La vita ai tempi delle emergenze ambientali

Siamo davvero in balia di eventi imprevedibili e incontrollabili oppure è una questione di incuria e di cattiva gestione?

Alluvioni, frane, smottamenti, esondazioni. Si potrebbe dire che in Italia “piove sul bagnato”, ma l’ironia è fin troppa amara per lasciare spazio al sorriso. L'alluvione recente nel Veneto, i ricorrenti danni da maltempo, alcuni dei quali finiti in tragedia, ripropongono con forza il problema dell’assetto idrogeologico. Nonostante il 70% dei comuni Italiani si trovi in zone ad alto rischio sismico o idrogeologico, tale circostanza non ha mai fatto diventare la cura del territorio e la qualità ambientale una priorità d’intervento per il nostro Paese. Oggi come già in tantissime altre occasioni nel passato, siamo ad assistere impotenti e rassegnati all’ennesima conta dei danni. Danni alle persone, all’agricoltura, alle attività produttive, e ultimamente anche al nostro inestimabile patrimonio culturale. Il recente crollo della Domus dei Gladiatori a Pompei e prima ancora del grottone della Domus Aurea a Roma non possono essere semplicemente bollati come fatalità. Sono certamente qualcosa di più grave ed allarmante. Sono il segno di uno Stato che rinuncia a manutenere, gestire e valorizzare il proprio patrimonio e abdica all’emergenza. Non si spiegherebbe diversamente la decisione di far gestire un sito patrimonio Unesco come Pompei da un commissario della Protezione civile. Ma basterà chiedere la testa del Ministro per sanare una situazione che sconta anni di incuria e cattiva gestione? L'Italia sembra condannata a subire calamità naturali. Ma è davvero così? Si può chiamare calamità una situazione ricorrente al limite del prevedibile? Secondo stime della Confederazione Italiana Agricoltori, dal 1950 ad oggi si sono spesi circa 55 miliardi di euro per riparare i danni causati da calamità naturali. Pare che, sarebbe bastato destinare il 20% di questa cifra ad opere di manutenzione del territorio per evitare molti disastri, soprattutto in termini di perdite umane. L’Italia è un paese ad alto rischio idrogeologico. Se qualcuno avesse ancora qualche dubbio in proposito può rifarsi al rapporto “Ecosistema rischio 2009” di Legambiente-Protezione Civile che stima in 5670 i Comuni esposti a rischio frane, praticamente 7 comuni su 10. A ciò si deve aggiungere l’alto tasso di abusivismo edilizio che fa dell’Italia una vera e propria anomalia europea: quasi una costruzione su quattro infatti è abusiva. La conoscenza di tali dati di lapalissiana evidenza, mina le fondamenta del concetto stesso di emergenza. Non sarebbero quindi calamità naturali ma tragedie annunciate quelle che attirano l’attenzione della cronaca di questi giorni. E’ pertanto necessario separare nettamente la gestione delle emergenze da una organica politica ambientale di prevenzione. L'ambiente è un tema centrale delle politiche dell'Unione europea. L’approccio con il quale sono affrontate le questioni ambientali si basa sull’integrazione di tale tematica in tutte le politiche settoriali. Si tratta di un approccio globale e strategico che va oltre l’applicazione normativa e considera l’ambiente un fattore di competitività essenziale per lo sviluppo. Non è un caso che lo sviluppo sostenibile sia stato inserito tra gli obiettivi dell'Unione Europea già con il trattato di Amsterdam del 1997. A supporto della politica ambientale, l’UE mette a disposizione diversi finanziamenti. In primis per volume i fondi strutturali, destinati a finanziare interventi di recupero, bonifica, messa in sicurezza, miglioramento della qualità della vita, lotta al degrado e sviluppo di tecnologie pulite. Tra i programmi specifici il più importante è il Sesto programma di azione per l'ambiente (2002 – 2012) intitolato “Ambiente 2010: il nostro futuro, la nostra scelta” che, di fronte all’aggravarsi di fenomeni quali i mutamenti climatici, l’inquinamento, la gestione dei rifiuti,l’erosione del suolo, l’esaurimento delle risorse, individua 4 priorità d’intervento:  Contrastare il cambiamento climatico  Tutelare la natura e la biodiversità  Affrontare i legami fra ambiente e salute dei cittadini  Preservare le risorse naturali e migliorare la gestione dei rifiuti Esistono poi altri Programmi dedicati come LIFE + (2007 – 2013) e lo Strumento finanziario per la protezione civile (2007 – 2013), nonché misure destinate ad efficienza energetica, fonti rinnovabili, sistemi di trasporto sostenibili. Come si vede, la politica europea per l’ambiente è davvero di ampio spettro e non mancano finanziamenti e buone prassi sul tema. Cosa rende allora così difficile per l’Italia adeguarsi allo spirito profondo di questa politica? Perché continuare a percepire come vincolo ciò che può rappresentare un opportunità di sviluppo e di crescita occupazionale ed imprenditoriale? Purtroppo in Italia c’è da colmare non tanto un deficit politico o economico quanto culturale. Ancora per molti l’ambiente è vissuto come vincolo, come rinuncia ad abitudini, comodità, individualismi. La scarsa sensibilità ambientale si accompagna poi ad una miopia di fondo che impedisce di guardare oltre il “contingente” e di cogliere il legame di interdipendenza tra economia, ambiente e qualità della vita. C’è da augurarsi che non debba passare ancora tanta altra acqua SOPRA i ponti, prima che le cose cambino!

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