Al Petruzzelli, la ‘Norma’ del rogo

Bari. Norma risorge dopo vent’anni. E’ andata in scena il 25 maggio al teatro barese l’opera al termine della quale, nel ’91, divampò l’incendio

di Fernando Greco BARI – A vent’anni dal fatidico rogo che lo distrusse, il rinato Teatro Petruzzelli ha riproposto quello stesso allestimento della “Norma” di Vincenzo Bellini al termine del quale, nella notte tra il 27 e il 28 ottobre 1991, divampò l’incendio. Oggi si tratta di riprendere un discorso lasciato troppo a lungo in sospeso, esorcizzando i fantasmi del passato per fare spazio al futuro con speranza e ottimismo. L’elegante allestimento barese, coprodotto con il Teatro Comunale di Bologna e con il Verdi di Trieste, si è avvalso della regia di Federico Tiezzi e delle scene di Pier Paolo Bisleri, nonché delle pregevoli immagini di Mario Schifano. La quercia e la luna rappresentano gli elementi stilizzati di un mondo metafisico, dove la tragedia dei sentimenti si consuma in maniera atemporale, priva di dettagli cronologici, ma ricca di simboli universali. Ecco allora apparire, tra i bei costumi di Giovanna Buzzi, il contrasto tra le vesti dei Galli, di taglio orientaleggiante e quasi tibetano, segno di una spiritualità primordiale, e le armature dei Romani, di un generico taglio occidentale, simbolo di una civiltà più avanzata. Ecco comparire il trenino e la palla con cui giocano i bambini, oggetti immediatamente riconducibili all’infanzia. Funzionale alla resa complessiva l’intelligente light – design di Gianni Pollini.

Norma

Questa “Norma” ha potuto contare sulla presenza di due indiscusse fuoriclasse del Belcanto, ovvero il soprano Carmela Remigio nel title-role e il mezzosoprano Sonia Ganassi nel ruolo di Adalgisa. Lontana dal cliché della sopranona straripante di voce e di adipe, la Remigio ha scolpito a tutto tondo il personaggio della protagonista con non comune perizia scenica e vocale, risultando sempre credibilissima nei diversi momenti della sua tragedia. Ieratica sacerdotessa, madre accorata, amica affettuosa, disperata amante, il soprano ha saputo dare senso drammatico ad ogni frase, ad ogni parola, dominando il palcoscenico con indubbia autorevolezza. E se la sua vis scenica si è rivelata pari a quella di un’attrice, parimenti la sua voce, pur non sfoderando un volume eccezionale, si è mantenuta intatta e penetrante su tutta la tessitura, rispettando la partitura belliniana in ogni sua nota. Il canto di Sonia Ganassi, qui addomesticato a un ruolo più remissivo rispetto a quelli a cui ha abituato il suo pubblico (ricordo ancora con emozione la sua leonina Ermione al Rossini Opera Festival nel 2008 e la sua Rodelinda all’ultimo Festival della Valle d’Itria), è pur sempre una gioia per le orecchie. Forte di una tecnica formidabile, la cantante ha regalato anche in questa occasione un’interpretazione dal sapore antico, quasi neoclassico, complice lo splendido velluto della sua voce e una galvanizzante presenza scenica. Il ruolo di Pollione è stato affrontato onorevolmente da Andrea Carè, tenore giovane e bello che da qualche anno si sta facendo strada con successo nel mondo della lirica grazie a un raro e lussureggiante assetto vocale da tenore drammatico. Anche a Bari la sua voce si è mostrata di rara bellezza nell’affrontare il canto disteso e stentoreo di pagine quali la sua aria di sortita o il finale dell’opera; un po’ meno a proprio agio nel canto di agilità, come nel caso della cabaletta “Me protegge, me difende”. Bisogna però ammettere che, se è già raro reperire un bravo tenore drammatico, è ancora più raro, dopo i fasti di Chris Merritt o Gregory Kunde, trovare oggi un bravo tenore drammatico che sia anche di stampo belcantista. Menzione d’onore per il basso Giacomo Prestia, molto efficace scenicamente e vocalmente nel ruolo di Oroveso. Validi il mezzosoprano Laura Comi e il tenore Massimiliano Chiarolla nei rispettivi panni di Clotilde e Flavio. L’Orchestra della Fondazione Petruzzelli ha suonato egregiamente seguendo la personalissima bacchetta di Roberto Abbado, che nei momenti più scopertamente eroici, dal sapore quasi protoverdiano, ha staccato tempi velocissimi, mettendo talora in difficoltà il volenteroso Coro della Fondazione Petruzzelli istruito da Franco Sebastiani. In alternanza, nei momenti più lirici e nei lunghi recitativi prevaleva una lentezza a tratti estenuante.

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