Intervista ad Antonello Taurino. La politica si oppone all'esibizione del suo spettacolo sull'uranio impoverito
Antonello Taurino, trentenne, autore e interprete teatrale di Copertino, è stato, con la sua prima partecipazione nel 2003, il comico più giovane ad esibirsi sul palco di “Zelig”. Quest'anno, dopo tanti ruoli interpretati sotto la direzione di altri registi, ha debuttato con il suo “Miles Gloriosus, ovvero morire di uranio impoverito”, uno spettacolo a metà tra una commedia comica e una denuncia sociale. “Racconto una storia di soldati, di misteri, di morti e di colpe. Vicende di malati, tribunali e assurdità dove – ci spiega Taurino – si alterna la comicità alla riflessione, la guerra al precariato degli artisti, la cultura dei teatri a quella targata Gigi D’Alessio”. Cerchi di descriverlo brevemente. Ci troviamo di fronte a un doppio livello testuale e drammaturgico, a due storie. La prima: una delle pagine più oscure e incredibili della recente cronaca italiana; quella dei soldati delle missioni di “pace” nei Balcani che si sono ammalati di tumori e leucemie a causa dell’uranio impoverito presente nei missili degli aerei Nato, nelle guerre degli anni 90’. Soldati che muoiono senza assistenza, sparsi nel tempo e nello spazio, lontani dal clamore retorico del patriottismo nostrano. Gente dimenticata, di serie B. Il secondo livello, più leggero e vicino a noi, parla di due teatranti un po’ cialtroni che faticano a lavorare come artisti e ripiegano sulla partecipazione a spettacoli degradanti ma ben pagati, o peggio, sul suonare ai matrimoni. Eppure, i due, volendo riportare nelle sale il teatro civile, cercano la tragedia “libera” da raccontare, su cui Marco Paolini non abbia già fatto uno spettacolo. Ardua impresa, in effetti, perché “raccontar sfighe” è un filone molto battuto dalla scena italiana, e tra le Fosse Ardeatine di Ascanio Celestini e gli anni di piombo di Marco Baliani, ai due giovani è rimasta solo quelle delle vittime dell’uranio impoverito. Perché la scelta è ricaduta proprio sull'uranio impoverito? Era davvero l'unico tema ancora da trattare? Probabilmente no. Quello sull'uranio è, però, un argomento del quale si parla poco perché è molto complesso. È difficile affrontarlo soprattutto perché è in continua evoluzione. Una ferita aperta. Come ha deciso di impostare il suo lavoro davanti ad un caso così delicato? La delicatezza della lunga vicenda ha imposto una ricerca estesa e dettagliata. Durata quasi tre anni, è passata da libri, studi scientifici a volte contrastanti. Poi ho passato al setaccio sentenze, interviste a soldati e parenti di vittime incontrati su e giù per l’Italia. Mi sono, infine, dedicato molto allo studio dei documenti ufficiali di Commissioni Parlamentari e del Ministero della Difesa. Un'impresa difficile, tant’è che questa documentazione dovrà continuare anche in futuro, visto che tutt’oggi è al lavoro una Terza Commissione Parlamentare d’inchiesta sull’uranio impoverito. Ogni settimana controllo i risultati dei lavori pubblicati in rete e, se necessario, aggiorno lo spettacolo, il cui testo può cambiare anche radicalmente: una sorta di costante instant-play. Ma oltre alla difficoltà del continuo aggiornamento, ci sono i rischi di una storia che scotta. In che senso? Nel senso che dell’uranio, in verità, si parla poco perché è un argomento pericoloso. Nello spettacolo sono enumerati ostacoli, complicazioni inspiegabili, se non addirittura preoccupanti minacce, subite da chi della faccenda ha provato ad interessarsene. A lei com'è andata fino ad ora? Partendo da Milano, ho già portato lo spettacolo un po' in tutta Italia. Qui nel Salento, avevo preso accordi per alcune repliche proprio nei giorni che precedono il referendum. La finalità era quella di sensibilizzare la gente per il voto sul nucleare, argomento affine a quello dell'uranio. Tuttavia, sembra che un eminente politico locale abbia consigliato all’assessore di turno di evitare l'esibizione. Per adesso è andata così, ma spero che, nonostante tutto, per luglio ci riusciremo. È proprio così complicato parlare di questa tragedia? A volte può esserlo. D'altronde, l’Osservatorio Militare e il sito “Vittime Uranio” parlano, in totale, di circa 200 militari morti e 2600 malati, mentre per il Ministero della Difesa queste cifre sono da ridursi a un terzo. Chiaro, no?
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