Diossina. 80 agnelli sacrificali

Hanno pascolato nei terreni accanto alla Copersalento di Maglie. 80 agnelli contaminati da diossina sono stati abbattuti oggi su disposizione della Asl di Maglie

Altri 80 animali abbattuti. Stavolta si tratta di pecore. Si aggiungono agli 80 bovini che solo alcuni mesi fa sono finiti sulle pagine dei giornali perché ammazzati, su ordine della Asl, che aveva riscontrato nella carne e nel latte delle mucche valori di sostanze cancerogene superiori alla norma. Le 80 pecore fatte uccidere oggi appartengono allo stesso allevamento dal quale provenivano i bovini. Ne restano altre 70, destinate anch’esse all’abbattimento. Le mantengono in vita perché su di loro la Asl di Maglie ha disposto uno studio di controllo dell’andamento della diossina, del quale si sta occupando l’Istituto zooprofilattico di Teramo. Da quando nel luglio 2008 l’Arpa rilevò valori della dannosa sostanza 420 volte superiori al limite consentito per legge, infatti, l’azienda sanitaria ha dato il via ad un vero e proprio studio sui capi di bestiame che sui terreni accanto alla Copersalento hanno sempre pascolato e si sono cibati. Franco Leomanni, dirigente Asl di Maglie, responsabile dell’area C (Igiene allevamenti e produzioni geotecniche) ci spiega più nel dettaglio lo studio avviato. Dottor Leomanni, in che cosa consiste lo studio che avete disposto? “Nell’analizzare i capi di bestiame contaminati da diossina per studiare il comportamento di questa dannosa sostanza sul loro organismo. Vogliamo scoprire quanto tempo la diossina ristagna nei loro corpi e in quale percentuale ed in quali tempi può essere smaltita. Per determinare questi andamenti, stiamo realizzando prelievi sulle carni degli animali, sui fegati e sui feti”. Che cosa cercate? “L’analisi delle carni ci permette di conoscere la concentrazione di diossina nell’organismo dell’animale; quella sul feto ci indica in quale percentuale la contaminazione è trasmissibile da madre in figlio; quella sul fegato, di stabilire dopo quanto tempo la diossina può essere smaltita. Nel fegato, che è l’organo preposto al filtraggio del sangue, si accumulano i grassi; e la diossina, che è liposolubile, si deposita nei grassi; studiando il fegato riusciamo dunque a stabilire la concentrazione di diossina nell’organismo”. E’ dunque possibile che pecore contaminate abbiano dato vita ad agnelli contaminati? “E’ ciò che stiamo cercando di stabilire; la contaminazione potrebbe avvenire attraverso l’allattamento. Per questa ragione anche gli agnelli sono sotto osservazione”. Avete effettuato prelievi anche nei capi abbattuti oggi? “Sì. Li abbiamo effettuati sulle carcasse. Ci sono comunque determinate analisi che vengono realizzate per protocollo ministeriale sin dai tempi del morbo della “mucca pazza” e che oggi si eseguono di routine”. Di che analisi si tratta? “Vengono realizzate sul tronco encefalico a partire dai 18 mesi di vita dell’animale; nel caso delle mucche servono a diagnosticare il morbo “mucca pazza”, mentre nel caso delle pecore, la scrapie, ovvero l’encefalopatia spongiforme”. Che fine hanno fatto, dopo le analisi, le carcasse degli animali abbattuti? “Sono stati inviati alla “Imesa” dei fratelli Cavaliere di Trani, un’azienda che si occupa di smaltire msr, materiale specifico a rischio, e le carcasse di animali infetti da diossina sono materiale pericoloso. Presso la Imesa vengono bruciate a 2000°. Dalle ceneri si ricavano delle farine speciali che vengono bruciate una seconda volta.” A quali risultati vi hanno portato gli studi che avete condotto fino a questo momento? “Ci hanno permesso di constatare come nei bovini i livelli di diossina rimangano costanti nel tempo. Nel caso degli ovini hanno invece andamento altalenante con picchi di concentrazione e ricadute. E’ un dato interessante che stiamo cercando di spiegare”.

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