Racconto una storia. Che mi è costata due anni di pensieri. Di riflessioni. Sicuramente non è un pensiero conclusivo. Sicuramente cambierà nel tempo. Ma per due anni non sono riuscito a scrivere niente su ciò. E un punto è un punto. E va fissato.
Sono stato per due anni e mezzo assessore di un Comune del Salento di poco meno di 7mila abitanti. Ogni volta che un ragazzo decideva di andare lontano per studio o per lavoro ho sempre vissuto quel momento come una sconfitta. Come un piccolo dramma che si consumava: affetti da lasciare, famiglie da trascurare. Cercare di immaginare a centinaia di chilometri di distanza cosa stesse accadendo ai propri cari solo da una telefonata serale: troppo corta per raccontarsi tutto. Troppo lunga per non sentire ancora di più la lontananza. Poi sono andato via anch’io. Ho chiesto due raccomandazioni ad altrettanti sindaci di comuni vicini al mio per fare dei colloqui in aziende. Colloqui regolarmente avvenuti, regolarmente conclusi con esiti interlocutori. Regolarmente i due primi cittadini hanno battuto cassa per il loro “interessamento” chiedendo contropartite politiche (soldi non li avrei mai dati a nessuno!). Al terzo colloquio non ho chiesto niente e me ne sono andato. Sei mila euro di master più vitti e alloggi per 9 mesi. Sei mesi di stage a 700 euro al mese. Oltre mille km da casa e tanti “consiglieri” che mi davano del folle perché avevo lasciato il posto “alla comune” per un’incognita. Che per me voleva dire solo dignità. Oggi, a distanza di due anni per ogni giovane che va via dalla mia terra sono felice. Per due ragioni. La prima banalissima: perché mi sono sempre sentito cittadino del mondo e non me ne frega niente di dove una persona voglia andare a sbattere le corna soprattutto se è alla ricerca di realtà che possano valorizzare le proprie esperienze. La seconda un po’ più complessa, almeno per me, e che è maturata piano piano ogni volta che in questi due anni sono tornato a casa anche solo per pochi giorni o poche ore. L’unica speranza per il sud è un’eutanasia della sua società. Non ci sono cure. Non ci sono rimedi. Non c’è sviluppo. Credo si debba radere al suolo tutto e ricostruire da zero. Non si può sconfiggere una classe dirigente che fa del clientelismo l’unica ragione di vita. Il 90% dei politici che parlano di “sviluppo per il territorio” stanno pensando a come diffondere incertezza, precariato, disoccupazione, per poter poi intervenire da uomini della provvidenza trovando un posto di lavoro nel call center di qualche speculatore ai tanti giovani che li hanno votati speranzosi. Per poterli far fare i metronotte in qualche ipermercato creato da un giorno all’altro con varianti urbanistiche approvate in fretta e furia per consentire a qualche mafioso (non mafioso con coppola e lupara, ma con agenti di borsa e doppio petto) di riciclare i propri soldi. Salvo poi dopo sei mesi, ritrovare tutti in mezzo ad una strada perché l’operazione di riciclaggio/immobiliare è andata a buon fine e in una notte spariscono scaffali, carrelli e insegne. La Puglia ha avuto le sue opportunità nel biennio rosso. Durante i primi anni del fascismo con una resistenza che non ha avuto eguali in Italia. Nel dopo guerra con l’occupazione dell’Arneo, con le lotte delle tabacchine. Poi la Puglia borghese degli anni ’60, ’70 e soprattutto ’80 non ha vissuto nessuno slancio nobile. Sottosegretari alle Poste hanno creato eserciti di portalettere, sudditi fedeli. Onorevoli e portaborse hanno reso i pugliesi fedeli alle armi come nessun altro: tutti militari. Tutti col posto fisso. Tutti pronti a votare con lo stesso spirito con il quale si marcia. Persino le cooperative agricole sorte nei passati decenni di cooperativo non avevano niente. Gestite in modo assolutamente padronale erano perlopiù centri per la distribuzione di prebende sottoforma di giornate lavorative in numero tale da consentire il raggiungimento dell’indennità di disoccupazione a casalinghe che mai avevano messo piede in un campo. Ovviamente il tutto convergeva sul politico locale pronto a diventare sindaco alla prima occasione. Una destra bigotta e massonica e una sinistra saccente, spocchiosa, lontanissima da chi vorrebbe rappresentare, si trovano concordi sulla gestione oligarchica delle cose pubbliche. A Vendola affiderei la gestione della mia casa: sulla sua onestà non ho mai avuto dubbi. Ma la sua strategia puzza di berlusconismo da molto lontano. Il culto dell’uomo solo al comando, il non voler creare una struttura che consenta di sostenere, emendare, criticare le idee del capo è molto rischioso: l’assolutismo diventa buon governo solo con il sovrano illuminato, difficile da trovare. Altrimenti è pura tirannia. Anche chi si impegna a creare realtà produttive e commerciali pulite, lontane dalle mafiose tecniche di gestione dell’economia del Meridione finisce con l’essere complice inconsapevole dei nostri oligarchi che espongono le esperienze meritorie, pulite, innovative, come frutto della loro illuminata politica e come diversivo per l’opinione pubblica, ovviamente grazie a tantissima stampa compiacente, che viene distratta dall’ordinaria amministrazione. Amministrazione ordinaria che funziona grazie ad un meccanismo semplicissimo, ma molto efficace: chi vuole riciclare il proprio denaro non ha da fare altro che trovare un amministratore amico, chiedere di accelerare i tempi ed eliminare intoppi su un eventuale investimento in cambio di soldi e posti di lavoro che il nostro politico distribuirà in modo da garantirsi la rielezione per continuare a servire altri mafiosi e così via. Non serve impegnarsi per questo sud. Questo sud va semplicemente assassinato. Andiamo via tutti! Smettiamola di impegnarci. Non si sconfigge una cultura ancestrale come quella clientelare in pochi anni. Smettiamola di somministrare cure palliative. Smettiamola di prolungare la sofferenza della nostra società. Meglio una morte dignitosa. Via tutti! Lasciamo i nostri vassalli locali a governarsi da soli. Togliamo loro le nostre tasse. Togliamo loro i nostri voti. Togliamo loro i nostri numeri che barattano in cambio di altri, più remunerativi e prestigiosi incarichi. Tutti via! Torneremo. Invaderemo. Vinceremo. E il sud sarà di nuovo nostro. Ma non ora. Ora è il momento delle scelte difficili. Ora è il momento di salire sull’Aventino. Muoia Sansone con tutti i Filistei. Muoia il Sud con chi da tempo lo ha assassinato e continua a nutrirsi del suo cadavere.
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