Colitti jr, depositate le motivazioni. ‘La baby testimone è inattendibile’

LECCE – Sono state depositate ieri le motivazioni della sentenza con cui lo scorso 27 dicembre i giudici del Tribunale per i minorenni hanno assolto, per non aver commesso il fatto, Vittorio Luigi Colitti, il ventenne (minorenne all’epoca dei fatti) accusato, in concorso con il nonno, dell’omicidio di Peppino Basile, il consigliere dell’Italia dei Valori assassinato a Ugento la notte tra il 14 e il 15 giugno 2008. Nelle oltre centotrenta pagine di sentenza i giudici (presidente Aristodemo Ingusci, estensore Lucia Rabboni) smontano, passo dopo passo, l’ipotesi accusatoria: “Ritiene il collegio che il materiale indiziario esaminato, orfano della prova principale rappresentata dalla testimonianza della piccola testimone, non sia affatto grave e congruente verso la colpevolezza, potendo ogni singolo indizio essere suscettibile di spiegazione alternativa”. Il collegio giudicante spiega come proprio la testimonianza, fondamentale per l’accusa, della bimba che dalla finestra della casa dei nonni materni, di fronte al luogo del delitto, racconta di aver assistito all’omicidio, riconoscendo poi i Colitti come gli autori dell’aggressione, sia da giudicare inattendibile. “Non è possibile – si legge nella sentenza – attribuire alle dichiarazioni della minore, soprattutto per ciò che concerne il riconoscimento dell’imputato, quel connotato di attendibilità necessario per un’affermazione di penale responsabilità”. La baby teste (sulla cui valutazione della prova testimoniale i giudici si soffermano per ben cinquanta pagine), dunque, non è attendibile, se non per quanto riguarda due circostanze: “L’essersi svegliata in seguito alle urla di Basile, e l’essere andata alla finestra insieme alla nonna”. Per il resto, “nell’aggressione descritta dalla bimba attimi vissuti realmente si mescolano a dati di fantasia e notizie sull’omicidio acquisite dall’esterno”. Riguardo alle false dichiarazioni rilasciate da Colitti junior riguardo alla notte dell’omicidio, il collegio spiega come non si tratti della volontà di cerarsi un falso alibi, poiché “le contraddizioni non incidono sul dato, immodificato e sostanziale, che al momento dell’omicidio l’imputato era comunque da tempo rincasato”. Riguardo alle intercettazioni a carico della famiglia Colitti, i giudici evidenziano come “non vi sia un solo riferimento a una diretta responsabilità di nonno e nipote nell’azione omicidiaria”. Inoltre anche la tempistica non sembra coincidere, poiché Vittorio Luigi avrebbe avuto solo “tre minuti per salire a casa, comunicare quanto accaduto ai genitori, ripulirsi o almeno togliersi gli abiti, e decidere di seguire il padre in strada”. Labile, infine, anche il movente dell’omicidio, frutto, secondo l’accusa, di vecchi conflitti e dissapori accumulatisi negli anni tra i Colitti e la vittima: “Nessuno, in tutto il processo – si legge nella sentenza –, fa riferimento a eventuali motivi di malanimo fra Basile e i Colitti”. Riguardo alle piste alternative, la Corte si sofferma principalmente sulla cosiddetta pista Vaccaro (il presunto collaboratore di giustizia che in un primo momento ha fornito con le proprie dichiarazioni – salvo poi ritrattarle – una ricostruzione alternativa dell’assassinio di Basile), spiegando come “il repentino cambio di versione manifestato in udienza dal Vaccaro non appare così semplicemente giustificabile con la “patente” di inattendibilità rilasciatagli dalla Dda di Lecce”. “Il Vaccaro – scrivono ancora i giudici – nell’aprile del 2010 ha ricevuto una lettera da parte di Bove di pesante minaccia e in udienza non ha nascosto la contrarietà per non essere stato inserito in nessun programma di protezione e di temere per moglie e figli”. Vaccaro, è bene ricordarlo, dichiara inizialmente di essersi adoperato in prima persona per fare un piacere ad un amico, un imprenditore leccese (nel frattempo deceduto), e “dare una lezione a Basile” e per fare ciò si sarebbe rivolto a un suo sottoposto, Pio Bove. “Nell’avvertimento dell’imminente pubblicazione degli imbrogli dell’imprenditore – conclude il collegio – sembra riecheggiare quella “bomba” della quale il Basile aveva parlato con due suoi amici”.

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