Maladepurazione. L'Europa ci bacchetta e il conto è salato

DOSSIER DEPURATORI 4// Bari. In materia di depurazione il conto per la Puglia è alto, intanto la corte di giustizia europea ci controlla molto da vicino

Di Gabriele Caforio Bari. Tra malfunzionamenti è irregolarità la Puglia ha un bel conto da pagare. Sia in termini economici che strutturali. Da un lato ci sono da sanare i problemi che portano alcuni comuni pugliesi nel mirino delle sentenze della Corte di Giustizia Europea e dall'altro ci sono delle situazioni che risultano ancora completamente irrisolte. Come sottolineato anche da Legambiente, sono due le procedure d'infrazione al vaglio della Corte Europea che hanno nel mirino anche una serie di impianti ubicati in comuni pugliesi. Una di esse, aperta nel 2004, la 2004/2034, è giunta a sentenza il 19 luglio del 2012 (Causa C-565/10) e condanna l'Italia, per oltre cento siti italiani, perché ha violato le norme UE. La direttiva europea 91/271 infatti, concernente la raccolta, il trattamento e lo scarico delle acque reflue si pone l'obiettivo della salvaguardia ambientale dagli scarichi urbani e industriali. I motivi delle sanzioni per il nostro Paese vanno dalla totale assenza di reti fognarie alle insufficienze degli impianti esistenti e al mancato trattamento delle acque reflue urbane. Situazioni a cui gli Stati membri avrebbero già dovuto provvedere entro il 31 dicembre 2000 e che invece ci portano oggi ad una condanna della Corte Europea. Sono sparse per tutta l'Italia: Liguria, Friuli-Venezia Giulia, Abruzzo, Lazio, Campania, Puglia, Calabria e Sicilia. Per questa procedura d'infrazione sono 6 i Comuni pugliesi con più di 15 mila abitanti equivalenti che presentano situazioni non a norma e che hanno contribuito alla condanna dell'Italia, metà dei quali con la colpa più grave, ovvero essere manchevoli di rete fognaria. I Comuni sono Casamassima (Ba) e San Vito dei Normanni (Br), per la provincia di Lecce: Casarano, Porto Cesareo, Supersano e Taviano. Tra le mancanze, per alcuni di questi impianti, anche quella di adeguate strutture che permettano flussi maggiori connessi ai periodi turistici. La seconda procedura d'infrazione è più recente, è partita nel 2009 (2009/2034) ed attualmente si trova in fase di parere motivato. Nel mirino Comuni più piccoli con aggregati entro i 10 mila abitanti equivalenti. Su 159 casi totali nel Paese, 7 riguardano Comuni pugliesi perché hanno scarichi che non sono adeguatamente trattati prima di confluire in aree considerate sensibili. Si tratta di Cagnano di Varano che scarica nel Lago di Varano, di Trinitapoli che scarica nel Lago Salti, di Monteiasi e Grottaglie che scaricano nel bacino drenante del mar Piccolo di Taranto e poi di Ceglie Messapica, Francavilla Fontana e Latiano che interessano il bacino drenante della zona umida di Torre Guaceto. Per mettere a posto le cose sono necessari finanziamenti non da poco. I dati forniti dalla Regione a Legambiente, ovviamente, non parlano di briciole. Infatti sono stati stanziati circa 310 milioni di euro per mettere in atto interventi di adeguamento e ammodernamento degli impianti, revisione, potenziamenti e poi rifacimenti e completamenti di sistemi fognari. La maggior parte dei finanziamenti arrivano dal CIPE (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica) e i restanti dal FESR (Fondo Europeo di Sviluppo Regionale) asse portante della politica regionale dell'Europa. In totale, i fondi del CIPE, ammontano a 252,11 milioni di euro stanziati attraverso due delibere, una del 2012 (n. 60, 79 e 87) e una del 2011 (n. 62). Dei 252 milioni 42,8 sono destinati ad interventi di varia natura (affinamento, condotte, collettamento e altro) mentre 209,2 sono destinati all'adeguamento di 54 impianti. Questo adeguamento in realtà costa 233 milioni di euro e quindi AQP dovrà integrare le risorse mancanti. Il FESR europeo invece ha stanziato 56,6 milioni di euro per 25 progetti di intervento sulla rete fognaria. 34 milioni vanno ad AQP per realizzare 20 interventi e 22 milioni vanno a Comuni e Consorzi di bonifica per gli altri 5 interventi. Tuttavia, le note dolenti della depurazione pugliese non sono legate solo alle vicende europee. Ci sono problemi e malfunzionamenti che derivano anche dagli episodi di illegalità. Un altro dossier di Legambiente, Mare Monstrum 2013, mette a fuoco i doli e gli abusivismi che deturpano coste, mari e acque. Dalle lottizzazioni abusive, alla pesca di frodo fino agli scarichi fognari inquinanti e ai depuratori difettosi. La regione Puglia purtroppo si piazza al quarto posto nella classifica nazionale dei fenomeni di illegalità e inquinamento del mare, maladepurazione e scarichi fognari. Sparsi per la regione ci sono10 impianti sottoposti a procedimento penale: Lesina, Barletta, Molfetta, Noci, Trinitapoli, Trani, Ruvo, Gioia del Colle, Taranto Gennarini e Lecce Ciccio Prete. Sono 6 invece gli scarichi a mare potenzialmente fuori norma: Bari Ovest e Bisceglie per presenza di scarichi industriali e oli esausti, Trani per la portata non a norma, Vieste per la presenza di acque di fosse settiche e Trinitapoli per la presenza di scarichi di origine casearia. Lecce e Foggia le province con il maggior numero di impianti, diversi anche gli impianti mai entrati in funzione. Nel leccese sono 6: Alliste, Carmiano, Carpignano Salentino, Casarano Nuovo, Uggiano la Chiesa, Porto Cesareo e Vernole. Due invece nel tarantino ovvero Sava – Manduria e Pulsano. Un quadro complessivo che certamente non premia a pieni voti nessuno e che contribuisce anzi a mantenere alto il livello l'attenzione su problematiche che in alcuni casi hanno già compromesso l'ambiente e le potenzialità turistiche di alcune tra le più belle località pugliesi.

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