Caforio, Giorgio Manis e Dario Toma. Quest’ultimo ha raccontato che fu Francesco Prudentino a consegnargli Padovano chiedendogli in cambio di uno “sconto” di dieci milioni sui 700 di debito che vantava nei suoi confronti. A sorpresa a questi tre collaboratori potrebbe aggiungersi Giuseppe Barba, conosciuto con il soprannome da “U dannatu”, che ha dichiarato di aver lasciato il clan e di voler parlare; le cui dichiarazioni sono ora al vaglio degli inquirenti. L'udienza riprenderà il 16 febbraio, quando davanti ai giudici si presenterà Carmelo Mendolia. 24 gennaio 2011 Omicidio Nino Bomba: 14 anni a Mendolìa di Andrea Morrone E’ stato condannato a quattordici anni di reclusione, a seguito di giudizio abbreviato, Carmelo Mendolia, presunto esecutore materiale, reo confesso, degli omicidi di Carmine Greco e Salvatore Padovano, alias “Nino bomba” storico boss gallipolino dell’omonimo clan della Sacra corona unita, avvenuto il 6 settembre del 2008 a Gallipoli, nei pressi della pescheria “Il Paradiso del Mare”. La legge prevede che per i collaboratori di giustizia la pena per omicidio parta da un minimo di 18 anni, a cui, nel caso specifico, sono stati sommati altri tre anni per la continuazione. La condanna complessiva a 21 anni è stata poi diminuita di un terzo della pena in quanto giudizio abbreviato, fino ad arrivare a 14 anni. Mendolia, oggi collaboratore di giustizia, ha permesso di ricostruire, attraverso le dichiarazioni rilasciate al sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia di Lecce, Elsa Valeria Mignone, la storia dei due omicidi di mafia. Le successive indagini hanno ricostruito scenari e moventi in cui l’omicidio di “Nino Bomba” avrebbe avuto origine. Un delitto di mafia scaturito dai contrasti sorti tra i fratelli Padovano, Salvatore e Rosario, all’indomani della loro scarcerazione. Rosario, si legge nelle pagine degli atti, “scarcerato dal carcere di Spoleto e rientrato a Gallipoli nel settembre 2007, adottava le iniziative per assumere la direzione dell’associazione e ricostruire i rapporti con gli associati di “Gallipoli vecchia” (tra cui Massimiliano Scialpi, Giuseppe Barba, Cosimo Cavalera e Fabio Della Ducata) in chiaro contrasto con la volontà del fratello Salvatore”. Quest’ultimo, scarcerato a sua volta nel dicembre del 2006 e rientrato nella città jonica, “aveva ripreso a tenere comportamenti da capo mafia, distribuendo consigli e suggerimenti per regolare contrasti e controversie, ed aveva – prendendo le distanze proprio da quei personaggi della “Gallipoli vecchia” perché ritenuti si scarso spessore criminale ed ancorati a vecchi schemi consortili – privilegiato lo storico collegamento con i monteronesi del clan Tornese, rinsaldando subito i rapporti con gli stessi”. Due linee di condotta diverse, che hanno portato inevitabilmente i fratelli a scontrarsi. Rosario, in particolare, si sarebbe sentito messo da parte, “limitato nelle sue mire egemoniche” e preoccupato “per l’attenzione delle forze di polizia al territorio gallipolino, richiamata dalla condotta spavalda e prepotente del fratello”. In quest’ottica, secondo la ricostruzione accusatoria, sarebbe scaturita la volontà di Rosario Padovano, in qualità di mandante, di far uccidere Salvatore, alias “Nino bomba”. Esecutore materiale, Mendolia. Della Ducata gli avrebbe fornito ospitalità a Gallipoli, presso la propria abitazione, e gli avrebbe consegnato, pochi giorni dopo l’omicidio (a Casamassima, in provincia di Bari), una parte dei 10mila euro di compenso pattuito, pari a 6.770 euro. Pianoforte, cugino dei Padovano, avrebbe chiamato Salvatore fuori dalla pescheria di famiglia “dicendogli che una persona gli aveva tamponato la macchina”. In realtà, ad attenderlo vi era proprio Mendolia che l'avrebbe freddato con quattro colpi sparati con una pistola “Beretta modello 83 F”. Rosario Padovano, Giuseppe Barba, Cosimo Cavalera, Fabio Della Ducata, Massimiliano Scialpi e Giorgio Pianoforte hanno scelto di essere giudicati con giudizio ordinario. Il processo in Corte d’assise ha avuto inizio lo scorso 20 gennaio. Nello stesso procedimento è stato inserito anche l'omicidio di Carmine Greco, risalente al lontano 13 agosto 1990. Un delitto avvenuto nell’ambito della gestione del traffico di sostanze stupefacenti. Greco avrebbe “spacciato ingenti quantitativi di droga sul territorio di Gallipoli da “cane sciolto”, senza rendere conto della sua attività all’organizzazione”. Anche in questo caso Rosario Padovano sarebbe il mandante e Mendolia l’esecutore materiale. Articoli correlati Omicidio Padovano. Al via il processo (20 gennaio 2011) Omicidio Padovano: fissata l'udienza preliminare (5 luglio 2010) Omicidio Padovano. 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