Si richiama l'attenzione sulla chiusura della sede di Melissano. Critiche al sindaco di Lecce per la campagna “Non BIOMASSAcriamo l'aria”
Nuova lettera dei dipendenti Italgest di Melissano che vogliono mantenere alta l'attenzione sull'annunciata chiusura della sede aziendale per il 31 dicembre 2010. L'appello per riuscire a conservare il posto di lavoro è indirizzata ai Ministri del Lavoro, Maurizio Sacconi, dello Sviluppo Economico, Paolo Romani e per gli Affari Regionali Raffaele Fitto; al Presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, al Prefetto di Lecce, Mario Tafaro e al Presidente della Provincia di Lecce, Antonio Gabellone. La missiva si conclude con una nota polemica diretta a Paolo Perrone, Sindaco di Lecce, al quale i dipendenti di Italgest, contestano la campagna pubblicitaria, a forte impatto (anche visivo) dal titolo “Non BIOMASSAcriamo l'aria”.

“Sulle centrali a biomasse non bisogna abbassare la guardia”, aveva detto Perrone pochi giorni fa. Un riferimento chiaro verso quei progetti che prevedono la realizzazione di due impianti appena fuori dalla città: Heliantos 1 di Italgest e la centrale biodiesel da 37 megawatt di Cavallino. Perrone ha ribadito che la sua non è una battaglia “contro qualcuno”, ma “contro un progetto in contrasto con la vocazione della città”, e si era dichiarato disponibile “a ragionare con l’imprenditore De Masi per la riqualificazione della stessa area, ma in una direzione diversa, ad esempio un parco fotovoltaico”. Il testo Il 31 dicembre 2010 la sede di Melissano del Gruppo Italgest di Paride De Masi chiuderà i battenti e con essa tutti noi, dipendenti e collaboratori, saremo costretti a cercare altrove un nuovo posto di lavoro: questa è, al momento, l’unica certezza. Noi tutti siamo ancora scossi dalla notizia del nostro Presidente, né mai avremmo immaginato che avrebbe potuto gettare la spugna in questo modo. Uno dei pochi imprenditori che avevano deciso di investire sul proprio territorio, avvalendosi di risorse e professionalità locali, ora è costretto, suo malgrado, a lasciare la Puglia alla ricerca di altri luoghi in cui investire, in cui creare nuove opportunità, benessere e occupazione. E noi? Chi si occuperà di noi? Delle nostre famiglie? Dei nostri figli? Abbiamo dato tanto a questa azienda e tantissimo essa ha dato a noi, umanamente e professionalmente, ma dall’1 gennaio 2011 rimarremo a casa. Nel corso di questi anni abbiamo lavorato, fra le altre cose, alla realizzazione di impianti di produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile (eolico, fotovoltaico e biomasse), con impegno, costanza e professionalità, ma soprattutto in linea con gli obiettivi fissati dal Governo italiano, dall’Unione europea e, più in generale, dalla comunità internazionale per contrastare il preoccupante fenomeno del riscaldamento globale. Progetti normativamente e tecnicamente corretti in cui non abbiamo riposto solo tutte le nostre energie ed il nostro futuro, ma anche la speranza di contribuire alla salvaguardia ambientale ed allo sviluppo economico della nostra Regione. Da qualche tempo, però, intorno a questi progetti s’è creato un clima di ostilità e ostruzionismo che ha di fatto paralizzato l’attività della nostra azienda, per i motivi più disparati, che non spetta e non interessa a noi commentare o elencare. Come, ad esempio, la lentezza burocratica. Come mai, ci chiediamo, i procedimenti autorizzativi, che dovrebbero avere ex lege una durata complessiva massima di 180 giorni, nella nostra Regione hanno una durata minima di 3 anni? Come mai nessuno interviene? Ad oggi, le Amministrazioni Pubbliche hanno bloccato e/o negato l’iter autorizzativo per iniziative eoliche e a biomassa da noi presentate nel lontano 2007, avallando anche strumentalizzazioni di puro terrorismo mediatico, con dichiarazioni e/o manifesti pubblicitari di dubbio gusto. Come dovremmo sentirci in questo momento? Al danno si aggiunge la beffa di un manifesto in cui si legge: “Non BIOMASSAcriamo l’aria. Grazie alla nostra battaglia la centrale a biomassa a Lecce non si farà”. Firmato: “Città di Lecce”. Ma la battaglia contro chi? La città di Lecce era in guerra con qualcuno? L’unica certezza è che per adesso questa battaglia ha prodotto solo delle “vittime”: noi. 20 ottobre 2010 – Italgest chiude. I dipendenti scrivono a Fitto e Vendola di Maria Luisa Mastrogiovanni Dopo l'intervista del presidente del gruppo Italgest Paride De Masi, uscita su Quotidiano del 16 ottobre scorso, diversi articoli sui giornali annunciavano che 250 dipendenti sarebbero andati a casa. In realtà, nell'intervista, De Masi parlava del piano industriale del gruppo che non si sarebbe più potuto realizzare e dei 250 posti di lavoro previsti in futuro e che ormai non si sarebbero più potuti attivare. Quindi, un tam tam mediatico e una cattiva, ahimè, informazione, che forse in modo strumentale ha preso qualche abbaglio, ha fatto nascere il “caso Italgest” con “250 famiglie a casa”. Ora arriva un comunicato firmato “dipendenti e collaboratori Italgest”, in cui si annuncia una lettera a Fitto e Vendola. Non si chiarisce di quante persone si stia parlando. Forse la società e i dipendenti dovrebbero specificare quali mansioni ricoprano per immaginare insieme alla politica e ai sindacati una loro ricollocazione. E forse, in quella lettera, in calce ci dovrebbero essere le firme, con nome e cognome. Per non far capire, a noi giornalisti superficiali, fischi per fiaschi. Il comunicato A seguito della riunione di ieri finalizzata a valutare le azioni da intraprendere con riferimento alla decisione della proprietà di Italgest di chiudere al 31.12.2010 la sede di Melissano, i dipendenti e collaboratori di Italgest dichiarano quanto segue. “Intendiamo, prima di tutto, ringraziare quanti, a vario titolo, hanno manifestato la propria solidarietà a noi dipendenti e collaboratori di Italgest ed all’azienda. Abbiamo deciso che scriveremo una lettera aperta al Ministro Fitto ed al Presidente Vendola per richiamare la loro attenzione sulla annunciata chiusura della sede aziendale di Melissano al 31 dicembre 2010 e per invocare il loro intervento al fine di individuare una possibile soluzione anche attraverso la costituzione di un tavolo istituzionale per scongiurare la perdita del nostro posto di lavoro. Abbiamo, altresì, nominato quale nostro portavoce il collega Mauro Sarcinella, responsabile Area Sviluppo“.
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