Uccise il figlio di due anni. Mele condannato a 30 anni

Lecce. Secondo il gup, al momento dell’omicidio il giovane era perfettamente cosciente di ciò che stava facendo

LECCE – 30 anni per aver ucciso, in una maniera tra le più crudeli possibile, il figlioletto di appena due anni. E’ la condanna emessa oggi per Giampiero Mele, 26enne di Taurisano, che quasi due anni fa sgozzò il figlio, Stefano, dal gup del tribunale di Lecce Carlo Cazzella. Accolta in pieno la richiesta del pm Guglielmo Cataldi. Secondo il giudice, il giovane era dunque perfettamente capace di intendere e di volere quando ha compiuto l’insano gesto. La difesa di Mele aveva chiesto ed ottenuto che il loro assistito venisse giudicato con rito abbreviato condizionato all'ascolto, in qualità di teste, del dottor Serafino De Giorgi, che aveva sostenuto l’infermità mentale al momento dell’omicidio. Una tesi smentita dai due consulenti nominati dal tribunale, lo psichiatra Domenico Suma e il professor Antonello Bellomo, secondo i quali il padre era perfettamente consapevole di ciò che stava facendo. I legali di parte civile, gli avvocati Alessandro Stomeo e Salvatore Centonze, avevano chiesto ilrisarcimento di a un milione di euro per l'ex compagna di Mele, Angelica Bolognese, e di 500mila euro per i nonni del piccolo; il gup ha riconosciuto una provvisionale di 100mila euro e stabilito che il risarcimento venga deciso in sede civile. 21 febbraio 2012 Stefano Mele. Chiesti 30 anni per il padre omicida LECCE – 30 anni di reclusione. Li ha chiesti oggi, al termine della requisitoria, il pm Guglielmo Cataldi per Giampiero Mele, il 26enne di Taurisano accusato della morte del figlio di appena due anni. Nel corso dell’udienza, davanti al gup Carlo Cazzella, ci sono stati anche gli interventi dei legali di parte civile, Alessandro Stomeo e Salvatore Centonze, i quali hanno confutato la tesi difensiva secondo cui il giovane fosse in capace di intendere e di volere mentre commetteva il folle gesto. L’infermità mentale al momento dell’omicidio è sostenuta dal consulente della difesa, il dottor Serafino De Giorgi, nella sua perizia e smentita dai consulenti del Tribunale, lo psichiatra Domenico Suma e il professor Antonello Bellomo. L'accusa nei confronti dell'imputato è di omicidio volontario con le aggravanti di aver agito con crudeltà e nei confronti di un essere indifeso per età, con premeditazione, nei confronti del figlio e per futili motivi. I legali di parte civile hanno chiesto un risarcimento pari a un milione di euro per l'ex compagna di Mele, Angelica Bolognese, e di 500mila euro per i nonni del bimbo. 19 gennaio 2012 Omicidio Mele. A confronto le tesi dei consulenti LECCE – E’ stato il giorno dei consulenti, oggi, al Tribunale di lecce, nell’ambito del processo a Giampiero Mele, il giovane di Taurisano accusato della morte del figlioletto Stefano di appena due anni. All’udienza che si è celebrata oggi davanti al gup del Tribunale di Lecce, Carlo Cazzella, sono stati sentiti i tecnici di accusa e difesa in contradditorio. La difesa, costituita dagli avvocati Gabriella Mastrolia ed Angelo Pallara, ha infatti ottenuto che il loro assistito venga giudicato con il rito abbreviato, condizionato all'ascolto del dottor Serafino De Giorgi, il quale, come già nei mesi scorsi, ha nuovamente sostenuto che il 26enne era incapace di intendere e di volere al momento dell'omicidio. La tesi di de Giorgi è stata smentita dai due consulenti nominati dal Tribunale, lo psichiatra Domenico Suma e il professor Antonello Bellomo che, ascoltati già in aprile, hanno dichiarato, in una perizia di circa 90 pagine, che Mele era presente a se stesso; ed il fatto di aver premeditato il folle gesto lo dimostrerebbe, assieme alla lettera lasciata dall’uomo ed agli acquisti effettuati nella ferramenta di Torre San Giovanni – il taglierino e la corda – strumenti che gli servivano per compiere il proprio proposito. L'udienza è stata aggiornata al prossimo 21 febbraio per la discussione del pm Guglielmo Cataldi. 17 novembre 2012 Uccise il figlio. Via all’abbreviato per Mele LECCE – Si è aperto oggi davanti al gup del tribunale di Lecce Carlo Cazzella il giudizio in abbreviato per Giampiero Mele, il 26enne di Taurisano che il 30 giugno 2010 uccise il figlio Stefano di appena due anni nella maniera più atroce possibile, cercando prima di strangolarlo con una corda e poi tagliandogli la gola con un taglierino. L'accusa nei confronti dell'imputato è di omicidio volontario con le aggravanti di aver agito con crudeltà e nei confronti di un essere indifeso per età, con premeditazione, nei confronti del figlio e per futili motivi. Secondo un esperto nominato dalla difesa (rappresentata dagli avvocati Gabriella Mastrolia ed Angelo Pallara), il dottor Serafino