Leandro Cantamessa, legale del Milan, analizza il calcio salentino. E racconta che cosa non vediamo
Intervista ad uno degli avvocati più esperti di diritto sportivo. Cosa muove il calcio, verso quali direzioni. Con un occhio alle realtà salentine.
A cosa serve un legale per le società di calcio? E' fondamentale. Perchè?Perchè il calcio è un'industria, se non sbaglio la terza del paese. Credo non sia pensabile che altre industrie, magari le prime o le seconde, ne possano fare a meno. Si fa fatica a fare a meno degli avvocati nel privato, può immaginare in ambito industriale. E che problemi legali si affrontano in una società di calcio?I problemi sono determinati dal fatto che il diritto sportivo è un contenitore di tutti gli altri diritti. Ci sono questioni che riguardano il diritto civile, cioè la contrattualistica, con gli sponsor. Contratti di lavoro. I rapporti con i dipendenti diversi da quelli sportivi perchè le società sportive hanno vita comune, salvo lo sport, con le altre società. Le controversie disciplinari perchè i codici disciplinari hanno una loro autonomia con le loro regole processuali. Quanto conviene investire nel calcio, in una società calcistica? Lecce e Gallipoli lo scorso anno erano entrambe in serie B: una è riuscita ad essere promossa e l'altra è fallita. Il Gallipoli ha avuto prima un presidente appassionato che ha investito…Senta, non dica “investito”, dica che ha “speso”. Questa è la verità. E’ così importante questa differenza?Avere una squadra di calcio non è un affare. É una passione. Io sono un collezionista nato, non è che compro le cose che interessano le mie collezioni per fare un affare, non ci penso nemmeno. Le compro perchè mi piace, perchè sono un collezionista. Ci sono soggetti che hanno la passione del calcio e hanno quel minimo di disponibilità finanziarie e invece di andare al casinò o di spendere per altri piaceri, decidono di investirli nel calcio i loro denari. Però, io escludo che si possa diventare ricchi con una squadra di calcio e fino ad oggi credo sia pressocchè impossibile non metterci del denaro. Forse con il sistema del fair play dell'UEFA, che però diventerà operativo tra diversi anni, forse si potrà avere il pareggio del bilancio, ma è difficile. Una squadra di calcio non è un affare. E tornando al nostro calcio salentino, perché secondo lei un presidente un anno decide di spendere e l'anno successivo subentra un presidente che fa fallire una società. Perchè rilevare una squadra se non si ha intenzione di spendere, allora?Facciamo così: questa domanda la faccio io e la risposta prova a darmela lei perchè io non saprei proprio cosa rispondere. Ci sono casi clamorosi, quelli del Bari, del Bologna, con soggetti che sono arrivati promettendo acquisti, hanno avuto riscontri mediatici e poi sono spariti. Io mi domando, però, che valore abbiano questi riscontri mediatici per questi soggetti. Francamente sono valori negativi dal mio punto di vista che sono stato ben educato. Evidentemente per quelle persone non è così: pur di apparire per una settimana sui quotidiani sono disposti a fare i simulatori. C'è un abisso tra serie A e serie B e tra neopromosse e squadre di vertice. Soprattutto dal punto dei vista dei costi: un calciatore dell'Inter costa quanto tutta la rosa del Lecce.C'è un abisso. Sono due mondi, soprattutto oggi una volta separate le due leghe, ancora più segnati nel senso che sono ambiti completamente diversi. Sono diversi per prospettive. Sono diversi per valori, non sempre sono abissalmente diverse per costi perchè un soggetto che ha una squadra di serie B e la vuole portare in A affronta dei costi molto pesanti e quindi non proporzionati alla serie B. Perché in questo caso, quello che lei chiama “investimento”, ha degli obiettivi. Però, i valori sono completamente differenti. Basta vedere i valori dei diritti televisivi della A e della B. I valori delle sponsorizzazioni della A e, quando ci sono, della B. Non trova un po’ di incongruenza nel fatto che il cartellino di un campione valga 20 milioni di euro e quello del terzino della squadra neopromossa, che magari riesce a fermarlo durante il campionato, valga 800 mila euro? Come si giustificano certe somme? La parola “giustificata” non la condivido tanto. É una questione di mercato da un lato e di disponibilità economica dall'altro. Cominciando dal secondo: se non ho i soldi per fare un'operazione non la devo fare. Questa è la mia regola, personale, non di tutti. La seconda regola è che se il mercato genera concorrenza su un certo bene, immaginato come bene un calciatore, allora vuol dire che quello è il valore. Non c'è niente di scandaloso in questo. La morale non c'entra proprio un fico secco! Finchè ce n'è va bene così, poi io penso che non durerà per molto perchè il mercato, contrariamente a quanto pensano gli ideologi della sinistra, ha la sua virtù. E' una virtù spesso che interviene in modo brutale perchè taglia. Prima di tutto elimina i cattivi: c'è una specie di rupe tarpea del mercato che butta giù i soggetti che non vanno bene e questo è già un sistema brutale, ma che rientra nel meccanismo. E poi, se il mercato non chiama più, i prezzi di abbassano. Questo è il secondo profilo virtuoso. I costi dei soggetti che devono investire si abbassano: quando va male è brutale, quando va bene è graduale. E' interessante il vocabolario che sta utilizzando. Con questa terminologia come potete immaginare che la gente continui ad andare allo stadio?Andare allo stadio oggi è veramente problematico perchè le regole per l'accesso sono terrificanti ed esiste una concorrenza da divano della televisione. Io mi rendo conto che andare allo stadio è un'impresa. Io non riesco a vedere allo stadio i bambini, le famiglie. La passione, però, non dovrebbe ridursi perchè la passione dipende dai risultati. Il gioco del calcio è un gioco bellissimo oggettivamente. É lo sport nazionale. Direi che è lo sport nazionale europeo e non solo europeo, è difficile che la passione cali. Io penso che la passione tenderà a globalizzarsi come, sventuratamente, tutto il resto. Quindi ci saranno, in un futuro non lontano, soggetti che seguiranno più dal vivo, dal divano, il campionato spagnolo piuttosto che quello inglese. Questo penso che sia più probabile: la deprovincializzazione del calcio.
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