Tagli al Welfare. Gentile lancia l’allarme

Bari. In una lettera inviata a Vendola, Pelillo ed Introna, l’assessora al Welfare paventa un negativo effetto domino sulle comunità pugliesi

BARI – “Ogni euro sottratto alla spesa sociale produce con un effetto domino una catena di impatti negavi sulle nostre comunità”. Sono parole di Elena Gentile, assessora regionale al Welfare, che nelle scorse ore ha inviato una lettera al presidente Nichi Vendola, all’assessore al Bilancio Michele Pelillo, al presidente del Consiglio Onofio Introna nella quale sottolinea la gravosità dei tagli imposti dal Governo al sistema del welfare e della spesa sociale. Il rischio che si paventa per la Puglia è un’inversione di tendenza nel virtuoso processo intrapreso verso l’organizzazione di un welfare moderno. La lettera è stata scritta anche in vista della formazione del bilancio di previsione. Ecco il testo integrale della lettera di Gentile. Carissimi, la Puglia, dopo tanti anni di ritardo, è oggi tra le Regioni che possono vantare risultati concreti sul piano della organizzazione di un welfare moderno: abbiamo recepito la riforma nazionale con la nostra l.r. n. 19/2006, che nei tempi previsti è stata dotata di tutti gli strumenti attuativi, abbiamo adottato la programmazione regionale triennale ed è in corso di attuazione il secondo Piano Regionale delle Politiche Sociali, abbiamo dato ai gestori pubblici e privati dei servizi regole chiare e certe in materia di standard e di procedure per l’autorizzazione al funzionamento e la produzione di prestazioni sociosanitarie qualitativamente omogenee, abbiamo riformato il sistema delle IPAB realizzando anche nella nostra Regione una rete di circa venti Aziende di Servizi alla Persona, i nostri Comuni adottano e realizzano, sia pur con le fatiche che la gestione associata porta con sé, i propri Piani Sociali di Zona, siamo tra le prime regioni italiane ad avere organizzato la programmazione sociale per obiettivi di servizi a cui far tendere il sistema di offerta. Ma soprattutto la Puglia è la Regione che ha scelto di investire 570 milioni di euro di fondi FESR e 70 milioni di euro di fondi FSE per accrescere l’offerta strutturale di servizi sociali, socio educativi e sociosanitari e per l’inclusione sociale dei soggetti svantaggiati: oltre il 10% del quadro complessivo delle risorse finanziarie dei fondi strutturali a disposizione della Puglia per il 2007-2013. Oltre 150 interventi finanziati per realizzare o ristrutturare asili nido, oltre 200 interventi finanziati per realizzare centri diurni per disabili, comunità per minori, residenze sociosanitarie assistenziali per anziani, centri polifunzionali per malati di Alzheimer, centri antiviolenza e case rifugio per vittime di tratta e di violenza. Insieme agli investimenti che sono stati attivati grazie agli aiuti regionali introdotti a partire dal 2008, siamo la prima Regione che, coraggiosamente, misura l’avanzamento fisico del suo programma di sviluppo non sono in termini di numero di progetti, di incidenza di impegni giuridicamente vincolanti, di avanzamento della spesa certificabile, ma anche e soprattutto di incremento di posti-nido per i nostri bambini, di posti letto per i nostri anziani, di posti utente nei centri diurni e, finalmente, anche in termini di “VIO”, quella valutazione di impatto occupazionale che dal 2010 abbiamo voluto sperimentare per rappresentare plasticamente che ogni euro speso per il sociale non è un costo improduttivo, ma è un investimento capace di produrre benessere per l’utente e il suo nucleo familiare, e anche posti di lavoro qualificati e prodotto interno lordo, insomma ha un valore economico oltre che sociale. Questi numeri, assolutamente sintetici, sono persino poco rappresentativi dello sforzo fatto dalla Puglia per superare definitivamente la logica degli interventi parcellizzati per target o per fonte di finanziamento nelle politiche sociali, per intraprendere decisamente la strada dell’integrazione sociosanitaria, per strutturare in modo omogeneo le reti di servizi in ogni Ambito territoriale o Distretto sociosanitario. E questo in un contesto nazionale assai difficile, anzi direi nonostante il contesto nazionale che può essere così descritto: – il finanziamento del Fondo Nazionale Politiche Sociali ha visto dinamiche di stop and go che non hanno certo aiutato la programmazione regionale e il consolidamento di importanti investimenti sociali, fino ai drastici tagli cui assistiamo da un paio d’anni; – non si è riusciti ad implementare una misura