Una missiva da parte di Cristian Rovito affinchè Peppino Basile non venga dimenticato
di Cristian Rovito
On. Giorgio NAPOLITANO
Presidente della Repubblica Italiana
Palazzo del Quirinale
Via del Quirinale 00187 – ROMA – 28.08.2009
Mi permetto di distoglierla per qualche attimo dai suoi certamente più importanti e gravosi impegni istituzionali.
Chi le scrive è un semplice cittadino nato in un piccolo paesino del Salento, Ugento, in provincia di Lecce ma che come tanti altri giovani, per motivi prettamente professionali, è costretto a vivere lontano da esso senza mai tuttavia sottrarsi al dovere di contribuire, per quanto possibile, alla sua inscindibile crescita morale, civile e culturale. Lo scopo della presente missiva è di portare alla sua cortese attenzione la “soffocante procella civile e morale” che imperversa sui cieli della mia amata Ugento e che, avendo avuto origine nella notte tra il 14 e il 15 giugno 2008, quando un mio concittadino, Peppino Basile, veniva brutalmente ed efferatamente strappato ai suoi affetti con circa 19 coltellate mortali lanciate da vigliacchi e vili assassini, ancora oggi continua indisturbata a soffocare la quiete e la tranquillità della cittadinanza ugentina. La sua continua e perseverante azione la costringe morbosamente in mura sempre più insormontabili, le cui fondamenta sono purtroppo costituite dalla paura, dall’omertà, dall’ angoscia e da un ingiustificato vittimismo del sospetto che purtroppo le sconfina anche nell’intimidazione! Peppino Basile, dapprima noto a Ugento per la sua attività di muratore, da circa 10 anni si occupava di politica, candidandosi in varie competizioni elettorali locali, regionali e nazionali fino ad essere eletto alla carica di “consigliere provinciale” alle elezioni del 2004 nonché a quella di “consigliere comunale” nella tornata amministrativa del 2006 per il partito dell’Italia dei Valori – Lista Di Pietro. Il suo modo di fare politica assai pittoresco, unito ad un italiano certamente traballante ma piuttosto incisivo sotto l’aspetto mediatico e comunicativo, talvolta esuberante ma indubbiamente ricco di pathos, suscitava sempre grande interesse nella cittadinanza di Ugento, specie per le sue “pubbliche denunce” sulla mala amministrazione, di politiche “assistenzialiste e clientelari”, di provvedimenti a “favore degli amici degli amici”, di “cattiva gestione dei pubblici denari”. A causa delle quali, mentre in alcuni casi veniva giullarescamente schernito, in altri veniva addirittura minacciato di morte, trovandosi recapitata sull’uscio di casa la testa mozzata di un animale e su cui vi è sempre stato il più assoluto silenzio, segno tangibile del suo probabile essere scomodo a qualcuno od a talune personalità. La situazione che è venuta creandosi a seguito di questo gravissimo episodio di cronaca, che ha letteralmente sconvolto la città messapica, poi suffragato da altri eventi “spiacevoli” ai danni di alcuni esponenti politici locali e non od anche semplici cittadini interessati al bene della res publica, hanno spinto il paese in un vicolo cieco. L’unica vittoria civile e morale la si può soltanto attribuire al successo del peggior nemico della libertà e della sicurezza dei cittadini, della giustizia e della verità, della democrazia e dell’equilibrio istituzionale dello Stato: il silenzio! In effetti, ad un certo punto nessuno sa più niente. Nessuno ha visto niente. Nessuno parla, tutti sono attenti a quello che dicono ed a chi lo dicono. Nessuno parla più dell’urlo muto che Peppino Basile ha lanciato la sera del delitto! Sull’omicidio di questo mio concittadino, consigliere comunale e provinciale dell’Italia dei Valori e quindi di questo rappresentante delle istituzioni, sulle sue battaglie politiche e personali sono stati scritti libri. I contenuti di questi volumi, indubbiamente frutto di un lavoro giornalistico, ma certamente essenziali nella loro funzione divulgativa ed informativa, supportati anche da dissertazioni critiche di illustri criminologi e studiosi dei fenomeni di devianza sociale, tra tutti il prof. Pino Arlacchi, uno dei massimi esperti di criminologia a livello internazionale, ed il prof. Marcello Strazzeri dell’Università del Salento, focalizzano l’attenzione su diversi lati oscuri di questa vicenda, che getta la comunità ugentina nel buio del sospetto e della paura. Si è