De Giorgi, al momento dell’omicidio Mele non era capace di intendere e di volere. Tesi smentita dai due consulenti nominati dal Tribunale, lo psichiatra Domenico Suma e il professor Antonello Bellomo che invece hanno sostenuto che il tragico ed insano gesto del 26enne sarebbe stato premeditato, almeno per due elementi: la lettera lasciata dall'uomo e l'acquisto della corda e del taglierino utilizzati per uccidere il piccolo. I legali di parte civile, gli avvocati Alessandro Stomeo e Salvatore Centonze, hanno chiesto un risarcimento pari a un milione di euro per l'ex compagna di Mele, Angelica Bolognese, e di 500mila euro per i nonni del bimbo. Oggi Mele si trova in una clinica specializzata in provincia di Bari. Le sue condizioni non sarebbero compatibili con il regime carcerario. 21 giugno 2011 Aggiornamento delle ore 15:30 Giampiero Mele. Chiesto l'abbreviato di Andrea Morrone LECCE – Quella di Stefano Mele, il bimbo di poco più di due anni barbaramente assassinato dal padre Gianpiero, 26enne originario di Taurisano, è una tragedia familiare che a distanza di un anno continua a scuotere le coscienze e a suscitare dolore e angoscia in tutto il Salento. Oggi, dinanzi al gup del Tribunale di Lecce, Carlo Cazzella, si è tenuta l’udienza preliminare del procedimento che vede come imputato il padre omicida. In quel tragico pomeriggio di inizio estate, era il 30 giugno, l’orrore e la follia si manifestarono in tutta la loro ferocia poco dopo le 15 in una palazzina di via Monte Pollino, alla periferia di Torre San Giovanni, marina di Ugento. Mele, dopo aver acquistato della corda in un negozio di ferramenta vicino alla sua casa al mare, fece un cappio, legò il figlioletto ad una porta e cercò di impiccarlo. Poi, per alleviarne le sofferenze, impugnò un taglierino (acquistato nella stessa ferramenta) e gli tagliò la gola. Sono questi i particolari di un omicidio difficile da spiegare, dettato dalla gelosia e dalla paura di essere abbandonato dalla propria compagna. Un delitto atroce che ha visto come vittima un bimbo innocente e che ha inesorabilmente distrutto due famiglie, ricordandoci, come ha scritto Eschilo, che il male esiste e spesso siede alla nostra stessa tavola. L’accusa nei confronti dell’imputato è di omicidio volontario con le aggravanti di aver agito con crudeltà e nei confronti di un essere indifeso per età; di aver agito con premeditazione, nei confronti di suo figlio e per futili motivi. Mele, che dopo l’omicidio cercò invano di togliersi la vita, procurandosi varie ferite all'addome e un profondo taglio alle vene del polso sinistro, usando con ogni probabilità la stessa arma con cui aveva assassinato il figlioletto, non era presente in aula. Il padre infanticida si trova attualmente ricoverato in una clinica specializzata in provincia di Bari. Le sue condizioni non sono, secondo una perizia eseguita dal dottor Domenico Suma a fine agosto scorso, compatibili con il regime carcerario. La difesa di Mele, rappresentata dagli avvocati Gabriella Mastrolia ed Angelo Pallara, ha chiesto e ottenuto che il loro assistito sia giudicato con il rito abbreviato, condizionato però all’ascolto di un teste: il dottor Serafino De Giorgi. Si tratta di uno dei consulenti nominati dalla difesa nell’ambito della perizia psichiatrica chiesta dal gip Nicola Lariccia per stabilire se il 26enne di Taurisano fosse incapace di intendere e di volere al momento dell’omicidio. Una tesi sostenuta dal dottor De Giorgi ma smentita dai due consulenti nominati dal Tribunale, lo psichiatra Domenico Suma e il professor Antonello Bellomo. I due esperti, sentite il primo aprile in sede di incidente probatorio, hanno stabilito, in una perizia di circa novanta pagine, che l’imputato era capace di intendere e di volere al momento del delitto. Una perizia che ha rafforzato la tesi dell'accusa secondo cui il tragico gesto di Mele sarebbe stato premeditato. Una tesi supportata principalmente da due prove: la lettera lasciata dall'uomo e l'acquisto della corda e del taglierino utilizzati per uccidere Stefano. Acquisti avvenuti poco prima di quel terribile omicidio. Secondo la tesi difensiva, invece, il giovane padre non era cosciente delle proprie azioni al momento del brutale omicidio. I legali di parte civile, gli avvocati Alessandro Stomeo e Salvatore Centonze, hanno chiesto un risarcimento pari a un milione di euro per l’ex compagna di Mele, Angelica Bolognese, e di 500mila euro per i nonni del piccolo Stefano. Il giudizio abbreviato si svolgerà il prossimo 17 novembre. Aggiornamento delle ore 13:30 LECCE – Il gip Carlo Cazzella ha fissato il processo abbreviato nei confronti di Giampiero Mele al 17 novembre. L’abbreviato è condizionato all’ascolto di Serafino De Giorgi, il consulente di parte della difesa che dichiarò il 25enne accusato di aver ucciso il figlio Stefano, incapace di intendere e di volere al momento dell’omicidio. I consulenti nominati successivamente dal gip hanno invece capovolto questo risultato affermando che il giovane era perfettamente in sé quando compì l’insano gesto. Intanto i legali di parte civile, Stomeo e Centonze, hanno chiesto un risarcimento di un milione di euro per la ex compagna di Mele, e di 250mila euro a testa per i nonni materni. 