Lecce. Vivere con la malattia e trovare nella memoria la forza per andare avanti. L’autrice di “Nobeldonne” si racconta
LECCE – Sabato scorso ha presentato il suo libro “Nobeldonne” nell’ambito della rassegna “Marzo d’autrice”. Antonia Occhilupo, medico chirurgo, ha voluto rendere omaggio alle donne che con la loro forza interiore e il loro coraggio contribuiscono a rafforzare la dignità universale al di là di ogni differenza. La dimensione intima che permea il libro non può non considerarsi effetto della riflessione scaturita dalla sua malattia, la miastemia gravis, una patologia neurologica rara e spesso di difficile definizione. Che cosa è la miastenia e quando ha scoperto di soffrirne? “La miastenia gravis è una malattia neurologica su base autoimmune con gli autoanticorpi antirecettore dell’acetilcolina che combattono contro i muscoli bloccando il passaggio dell’impulso nervoso dal nervo ai muscoli, a livello della placca motrice o placca neuromuscolare e ne soffro dal 2005. È una malattia rara che colpisce lo 0.01% della popolazione italiana, in Italia siamo circa 10.000. Alcuni hanno la miastenia, altri il timoma, altri miastenia e timoma, come nel mio caso, o un’iperplasia del timo. È quindi una malattia bizzarra, subdola, ma spesso non riconosciuta tanto che alcuni pazienti, solo dopo anni, vengono correttamente diagnosticati. Basta cliccare su internet la parola miastenia per entrare in un mondo di errori diagnostici, di ritardi diagnostici, di indagini azzardate e non corrette o inadeguate. Per me, anche se medico, è andata come per la maggior parte dei pazienti affetti da miastenia, per poi arrivare all’autodiagnosi quando ormai mi sentivo senza speranza con disturbi sempre più evidenti nel parlare, nel masticare, nel deglutire, nel respirare, nel camminare”. Come ha reagito? “Non è stato facile. Sono andata in coma per un semplice raschiamento. È stato agghiacciante sentire le parole “La stiamo perdendo, dobbiamo tagliare, adrenalina”. Beh, in quel momento ho salutato il mondo. Mi sono chiesta tante volte “Perchè proprio a me, con le diagnosi e le indagini strumentali sbagliate” e ho dato nel mio primo libro, Oggi è il mio domani, una risposta “Devo diventare una paziente al mille per mille per calarmi a pieno titolo, io medico, nel mondo della malattia”. In realtà la forza, e ne ho dovuto trarne tanta, la devo agli affetti più cari, a mio marito e ai miei due figli. Da bambina al mio paese, Acquarica del Capo, mi chiamavano la “trista”: ecco, questa peculiarità è stata trasformata, vuoi per la mia professione di psichiatra, vuoi per la mia indole, in tenacia e costanza condite dal sorriso e dalla speranza”. Come le ha cambiato la vita? “L’esperienza del coma è stata un’esperienza unica ma, spero, irripetibile, anche se per la miastenia è sempre uno spauracchio. Inoltre, tra il rientro a casa con l’ossigenoterapia e l’autodiagnosi di miastenia, con il successivo primo intervento al timo, son passati ben sette mesi, senza che io avessi la forza nemmeno per pensare. Io chiamo quel lungo periodo “il mio limbo”. Pensavo di mettere la parola fine dopo appena quattro mesi, ma c’è stata la recidiva e un secondo intervento a cui è seguita la radioterapia. Da ben cinque anni mi sottopongo, come molti pazienti, ad un ciclo mensile di Immunoglobuline, per 5 giorni al mese per sette-otto ore al giorno. Paradossalmente la miastenia mi è stata di aiuto e, anzi, chiamo la mia malattia “la mia compagna di viaggio”, e mi ha aiutato a rinsaldare il mio amore per la vita. Lei è stata capace di sconvolgere la mia vita a cinquant’anni, come cancellare tutto in un attimo e passare nell’aldilà per poi essere di nuovo rispedita sulla terra e ritrovare quella giusta percezione del tempo, non più frenetico ma lento e vivificante. Dopo le diagnosi di miastenia gravis e di timoma, non riuscivo a fare più a. Una cosa mi rimaneva: la memoria e avevo voglia di