Prodotti cinesi non sicuri. Sequestro da milioni di euro

GUARDA IL VIDEO. Gallipoli. Due giorni, il 5 ed il 6 settembre, di controlli. Oltre un milione di capi sprovvisti di informazioni a tutela del consumatore

GALLIPOLI – Maxi sequestro in due esercizi commerciali di Gallipoli, gestiti da cittadini di etnia cinese operanti nel settore della vendita di abbigliamento ed accessori, in cui la Compagnia della guardia di finanza di Gallipoli, con il coordinamento del Comando provinciale di Lecce, ha sottoposto a sequestro oltre un milione di capi ed accessori vari per l’abbigliamento importati dalla Cina (pantaloni, scarpe, intimo, camicie, cinture, borsellini uomo donna, occhiali, borse, bigiotteria, cosmetici, peluche, collane ecc), tutti sprovvisti delle informazioni minime a tutela del consumatore e del valore commerciale di alcuni milioni di euro. I due esercizi commerciali, situati nel centro della città jonica, secondo le risultanze dell’attività svolta dalle fiamme gialle gallipoline, erano di grosse dimensioni ed accoglievano tantissimi clienti, i quali, attratti dai prezzi notevolmente convenienti dei prodotti (da un minimo di 1 ad un massimo di 35 euro), non erano sufficientemente informati riguardo alle modalità di fabbricazione, alla provenienza ed alla qualità della merce posta in vendita, che comunque appariva di normale fattura ed in scia con le tendenze della moda del momento. Gli accertamenti sono stati condotti nei giorni 5 e 6 settembre, durante i quali i finanzieri hanno scandagliato ogni singolo prodotto, verificandone le rispondenze ai requisiti di legge. Si tratta di un'azione di controllo dalla duplice finalità: da un lato, garantire che i prodotti di qualsiasi specie immessi sul mercato, sia realizzati in Italia o nell’Unione Europea sia importati dalla Cina, rispondano ai requisiti di sicurezza per i consumatori previsti dalle direttive comunitarie e dal Codice del Consumo; dall’altro, tutelare la libera concorrenza tra tutti gli operatori di mercato, evitando che l’economia legale venga danneggiata dall’immissione nei circuiti commerciali di prodotti realizzati a costi di produzione bassissimi, dovuti all’impiego di manodopera anche minorile sfruttata; all’utilizzo di coloranti, collanti, filati, tessuti, plastiche, resine altamente tossiche, cancerogene o che causano forti allergie nonché, in molti casi, all’evasione dei dazi doganali all’atto dell’importazione in Italia.

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