L’allarme di De Fabrizio: ‘spesa pubblica bloccata’

Lecce. Il presidente dell’Ordine degli ingegneri sul ritardo della spesa dei fondi Cipe e Ue. Le Aree vaste: ‘tutto fermo’

Lorenzo Daniele De Fabrizio, presidente dell’Ordine degli ingegneri della Provincia di Lecce fa parte insieme ad altri ordini professionali, le associazioni datoriali e i sindacati confederati, della Consulta delle costruzioni, un organismo nato circa un anno fa per dare risposte concrete alla crisi che ha messo in ginocchio il settore dell’edilizia. Presidente, la crisi sembra un buco nero che ingloba ogni settore economico. Qual è la sua analisi? “Circa un anno fa gli ordini professionali, le associazioni datoriali e i sindacati fondarono la Consulta delle costruzioni con il preciso obiettivo di dare delle risposte e delle proposte concrete al dibattito sulla congiuntura economica sfavorevole. Alla consulta delle costruzioni aderiscono gli ordini professionali degli Ingegneri, architetti e Collegio dei geometri; le associazioni datoriali; i sindacati confederati e insieme intendiamo indicare alle Istituzioni le priorità per uscire dalla crisi. La crisi attanaglia tutto il sistema economico italiano ma nella nostra Provincia è particolarmente sentita perché, prima che si arrestasse completamente, il comparto dell’edilizia civile è stato trainante per l’intera economia. Ora, la mancanza di lavoro e di commesse è determinato da una serie di fattori: da una parte le banche non favoriscono l’accesso al credito e chiudono i rubinetti alle imprese, dall’altra i ritardi intollerabili nei pagamenti degli enti locali, sia alle imprese sia ai professionisti, mettono in ginocchio il settore”. Eppure l’Unione europea stanzia miliardi di euro, di cui molti inutilizzati. Perché? “Il vero paradosso risiede nella incapacità degli enti locali di utilizzare i fondi pubblici che provengono dagli stanziamenti del Cipe e dall’Unione europea. Importanti opere infrastrutturali che potrebbero dare ossigeno alle imprese e ai professionisti, quali l’allargamento della 275, la strada delle Sette terre e il consolidamento di alcuni tratti di costa, sono bloccate. Si tratta di opere su cui avevamo registrato l’impegno dell’allora ministro Raffaele Fitto, perché inserite nel più ampio Piano per il Sud, su cui aveva trovato convergenza il presidente della Regione Puglia Nichi Vendola. A questo ritardo clamoroso si aggiunga il ritardo nella spesa dei fondi europei: in particolare, le Aree Vaste arrancano nella spesa destinata al potenziamento delle infrastrutture, dell’innovazione tecnologica, del sostegno alle imprese. Milioni di euro che, trasformati in commesse, darebbero nuova linfa alle imprese in difficoltà. Ma, se a questa lentezza degli Enti e delle Aree Vate, si aggiungono le conseguenze legate al rispetto del patto di stabilità da parte dei Comuni, allora la paralisi per le imprese e i professionisti è totale. I Comuni pur avendo le casse piene infatti non possono pagare proprio per ottemperare agli obblighi del patto di stabilità”. Le liberalizzazioni servirebbero a dare slancio all’economia, come proclama il governo Monti? “Il decreto Monti sulle liberalizzazioni ha introdotto norme che bloccano gli uffici tecnici degli Enti pubblici: le tariffe professionali infatti sono necessarie per stabilire la base d’asta degli appalti e, se eliminate, pongono problemi procedurali che i tecnici comunali non possono dirimere”. Che cosa serve, dunque? “Di fronte ai nodi posti dalla crisi economica la classe politica non sta agendo come dovrebbe. E’ necessaria un’azione unitaria, anche per rivedere l’intero sistema che norma il settore dell’edilizia. Gli investimenti sulla casa finora non sono stati incoraggiati concretamente. Gli effetti sperati che doveva dare il Piano casa non si sono avuti, perché la Regione Puglia ha mantenuto alti i costi per i cittadini: ha previsto delle premialità solo per l’aumento di volume ma non prevedeva l’abbattimento delle tariffe Tarsu e Ici, sebbene siano proprio queste le agevolazioni che possono rendere allettante un investimento. Inoltre vige ancora la cultura dell’incentivazione alle nuove costruzioni, ma il futuro dovrebbe andare in tutt’altra direzione, si dovrebbe puntare soprattutto alla riqualificazione del patrimonio edilizio esistente, agevolando investimenti che puntino al riuso delle costruzioni inutilizzate. Se non si punta, subito e senza tentennamenti, a questo tipo di interventi che diano entusiasmo al privato perché investa sulla riqualificazione del patrimonio edilizio esistente ma vetusto, si rischia di bloccare per sempre l’intero settore dell’edilizia”.

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