Un libro corale al femminile, nel quale si mescolano sensualità e senso civico, partecipazione e orgoglio, severità orale e leggerezza propria dell’età della sua autrice
Dopo il grande successo del libro di Vittoria Coppola, l’editore Lupo pubblica un altro intenso lavoro di una giovane scrittrice esordiente salentina, Simona Cleopazzo da Nardò, alla quale auguro di avere lo stesso travolgente successo. Un libro che intreccia fatti veri ed autobiografici con altri frutto della fantasia o del subconscio, ma altrettanto coinvolgenti e godibili, e tutti, comunque, conditi in salsa salentina. Per chi vive queste atmosfere è facile calarsi in questo contesto caldo ed avvolgente, e oltre ai personaggi reali che la scrittrice nomina con nome e (a volte) cognome, è facile anche riconoscere personaggi contemporanei caratterizzati in modo originale dalla penna dell’autrice, come quell’assessora non proprio campionessa di cortesia, madre di tre figlie, dalla quale la protagonista del romanzo va a fare la baby sitter. Se vogliamo, possiamo definire “Tre noci moscate nella dote della sposa” un libro corale al femminile, nel quale si mescolano armonicamente sensualità e senso civico, partecipazione e orgoglio, severità orale e leggerezza propria dell’età della sua autrice. Una citazione (di merito) a parte va senza indugio alla gastronomia, sempre presente dalle nostre parti come fondamento di cultura diffusa e di civiltà contadina; come quando, per esempio, la protagonista, Silvia, racconta gli interminabili rituali mangerecci al tempo delle feste comandate o illustra, appunto, la dote della sposa, il corredo che ancora oggi nei paesi salentini si regala ad ogni ragazza che nasce, cucito e ricamato con fatica, prezioso per le guarnizioni elaborate e che oggi le giovani non usano più, perché poco pratico. Ma Silvia fa anche un’altra cosa ormai diffusa: rivende pezzi di corredo per campare. Un’altra annotazione tengo a proporre per questo libro: vi si legge la voglia della nuove generazioni di cambiare, si fa avanti il desiderio, tutto femminile, di avventurarsi oltre nuovi orizzonti, vivere in altalena fra vecchio e nuovo, ma con il coraggio di affrontare i rischi del pregiudizio, come quello di non accettare più un marito fedifrago e respingerlo, finalmente. I personaggi femminili raccontati da Simona Cleopazzo, i più intensi che ti rimangono impressi, sono soprattutto quelli che si incontrano tra di loro e rinsaldano un colloquio intimo, come un coro del teatro classico greco. Una narrazione in cui compaiono culture diverse che fanno sempre più parte delle nostre realtà, come l’agghiacciante “dote” dell’infibulazione, come succede nel romanzo in cui Silvia riesce a evitare ad una bella bimba, Alice, di nove anni, questa antica mutilazione tribale, rompendone la cruenta tradizione. Una delle pagine più intense del romanzo di Cleopazzo, la cui trama lascio al lettore, cui affido anche il piacere di una scrittura travolgente, carica di passione e di “parlato”, generosa di termini gergali salentini, come il tipico bellamia, che tanto dà fastidio alla nostra scrittrice. E, finalmente posso dirlo, anche a me. Simona Cleopazzo Tre noci moscate nella dote della sposa Lupo editore
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