unica a livello nazionale di contrasto alle povertà estreme, che sia il Reddito Minimo di Inclusione o altra formula – non sono stati definiti i livelli essenziali di assistenza o di prestazioni (LEP), lasciando sostanzialmente inapplicata la lett. m) del comma 2 dell’art. 117Cost, con le conseguenze che ancora in queste settimane tocchiamo con mano, nel percorso di attuazione della l.n. 42/2009 di riforma in senso federale dello Stato italiano; – è stato azzerato il Fondo Nazionale per le Non Autosufficienze che anche per la Puglia si è rivelato, invece, essenziale per sostenere la costruzione di una rete di servizi domiciliari (ADI) necessari anche per il ridisegno del servizio sanitario regionale che vuole superare la centralità dell’ospedale, per potenziare la rete dei servizi sanitari territoriali per le fragilità e le cronicità; – i tagli delle ultime manovre hanno lasciato sostanzialmente inapplicato il comma 5 dell’art. 13 del D.Lgs. n. 68/2011 con specifico riferimento ai livelli essenziali delle prestazioni, nelle materie dell’assistenza. Oggi ci troviamo di fronte ad uno scenario che, se realizzato, produrrebbe effetti che non esito a definire devastanti per il sistema di welfare pugliese e con esso: – per le famiglie che vivono in condizioni di fragilità o precarietà economica, per le famiglie che hanno carichi di cura importanti per l’educazione dei bambini e per presa in carico di persone non autosufficienti – per i lavoratori del sociale e le loro famiglie, cui potrebbe venire a mancare il lavoro, e con esso spesso l’unica fonte di reddito e una solida prospettiva di affermazione personale e professionale – per le tante imprese sociali, organizzazioni del terzo settore, piccole imprese di giovani e di donne che nell’erogazione dei servizi di cura per le persone hanno investito capitali, progetti, professionalità – per il sistema economico e produttivo pugliese, che perderebbe uno dei pilastri su cui poggiano le speranze di ripresa e di crescita, quello della qualità della vita, della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, del sostegno per i soggetti espulsi dal mercato del lavoro e per quelli che fanno fatica ad entrarci e a rimanerci traendone mezzi sufficienti al sostentamento della propria famiglia. Anche qui pochi ma significativi numeri: – tra il 2008 e il 2011 la spesa sociale trasferita dal Governo nazionale alla Puglia si è ridotta da circa 86 a poco più di 19 milioni di euro, con la prospettiva dell’azzeramento assoluto dei trasferimenti per il 2012; – la Regione Puglia ha finanziato i Piani Sociali di Zona e i servizi sociali dei Comuni potendo contare nel periodo 2006-2011 su un avanzo di risorse mai usate dai precedenti governi regionali, riuscendo in qualche modo ad attutire gli effetti dei tagli degli ultimi anni, grazie ad una accorta gestione dei fondi a disposizione; – il Bilancio regionale dal 2006 al 2009 ha superato i 40 milioni di euro di stanziamento annuo, che sono andati a cofinanziare la spesa sociale nazionale per il finanziamento dei servizi attraverso i Piani sociali di Zona, ma anche per il sostegno alla gestione degli asili nido e per l’introduzione degli assegni di cura e della prima dote per i nuovi nati; dopo il 2010, che ha segnato una brusca frenata a causa dello sforamento del patto di stabilità interno, nel 2011 la spesa regionale è ritornata a sfiorare i 30 milioni di euro. Oggi siamo alla vigilia della formazione del Bilancio regionale di previsione per l’anno 2012 e la Puglia, come le altre regioni italiane, deve fare i conti con un continuo calo dei trasferimenti dallo Stato per via dell’azzeramento dei trasferimenti ex Bassanini, per la cancellazione del Fondo per la non autosufficienza, per il rispetto del Patto di stabilità. La manovra “Salva-Italia” approvata dal Governo Monti domenica 4 dicembre , pur nella criticità del momento, ha assicurato un fondo per le Regioni di 500 milioni di Euro per il trasporto pubblico locale, mentre restano purtroppo confermati al momento i tagli assoluti per il FNSP e il FNA, per cui è pari a 0 lo stanziamento in favore della Regione per il finanziamento dei servizi sociali alle autonomie locali, pur in vigenza di una serie di norme che pongono diversi vincoli per l’erogazione di prestazioni essenziali e interventi indifferibili. In questa dura situazione la Puglia deve puntare almeno a consolidare i servizi attivati in questi anni, a garantire i presidi territoriali più importanti, a sostenere il sistema degli Enti locali obbligati dalle leggi vigenti