Corruzione: 'alto il rischio per la pubblica amministrazione'

Lecce. Intervista a Roberto Tanisi, presidente della giunta dell'Associazione nazionale magistrati del capoluogo. Per il giudice, la diminuzione dei reati e dei relativi procedimenti è solo apparente

E’ un dato in controtendenza rispetto a quello di principali uffici giudiziari d’Italia, quello relativo ai reati contro la pubblica amministrazione emerso nella lunga relazione con cui il presidente della Corte d’Appello, Mario Buffa, ha inaugurato il nuovo anno giudiziario. Contrariamente, infatti, a distretti come Roma e Palermo, quello che comprende Lecce, Brindisi e Taranto, vede un’apparente caduta verticale di tali reati e dei relativi procedimenti iscritti, tanto da far apparire il fenomeno corruttivo come sottostimato. Una disanima che il giudice Roberto Tanisi, presidente della giunta dell'Associazione nazionale magistrati di Lecce, condivide solo in parte. Dottor Tanisi, come mai presso la Corte d’Appello nel 2010 non risultano definiti o pervenuti processi per corruzione? “Bisogna innanzitutto partire da un elemento statistico e cioè che i dati cui si fa riferimento nell’inaugurazione dell’anno giudiziario si fermano al 30 giugno. Mi risulta che fatti anche gravi di corruzione siano emersi oltre questa data. Basti pensare al processo che vede coinvolto Flavio Fasano e che è già arrivato alla fase dibattimentale. Può anche darsi che nel periodo preso in considerazione non siano pervenute o che non siano poi sfociate in una richiesta di rinvio a giudizio, delle notizie di reato concernenti ipotesi di corruzione”. Nella sua relazione il presidente Buffa si chiedeva se sia subentrata in tal senso una sorta di demotivazione nei giudici o se sia più difficile indagare in questo campo. Lei cosa ne pensa? “Non penso si possa parlare di demotivazione. Ritengo che ciclicamente all’interno di una Procura vi sia un periodo di assestamento, dovuto al naturale avvicendamento dei magistrati e a quelle carenze di organico che solo recentemente sono state in parte colmate. Non bisogna dimenticare, inoltre, che quella salentina è una procura in prima linea nella lotta alla criminalità organizzata. Un fronte che richiede, come tutti sanno, un notevole impegno di uomini e risorse. L’insieme di queste circostanze, unito alla complessità che questo tipo di indagini hanno per svariati motivi, da quello legislativo a quello politico, rende particolarmente difficile l’emersione del fenomeno corruttivo che sicuramente non è scomparso ma che tantomeno viene sottovalutato”. Quali sono le difficoltà per i magistrati, soprattutto quelli più giovani, nel condurre questo tipo di indagini? “Si tratta senza dubbio di indagini complesse, difficili da scoprire e legati a uno strumento indispensabile come quello delle intercettazioni telefoniche. Proprio questo mezzo di ricerca della prova è sempre più spesso al centro di forti critiche e disegni di legge che vorrebbero limitarne l’uso. Basti pensare alla recente proposta dell’onorevole Vitali di sanzionare civilmente il pubblico ministero le cui indagini non arrivino a giudizio. Un contesto difficile da affrontare, dunque, specie per i colleghi più giovani”.

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