Brindisi. Imputazione per corruzione, tangenti, arresti eccellenti. Sanzioni della Ue e sequestro del cantiere. Manca una settimana alla sentenza e la British gas dice di volersene andare
BRINDISI – Annuncia di abbandonare il campo, la British gas Italia, la società inglese che dal 2001 ha fatto richiesta al governo di costruire a Brindisi un rigassificatore: un imponente investimento da 800 milioni per trasformare il combustibile proveniente dall’est dalla forma liquida a quella gassosa. Un investimento che nei quattro anni previsti per la costruzione dovrebbe dare lavoro a mille persone. Su questo fa leva la British gas, sulla povertà di una terra sempre più depauperata e depredata delle sue risorse naturali: due centrali a carbone e un petrolchimico hanno seminato veleni per decenni e ora ettari ed ettari di impianti fotovoltaici sui terreni coltivabili o addirittura espiantando vitigni dop e uliveti la stanno desertificando. L’ad Luca Manzella tuona che 11 anni di attese sono inaccettabili, che nel Galles un impianto gemello è stato autorizzato in cinque anni. E le sue dichiarazioni suonano come minacce che arrivano a due giorni dall’ultima udienza del processo in corso a Brindisi (domani è prevista l’arringa finale della difesa della Bg, l’avvocata Giulia Bongiorno) dove i vertici aziendali sono imputati per corruzione e occupazione abusiva di area demaniale marittima nell’iter di autorizzazione dell’impianto. Un iter che va avanti da 11 anni, è vero, ma perché travolto da processi penali e amministrativi, denunce ed esposti in Procura, fino ad arresti eccellenti: il sindaco Giovanni Antonino fu arrestato perché accusato di essere stato corrotto da alcuni manager della Bg attraverso il meccanismo di finte consulenze per poter avere la concessione all’utilizzo di una porzione del porto, grazie anche alla connivenza dell’Autorità portuale. L’iter è durato talmente tanto che i capi d’imputazione dell’ex sindaco sono andati in prescrizione. Nel frattempo una porzione dell’area è stata sequestrata, ed è tutt’ora sotto sequestro, mentre la Comunità europea ha sanzionato l’Italia per aver ignorato la “direttiva Seveso”, che impone di ascoltare le comunità locali coinvolte in grandi progetti, e per la mancanza della Via, tanto che nel 2007 il governo Prodi fu costretto a sospendere in autotutela l’autorizzazione concessa nel 2003 senza valutazione d’impatto ambientale dal governo Berlusconi. Non è dunque vero quanto dichiarato da Manzella, ossia che mai la British gas ha ottenuto autorizzazioni in 11 anni. Anzi è vero il contrario. L’uomo che all’epoca coordinò i movimenti ambientalisti e le amministrazioni locali è Roberto Fusco, l’avvocato che per la Provincia di Brindisi presentò l’esposto alla Commissione europea, vincendo la partita e bloccando tutto. Ora è candidato sindaco con una sua lista civica, per Rifondazione e Idv, contro un Pd spaccato che si presenta con due candidati poco autorevoli e un Pdl che dal Pd si differenzia poco perché entrambi espressione delle lobby economiche che tengono sotto scacco Brindisi da decenni. “Mi auguro che la comunicazione della British gas di mettere in mobilità i 17 dipendenti dell'ufficio di Brindisi non sia l'ennesima forma di ricatto occupazionale perpetrato ai danni di una collettività povera (e quindi ancor più gravemente ricattabile) come quella di Brindisi, per ottenere dal governo Monti decretazioni di urgenza, caratteristiche di tale governo – dice Fusco, che conosce a fondo la vicenda -. La British gas sa benissimo – continua Fusco – di aver in altri tempi ottenuto in tutta fretta delle autorizzazioni (sul cui rilascio pende procedimento penale) prive delle necessaria completezza, per essere prive della valutazione di impatto ambientale, per mancata caratterizzazione, messa in sicurezza e bonifica del sito, per mancato idoneo svolgimento del procedimento di ascolto delle popolazioni previsto dalla direttiva Seveso). Pertanto la British gas non può imputare allo Stato italiano alcuna inefficienza se, nel riverificare l'anomalo rilascio delle originarie autorizzazioni, queste sono state dallo Stato sospese per tali vizi procedimentali”. Il 15 marzo prossimo è prevista la sentenza di primo grado. Solo allora si potrà fare una previsione credibile sul futuro del rigassificatore.
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