È uscito per le Edizioni La Gru, il libro di Meri Nigro, autrice esordiente di Ceglie Messapica. L’opera riflette sulla condizione dell’essere umano
È uscito nella collana Crisalidi delle Edizioni La Gru (www.edizionilagru.com) “Il mendicante di pensieri” di Meri Nigro, autrice esordiente di Ceglie Messapica (Brindisi). L’opera è scritta in forma di diario ed è una riflessione sulla condizione dell’essere umano. Tutto ha inizio quando la protagonista regala a un mendicante un diario al posto della solita moneta. E qui si apre l’universo di una ragazza che potrebbe essere definita una “giovane Werther del XXI secolo”, ma molto innamorata della vita al punto da volerla afferrare nella sua pienezza. “L’uomo ha infinitamente bisogno dell’uomo”. Questo è il messaggio forte che Meri ci vuole dare, ed è il messaggio che tutti dovrebbero avere bene in mente, senza finire per dividere ciò che va unito. L’empatia, la solitudine e l’amore incondizionato sono temi centrali del diario. Ad ogni pagina il tempo sembra essere scandito dal suono del mondo interiore, dalle domande, dai sogni nel sottile spazio che separa dalla realtà; una realtà materiale a volte lontana e priva di appigli, perché priva di amore che è l’unica vera possibilità di sentirsi felici. “La gente. Quanta vita si porta dietro, quanta vita passa qui, in questa stazione. È triste a volte respirarla, è nauseante vederla sorridere all’arrivo; è ancora più nauseante vederla piangere in un saluto. Mi ricorda i suoi occhi, la vita; per questo adesso non riesco a sopportarla. E adesso sono qui, immobile da un’eternità. Il mio silenzio è il rumore costante dei treni che sferragliano, le urla dei bambini, le voci impazzite che non dicono niente. Il mio silenzio è qualche risata di scherno, è qualche occhiata assordante di compassione, è il rumore di una monetina che qualche volta cade nel mio cappello. Una di tutte quelle facce che si rincorrono qui, in questa galleria che trabocca di vita e di impegni per non sentire bussare l’anima nella gola, mi ha lasciato un diario accanto al cappello. Era una faccia comune eppure profumava di diverso, aveva negli occhi una strada scavata di lacrime quando ha accennato un sorriso di malinconia. Non era compassione, era quasi ammirazione; perché a volte essere liberi è anche poter essere niente”.
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