nutrirla. La memoria del mio lontano passato è diventata la mia nuova energia vitale, la mia medicina salvifica. Chiusa in casa, nel silenzio, sono andata alla ricerca dei miei ricordi, a scandagliarli nei profumi e nei sapori, nei suoni, nella luce del Salento, nell’antro rugoso degli ulivi, abitati dai venti di tramontana e di scirocco, nel mare piatto a tavola o in tempesta della mia Torre Pali che non è più come allora, ma per me quel piccolo lembo di costa è stato il paradiso. Ecco perchè ‘Oggi è il mio domani’ non è affatto un libro di sofferenza e di dolore, nonostante la malattia. È un inno alla vita, alla speranza, ai sogni, al sorriso, anche ridotti a lumicino”. La scelta di scrivere Nobeldonne è in qualche modo collegata alla malattia? “Una sera, in attesa della mia seduta di radioterapia, stavo scrivendo una poesia, ‘Killer loop', dedicata ad un ragazzo che era entrato in quel momento in sala d’attesa e aveva il cappellino killer loop. Sotto niente capelli. Aveva solo vent’anni e aveva la leucemia. La poesia è contenuta nel mio libro di poesie ‘Quisquilie tra infanzia e radioterapia’. In quel preciso istante ho pensato a Madame Curie e alla scoperta del radio, così importante per la salvezza di tanti pazienti affetti da tumore che si sottopongono alla radioterapia. Di getto le ho dedicato una poesia ringraziandola per la sua ricerca a servizio dell’Umanità. La parola Umanità mi fece rievocare Madre Teresa di Calcutta Fu allora che mi chiesi: perché non dedicarmi alle donne Nobel? Il messaggio che voglio fra passare per chi leggerà ‘Nobeldonne’ è l’amore profondo di queste Donne per la ricerca, la totale dedizione al proprio lavoro e alla propria vocazione a completo servizio dell’uomo. Molte di queste piccole grandi indomite donne della Terra hanno lottato e lottano per la propria e altrui libertà, per la propria e altrui emancipazione, per il diritto delle donne a pari opportunità, senza perdere mai la speranza in un mondo migliore. Intrise di dolore e di partecipazione condivisa sono le parole struggenti di Aung San Suu Kyi: ‘Grazie, usate la vostra libertà per promuovere la nostra’”. // Chi sono le ‘Nobeldonne’ Il libro rappresenta un omaggio alle Donne Nobel, da cui il titolo ‘NobelDonne’, vere icone della Nobel intelligenza. Con la loro energia creativa e intellettuale, la loro forza interiore e il coraggio delle loro idee contribuiscono a diffondere e rafforzare la dignità universale del pensiero umano al di là di ogni differenza e di ogni distinzione all’interno dei saperi e delle culture. Stupisce come la dimensione umana, protesa verso la dignità della pace e la promozione dignitosa di ogni persona, sia il leitmotiv che indirizza la loro ricerca ad essere aggiuntiva verso le discipline della scienza, il cui fine deve essere sempre l’Umanità stessa nel suo farsi Storia. Soltanto un'educazione familiare caratterizzata da imparzialità ed una sensibilizzazione capillare che parta da tutte le scuole e da tutte le università, nonché da associazioni culturali e umanitarie, potranno modificare la vita delle donne nel mondo al fine di far primeggiare la mente e non il genere, essere cioè genderless, in un mondo ormai globalizzato in cui promuovere pari opportunità. // Antonia Occhilupo da vicino Antonia Occhilupo è nata ad Acquarica del Capo nel 1955 e vive a Lecce da più di vent’anni. Nel 1986 ha conseguito la laurea in Medicina e Chirurgia e poi la specializzazione in Psichiatria nell’Ateneo di Firenze, ma nel 1978 aveva già conseguito la prima laurea in Psicologia nell’Università di Padova. Nel giugno 2008 ha pubblicato il suo primo romanzo autobiografico ‘Oggi è il mio domani’ (I libri di Icaro, Lecce). Nell’agosto 2009 segue la prima raccolta di poesie ‘Quisquilie, tra infanzia e radioterapia’ (editore Martano, Lecce). Nel settembre 2010 esce ‘Nobeldonn’e (editore Milella, Lecce).
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