21 giugno 2011 Giampiero Mele davanti al gup LECCE – E’ in corso in queste ore presso il Tribunale di Lecce, l’udienza preliminare nei confronti di Giampiero Mele, il 25enne di Taurisano accusato dell’omicidio del figlioletto Stefano di appena due anni. Oggi il giudice dovrà decidere sul rinvio a giudizio del ragazzo. Il pm Guglielmo Cataldi, nell'avviso di conclusione indagini, gli contesta l'ipotesi di reato di omicidio volontario con una serie di aggravanti che gli fanno rischiare il massimo della pena. Le perizie effettuate dai tecnici hanno permesso di ricostruire l’esatta dinamica dell’omicidio che si è rivelato ancora più crudele di quanto si fosse creduto in un primo momento: il piccolo venne impiccato ad una porta e poi sgozzato con un taglierino. 22/04/2011 'Uccise il figlio impiccandolo alla porta' TAURISANO – La corda che Gianpiero Mele acquistò nel negozio di ferramenta vicino alla sua casa al mare, a Torre San Giovanni (Ugento) non servì per strangolare il figlio. Servì per farne un cappio, legarlo ad una porta e ad impiccarlo. Per alleviarne le sofferenze, poi, Mele impugnò un taglierino e con quello gli tagliò la gola. Sono ancora più raccapriccianti di quanto si credesse i particolari dell’omicidio del piccolo Stefano, due anni e mezzo, emersi dalle indagini del pm Guglielmo Cataldi che, nell’avviso di conclusione indagini, contesta al 25enne di Taurisano l’ipotesi di reato di omicidio volontario con una serie di aggravanti che gli fanno rischiare il massimo della pena: l’aver agito con crudeltà e nei confronti di un essere indifeso per età; di aver agito con premeditazione, nei confronti di suo figlio e per futili motivi (dimostrare alla moglie di che cosa è capace un uomo abbandonato). Mele inoltre era perfettamente in grado di intendere e di volere. Lo dimostrano le 90 pagine della perizia realizzata dai consulenti Domenico Suma ed Antonello Bellomo. I periti sono stati sentiti l’1 aprile scorso con la formula dell’incidente probatorio; il oro esame sarà acquisito nel processo che dovrebbe svolgersi in Corte d’Assise. 14 febbraio 2011 Nessun raptus: il papà di Stefano Mele era capace di intendere e di volere Gianpiero Mele, il 25enne originario di Taurisano accusato del brutale omicidio del figlio Stefano di soli due anni, avvenuto il 30 giugno scorso in una villetta a Torre San Giovanni, era capace di intendere e di volere al momento del delitto. A stabilirlo la perizia psichiatrica, i cui risultati sono stati depositati questa mattina, eseguita sul padre omicida da parte di due consulenti: lo psichiatra Domenico Suma e il professor Antonello Bellomo. L’incarico era stato conferito ai due specialisti lo scorso 22 luglio in sede di incidente probatorio. Si tratta di un passaggio fondamentale non solo per stabilire il futuro di Mele ma anche per le eventuali sorti del processo a carico del giovane infanticida. Il lavoro dei periti del Tribunale è stato affiancato da quello dei consulenti di parte: i legali di Mele, gli avvocati Gabriella Mastrolia ed Angelo Pallara, hanno nominato il dottor Serafino De Giorgi; Angela Bolognese, la mamma del bimbo ucciso, e la sua famiglia, rappresentati dagli avvocati Alessandro Stomeo e Salvatore Centonze, hanno conferito l’incarico a due specialisti di Bari, lo psichiatra Felice Carabellese ed il criminologo Michele Bruno. L’esito della perizia psichiatrica sembra rafforzare la tesi dell’accusa secondo cui il tragico gesto di Mele sarebbe stato premeditato. Una tesi supportata principalmente da due prove: la lettera lasciata dall’uomo e l’acquisto della corda e del taglierino utilizzati per uccidere Stefano. Acquisti avvenuti poco prima di quel terribile omicidio. Secondo la tesi difensiva, invece, il giovane padre non era cosciente delle proprie azioni al momento del brutale omicidio. Il padre infanticida si trova attualmente ricoverato in una clinica specializzata in provincia di Bari. Le sue condizioni non sono, secondo un’altra perizia eseguita dal dottor Domenico Suma a fine agosto scorso, compatibili con il regime carcerario. Articoli correlati Gianpiero Mele: a gennaio i risultati della perizia psichiatrica (20 ottobre 2010) Ugento shock: padre uccide figlio di due anni e tenta suicidio (22 settembre 2010)

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