Dal proliferare di impianti energetici al disinteresse nei confronti delle attività tradizionali; dalla mancata pianificazione urbanistica all’aumento della Tarsu e alla raccolta differenziata praticata a macchia di leopardo. Sono tanti i problemi che i futuri sindaci salentini dovranno affrontare. Se saranno in grado di farlo
di Alfredo Ancora Sarebbe bello se i 61 candidati sindaci dei 21 Comuni che vanno al voto ed i 1.114 candidati che si sono presentati per ottenere un posto nei rispettivi Consigli comunali fossero tutti – ma proprio tutti – animati da un genuino e disinteressato senso di partecipazione alla vita collettiva dei rispettivi Comuni. Il degrado nella vita sociale del nostro Paese si sente ad ogni livello, anche a quello comunale dove purtroppo è sempre più difficile anteporre gli interessi di tutti, della comunità appunto, a quelli particolari, di parte. Caduto il collante dell’ideologia che una volta teneva uniti i cittadini intorno ai partiti, portavalori ognuno di una particolare idea di società, si è verificata una sempre più accentuata atomizzazione degli interessi che porta al “tutti contro tutti” in una guerra per guadagnarsi un posto al sole che però non aiuta i cittadini e la collettività. E sarebbe già tanto se questi micro interessi fossero almeno comuni ad una categoria o ad un ceto. Spesso invece a far premio su tutto è proprio l’interesse più infimo, quello privato, che fa sgomitare i più furbi per lasciare indietro i più ingenui, coloro che all’interesse pubblico credono ancora. E’ da questa frammentazione degli interessi, da questo inseguire il particolare, che nascono le difficoltà a creare delle squadre omogenee, affiatate, dove il lavoro di squadra venga privilegiato sul risultato personale. Non si spiegano altrimenti le divisioni, il moltiplicarsi delle liste, i voltafaccia improvvisi che fanno cambiare casacca pur di restare in sella. E di esempi in queste elezioni amministrative se ne potrebbero fare tanti a cominciare da Comuni piccolissimi, dove si è stati capaci di mettere in campo addirittura quattro candidati sindaco ed altrettante liste. Sarebbe molto curioso sapere su che cosa si sono divisi e quali sono le quattro diverse idee per la gestione di quei minuscoli Comuni che le quattro liste portano avanti. Non facciamo nomi, basta scorrere l’elenco dei Comuni salentini al voto, basta rievocare le storie ed i racconti precedenti alla presentazione delle liste per capire che il fenomeno è diffuso e, perciò, preoccupante. D’altra parte non si spiega diversamente la crescente difficoltà ad amministrare con continuità Comuni grandi e perciò complessi come possono essere Nardò, che va alle urne dopo l’interruzione traumatica ma annunciata della sua amministrazione guidata dal sindaco Antonio Vaglio, o Casarano che ci andrà l’anno prossimo, ad appena due anni dall’elezione del sindaco Ivan De Masi. A fronte di questo sfarinamento della politica e della capacità di creare coesione intorno a interessi forti e generali, si assiste sconcertati ed impotenti all’assalto selvaggio del territorio salentino da parte delle società che promuovono le fonti alternative di energia, come l’eolico e il solare, mettendo sotto i piedi tutto, dalla dignità delle persone chiamate a lavorare in quei cantieri al territorio che ne esce devastato. Un assalto senza programmazione e senza pudore nei confronti di una terra che ha ben altre vocazioni che quella di diventare un deserto di pannelli neri. E gli enti pubblici tacciono, forse perché, attanagliati dalla crisi e dal taglio dei trasferimenti statali, lucrano la miseria di poche royalties che riviene loro dalle concessioni a pioggia. Così però cambiano faccia alla nostra terra, gettano alle ortiche la nostra agricoltura e la cultura che ad essa era ed è legata. Una terra, la nostra, che per molti amministratori locali non vale a, che si può usare e consumare a piacimento. Perché, altrimenti, tutti i nuovi Pug ed i Prg sono sempre espansivi, rosicchiano altra terra senza mai puntare alla qualità urbana delle nostre città? Forse perché coi soldi degli oneri di urbanizzazione possono tappare qualche buco in bilancio. E che dire della gestione dei rifiuti? A fronte di bollette Tarsu sempre più care, ormai fra le più care in Italia, i cittadini ricevono un servizio in molti casi pessimo, una raccolta differenziata a macchia di leopardo – dove molto arretrata e dove invece all’avanguardia – ma senza che fra le une e le altre ci sia differenza nei costi sempre più alti ed ingiustificati che ricadono sui cittadini. E i sindaci con le loro amministrazioni zitti e silenti. Al massimo balbettano indecenti giustificazioni quando invece dovrebbero armarsi di coraggio e guidare la battaglia per servizi efficienti a costi contenuti. Le stesse battaglie che alcuni, per esempio a Poggiardo e Nardò, hanno saputo mettere in campo quando si è trattato di difendere i propri ospedali. Intanto la crisi morde, le aziende chiudono e la disoccupazione aumenta, soprattutto fra i giovani a cui hanno rubato il futuro. Non avranno compiti facili, i nuovi amministratori comunali che usciranno vincitori dalle elezioni del 15 e 16 maggio. Ma il compito più arduo e difficile che essi dovranno affrontare, sarà forse quello di riguadagnare il senso vero di comunità nella vita civile e sociale dei nostri Comuni. Se ne avranno la stoffa.
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