ad assicurare i cosiddetti interventi indifferibili (minori fuori famiglia, minori stranieri non accompagnati), a potenziare la capacità di accoglienza di anziani soli non autosufficienti e di disabili gravi nella rete dei servizi sociosanitari unica alternativa ai ricopri inappropriati negli ospedali o nelle strutture sanitarie extraospedaliere ad elevata intensità assistenziale. Non possiamo correre il rischio di lasciare da sole le famiglie costrette a scegliere tra l’asilo nido del figlio e il lavoro della sua mamma, tra la retta del centro diurno e l’isolamento del figlio disabile, tra la badante a nero e una rete qualificata di assistenti familiari. Né possiamo indurre nei gestori delle strutture e dei servizi nati negli ultimi anni in ogni angolo di Puglia anche solo il pensiero di licenziare il personale assunto, il personale riqualificato, con la riduzione dei posti letto attivi, a causa del ridimensionamento della domanda delle famiglie e della committenza dei Comuni. Ogni euro sottratto alla spesa sociale produce con un effetto domino una catena di impatti negavi sulle nostre comunità. In altre Regioni, ormai da alcuni anni, si è fatta la scelta coraggiosa, ma trasparente insieme, di dichiarare la necessità di una addizionale irpef finalizzandola chiaramente verso la spesa sociale, indicando anche quali servizi o prestazioni il gettito IRPEF avrebbe assicurato. In Puglia questo finora non è stato possibile, tra l’altro per l’attuazione de piano di rientro in sanità, ma anche per i minori gradi di libertà che il nostro Bilancio presenta, e tuttavia questa è l’ora di fare scelte coraggiose, anche grazie alle notizie positive che giungono dal fronte del contenimento della spesa sanitaria. In altre Regioni una quota della spesa sociale, quella per concorrere al pagamento dei LEA sociosanitari (RSSA, centri diurni, comunità socio riabilitative, case per la vita, ..), è assicurata in quota fissa annualmente dal Fondo Sanitario Regionale. In Puglia ancora non si è riusciti a definire la quota del budget per la sanità territoriale da destinare alle strutture sociosanitarie, consentendo alle ASL una celere e trasparente programmazione dei posti letto o dei posti utente da assicurare nei distretti, eppure anche questa scelta potrebbe produrre effetti positivi sulla razionalizzazione della spesa complessiva. Non è pensabile colmare con il Bilancio regionale il gap che ci separa da un finanziamento appena sufficiente della rete dei servizi, e neppure colmare i tagli operati a livello nazionale, e tuttavia occorre fare ogni sforzo possibile per confermare la spesa socialeregionale e, per quanto possibile, incrementarla per la quota di cofinanziamento regionale dei Piani Sociali di Zona, con le reti dei servizi che gli stessi hanno consentito di attivare in questi anni. Le stime delle strutture tecniche dell’Assessorato portano a oltre 58 milioni di euro un fabbisogno per il prossimo anno corrispondente alla necessità di assicurare il finanziamento ancora per un anno agli assegni di cura e alla prima dote, alle rette per le comunità familiari in cui accogliere i minori allontanati dalle rispettive famiglie, alle rette dei centri socio educativi e riabilitativi per disabili e anziani affetti da demenze senili, agli interventi per affrontare i casi di violenze e abusi, alle rette per l’accoglienza residenziale degli anziani più indigenti e dei disabili senza supporto familiare. Poter stanziare tali risorse e ripartirle tra i Comuni associati in Ambiti territoriali consente loro di dare prosecuzione alla programmazione avviata e assumere a loro volta i necessari impegni, pur consapevoli tutti che – in assenza di modifiche alle regole per il rispetto del patto di stabilità interno – la liquidazione delle stesse somme resta subordinata ai vincoli di finanza pubblica. E’ una questione di solidarietà, certo, ma con un occhio alla tenuta del sistema Puglia nel suo complesso: infatti è un problema di equità, di esigibilità di diritti sociali costituzionalmente riconosciuti, di sostenibilità degli investimenti già realizzati, di crescita dell’occupazione e del PIL della nostra Regione. E’ una questione di dignità, insomma, degli assistiti, delle loro famiglie, degli operatori sociali, degli imprenditori sociali. E’ una questione di principio e di coerenza per una Regione che cerca il suo riscatto in un modello di sviluppo moderno, capace di coniugare crescita ed equità, diritti e equilibrio finanziario, lavoro e cura.

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