Vittorio Luigi Colitti, il 19enne (minorenne all’epoca dei fatti) accusato, in concorso con il nonno, dell’omicidio di Peppino Basile, il consigliere dell’IdV assassinato ad Ugento la notte tra il 14 e il 15 giugno 2008, non solo avrebbe mentito riguardo all’orario in cui era rincasato la notte dell’omicidio, ma avrebbe convinto anche l’amico, Luigi Ponzetta, che era con lui a fornire false informazioni ai carabinieri per “coprirlo”. E’ quanto emerso oggi nel corso della nuova udienza, nell’aula del Tribunale per i minorenni di Lecce, del giudizio immediato nei confronti di Colitti junior. L’accusa, rappresentata dal sostituto procuratore minorile Simona Filoni, ha ascoltato, infatti, la mamma di Ponzetta, Mariluce Scorrano. Un interrogatorio incalzante quello del pubblico ministero, teso a ricostruire non solo orari e spostamenti dei due ragazzi, ma anche a dimostrare come le dichiarazioni dei due amici fossero state in precedenza concordate. Il 2 luglio 2008, racconta la dottoressa Filoni verbali alla mano, Vittorio Colitti racconta ai carabinieri di essere tornato a casa verso le 0.15. Il giorno dopo Luigi Ponzetta, su indicazione pare del padre, chiama Stefano Colitti (padre di Vittorio Luigi) e lo invita a casa dei genitori. Nella telefonata, intercettata dalla procura, il ragazzo chiede al padre dell’imputato di incontrarlo per mettersi d’accordo su quella cosa. Il giorno dopo, 4 luglio 2008, Luigi Ponzetta conferma la versione di Colitti junior, dichiarando di essere tornato a casa verso le 0.15. In realtà, come emergerà successivamente, nell’aprile del 2009, i due amici quella tragica notte di giugno rimasero insieme fino a tarda notte. Ponzetta, infatti, riceve una telefonata dal padre alle 0.44. Inoltre i tabulati telefonici collocano i due giovani amici a Torre San Giovanni fino a circa l’1.15, rientrando poi ad Ugento. Luigi Ponzetta, indagato presso la procura ordinaria (false dichiarazioni al pm e favoreggiamento, con ogni probabilità, le ipotesi di reato), sarà ascoltato in seguito come persona imputata in un procedimento connesso e pertanto potrebbe avvalersi della facoltà di non rispondere. Lui, del resto, ha già ammesso, in un successivo interrogatorio datato 10 aprile 2009, di aver mentito su richiesta dell’amico. Un dato confermato anche dalla madre, che incalzata dalle domande e dalle contestazioni dell’accusa, ha ammesso di essere a conoscenza delle false dichiarazioni di Colitti e del figlio, non preoccuppandosi minimamente che ciò costituisse un reato in un’inchiesta per omicidio. La deposizione della Scorrano è stata poi caratterizzata, oltre che da accesi scontri verbali tra difesa e accusa, anche di dichiarazioni al veleno nei confronti di quest’ultima. La donna ha accusato la dottoressa Filoni di averla offesa e umiliata, arrivando in alcuni casi anche a minacciarla. Accuse su cui il pubblico ministero si riserverà di adire le vie legali. Meno importanti, da un punto di vista processuale, le altre deposizioni. Antonio Colitti, vicino di casa di Basile, ha confermato di non aver sentito a la notte dell’omicidio poiché dormiva profondamente. Il teste ha poi confermato che la scena del delitto era ben illuminata e che una serranda dell’abitazione dei Marini (dove dormiva la piccola testimone oculare) era aperta di 30-40 cm. Quello sull’omicidio di Peppino Basile diventa, udienza dopo udienza, molto più di un processo. Un viaggio attraverso il substrato sociale di un sud profondo e pieno di contraddizioni, in cui la verità sembra cambiar forma in ogni istante. Un viaggio alla scoperta della vita di un piccolo paese del basso Salento, pieno di silenzi e verità sospese a metà. Ogni teste, al di una attendibilità che solo la Corte potrà e dovrà stabilire, appare come una montagna difficile da scalare, ostile e piena di insidie. L’udienza è stata aggiornata al prossimo 8 luglio.
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