Lecce. Nel trecentesimo anniversario della nascita del compositore Gluck, la più elegante chiusura della Stagione leccese. Con Carla Fracci ospite d’eccezione
di Fernando Greco (foto di Samuele Vincenti)


LECCE – Chiusura in grande stile per la Stagione Lirica della Provincia di Lecce, che ha festeggiato il trecentesimo anniversario della nascita del compositore Christoph Willibald Gluck (1714 – 1787) con un pregevole allestimento dell’opera “Orfeo ed Euridice”. Ospite d’eccezione Carla Fracci, mito vivente nel panorama internazionale della danza. // L'anno gluckiano L’“Orfeo ed Euridice” con cui si è conclusa la Stagione Lirica leccese rappresenta per molti aspetti un’operazione di altissimo livello culturale, a partire dalla volontà di dar lustro a un’opera e a un compositore che hanno cambiato il destino dell’opera lirica influenzando in maniera determinante tutta la produzione successiva, da Mozart a Bellini per arrivare al teatro del Novecento.

Antonella Colaianni

Rinunciando definitivamente all’esteriorità barocca, la Riforma gluckiana avrebbe orientato l’estetica teatrale verso una nuova espressività con cui si sarebbe confrontata tutta la creatività musicale successiva. Il 2014 può definirsi anno gluckiano, poiché in tutto il resto d’Europa fioriscono iniziative dedicate al compositore tedesco in occasione del trecentesimo anniversario della sua nascita, dall’Opéra di Versailles (splendido “Orfeo ed Euridice” trasmesso in diretta da Radio France a novembre con il grande contraltista Franco Fagioli) alle Wiener Festochen (“Orfeo” a maggio), dal Teatro Real di Madrid (“Orfeo” a luglio) all’Opéra di Parigi, dove l’“Iphigénie en Tauride” arriverà all’inizio del 2015.

Valentina Coladonato e Antonella Colaianni

In Italia la proposta leccese giunge solitaria da parte di una Stagione considerata di provincia, che però in questo caso ha avuto il coraggio di entrare in Europa con una produzione notevolissima e degna di essere esportata in tutti quei teatri dal nome altisonante che hanno colpevolmente scotomizzato l’importante ricorrenza. // Una caleidoscopica coreografia In occasione dell’allestimento leccese, la partitura dell’“Orfeo ed Euridice” è stata revisionata dal maestro Sergio Rendine, compositore di fama internazionale nonché direttore artistico della Stagione, che facendo ordine tra le quattro edizioni esistenti ha proposto una nuova versione in due atti molto scorrevole dal punto di vista drammaturgico, nella quale non è andato perso a dei vari interventi autografi successivi, comprese le danze che hanno tanto rilievo nella versione parigina.

A Lecce dunque le danze hanno costituito uno degli aspetti fondamentali della messa in scena, rendendola spesso molto simile a un Grand-Opéra. Ciò è stato possibile grazie alla regia coreografica di Fredy Franzutti, caleidoscopica nel far danzare i bravissimi elementi del Balletto del Sud in maniera sempre diversa nei vari momenti del dramma, dal classicismo formale della scena dei Campi Elisi all’espressionismo della Danza delle Furie, in cui Franzutti ha trasformato l’entrata nell’Oltretomba in un viaggio iniziatico di alta valenza espressionista, costellato di elementi massonici (porte a grandezza crescente, squadra, compasso, ombrello) che sembravano preannunciare l’avvento mozartiano.

Carla Fracci

Su tutti predominava la galvanizzante presenza di Carla Fracci, mito vivente della danza, che ha letteralmente ipnotizzato il pubblico: come se non bastasse il grande potere simbolico connesso con la sua figura e con la sua carriera, nondimeno la grande artista ha danzato in maniera instancabile, autorevole e tenerissima con gli altri danzatori nei passi d’insieme, eterea e sublime nei momenti solistici con cui ella ha aperto i due atti dell’opera, regalando momenti di sincera commozione.

Valentina Coladonato // Uno spettacolo di corte Molto originale l’idea registica di Carlo Antonio De Lucia, in collaborazione con Daniele Barbera per le scene e lo stesso Fredy Franzutti per i costumi, che ha pensato a quest’“Orfeo” come a uno spettacolo di corte. Se il mito viene rivissuto e rielaborato da artisti del Settecento, il realismo dell’opera si distacca dunque dall’antichità classica per attagliarsi alla contemporaneità di Gluck: pertanto i tre protagonisti vestono sontuosi costumi barocchi.

Nel primo atto, che termina con la Danza delle Furie, elementi di scena e attrezzeria sono volutamente artificiosi come vere macchine barocche (la lira, la bacchetta magica, la nuvoletta sulla quale Amore scende dall’alto, perfino la tomba di Euridice e la porta degli Inferi).

La danza delle Furie Poco funzionali gli aitanti negretti che cercavano di ostacolare il percorso di Orfeo con afinalistici movimenti delle braccia, visto che contemporaneamente i danzatori lo facevano in maniera molto più evocativa e più elegante.

Carla Fracci Nel secondo atto l’apertura del sipario lascia lo spettatore senza fiato davanti all’atmosfera rarefatta dei Campi Elisi resa efficacemente da un vuoto scenico azzurrino su cui campeggia il bianco dei costumi dei danzatori. // Il protagonista “en travesti” Sul versante musicale, l’allestimento è stato molto valorizzato dalle tre interpreti, a cominciare dal mezzosoprano Antonella Colaianni che ha vestito i panni “en travesti” del protagonista. Già intenso Zanetto nell’omonima opera di Mascagni durante la scorsa stagione, con Orfeo la cantante ha dato prova di ulteriore maturità vocale, modulando il suo timbro vellutato a seconda delle esigenze espressive dell’opera e reggendo senza cedimenti a tutta la sua lunghissima parte, esibendo belle agilità nell’arietta “Addio miei sospiri” e trovando intelligenti variazioni nei vari “da capo”. Peraltro l'artista si è mostrata agile e disinvolta nella sua partecipazione alla danza, credibilissima nel bel costume maschile che la rendeva più simile a Romeo che a Orfeo: chissà che ciò non sia di buon auspicio per un prossimo ruolo di Romeo ne “I Capuleti e i Montecchi” di Bellini.

Antonella Colaianni nella danza delle Furie Il soprano Valentina Coladonato ha interpretato il personaggio di Amore con formidabile vocalità barocca e piacevoli atteggiamenti di tenerezza e complicità. Schiettamente lirica la voce del soprano Roberta Canzian nei panni di Euridice, di ritorno a Lecce dopo il “Don Pasquale” del 2011: anche stavolta la cantante ha mostrato il solito bel timbro vocale e coinvolgente vis scenica.

Roberta Canzian Il Coro Lirico di Lecce, istruito da Emanuela Di Pietro, ha affrontato con impagabile perizia scenico-vocale l'importante banco di prova costituito dall'“Orfeo” gluckiano che riserva al coro una parte impegnativa per lunghezza e varietà d'espressione, dall'umbratile mestizia del lamento funebre iniziale alla brutalità del canto delle Furie fino al lirismo onirico dei Campi Elisi.

Antonella Colaianni e Roberta Canzian Molto professionale la prestazione dell'Orchestra Tito Schipa diretta per l'occasione da Francesco Ledda che ha affrontato la partitura con incedere talora baldanzoso talora languidamente trattenuto, amplificando quei momenti in cui la melodia, più lenta e passionale, già lasciava intravedere le “divine lunghezze” belliniane.
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