infatti perplessi sull’azione investigativa della Magistratura e della polizia giudiziaria operante. Gli esperti ut supra citati individuano addirittura un paradosso all’interno del quadro investigativo delineato dagli organi inquirenti. Ci si è chiesto infatti come mai la pista politico – amministrativa la si è iniziata a percorrere solo dopo 40 giorni l’uccisione di Peppino. Ci si chiede perché il luogo del delitto non sia stato immediatamente ed adeguatamente “cristallizzato” subito dopo l’intervento delle Forze dell’ordine ed ancora come mai esponenti politici si sono espressi sin dalle prime ore sostenendo che probabilmente si trattava di un delitto passionale. Avevano forse elementi probatori sconosciuti alla magistratura ed agli organi inquirenti? Qualcuno ha visto qualcosa ed ha paura di parlare perché intimidito? Da chi? Non è dato ancora sapersi talchè stupisce anche l’atteggiamento delle elitès politiche che a seconda del momento e soprattutto di una convenienza propagandistica, invitano tutti al dialogo, a parlare, a rompere questa catena di silenzio soltanto per un eventuale ritorno elettorale. Quando a contraris dovrebbe essere animata dall’interesse a scuotere il senso civico, rendendo partecipi i cittadini delle attività politiche in atto nel governo della polis. Educando alla legalità così ottemperando al suo primo compito che è quello di servire i cittadini. A tal proposito, mi chiedo e le chiedo come un consenso elettorale possa valere più di quella verità in grado di appianare i dubbi e le paure aleggianti sulla morte di un uomo. Un semplice cittadino. Un uomo delle istituzioni. Sulla vicenda Basile è stato scritto molto sui giornali, sui forum, sui blog; si è parlato molto in televisione. Ma ahimè, a distanza di più di un anno dal vile gesto, non si conoscono gli autori e soprattutto non si conoscono i motivi sulla base dei quali gli assassini hanno deciso di porre così brutalmente fine alla vita di un cittadino di Ugento. Tutto sembra trascorrere inesorabile, tacendo e nascondendo la verità come se la vita di un uomo non conti a! Carissimo Presidente, mi permetto di rivolgermi alla sua figura istituzionale, parlandole con il cuore in mano perché, unitamente a tanti cittadini di Ugento, a colui che in molti hanno definito “un parroco scomodo”, Don Stefano Rocca, parroco della parrocchia di San Giovanni Bosco di Ugento, minacciato di morte per le sue battaglie volte a rompere il lucchetto dell’omertà, ai componenti del Comitato Civico “Io Conto”, del Comitato “pro – Peppino Basile”, ritengo irrinunciabile e fondamentale che gli organi preposti facciano luce sull’omicidio di questo nostro amico, di questo “figlio del popolo”. Che si continui a parlare sperando di smuovere le coscienze così evitando che il silenzio possa assetare ancora di più la necessità di verità e giustizia. E’ proprio questa forma di silenzio che uccide il senso civico, uccide la morale, soffoca lo sviluppo civile e culturale dei cittadini, del nostro territorio! Al di là della natura prettamente giudiziaria del delitto, incombe su tutti i cittadini di Ugento, su tutte le Autorità politiche, religiose, culturali e giudiziarie l’obbligo ed il dovere di conoscere la verità, sulla quale purtroppo vi sono non pochi lati oscuri. Incombe su tutti, l’obbligo ed il dovere di cercare e di conoscere la verità, qualunque essa sia! L’omicidio Basile ha letteralmente fossilizzato il “modus vivendi” dei cittadini ugentini, i quali si sono lasciati sopraffare dalla paura di parlare, di essere sospettati di spionaggio da chi si presume abbia favorito certi meccanismi politico amministrativi piuttosto che altri, di ribellarsi a quello che proprio Peppino Basile aveva definito “Il Sistema”; titolo, tra l’altro, di un libro scritto dalla dott. ssa Maria Luisa Mastrogiovanni, direttrice del Tacco d’Italia. Seppur in maniera sicuramente confusa, ho cercato di delinearle il quadro reale della ormai definibile “questione ugentina” collegata al “delitto Basile”. Ragione per cui sono con questa mia a chiederle un suo intervento istituzionale affinché non si taccia su una vicenda così drammatica e sconvolgente. Affinché sia garantita verità e giustizia per Peppino Basile!Quella verità e quella giustizia di cui Ugento ed il Salento hanno bisogno per “tornare a sperare” in un futuro ove non si abbia paura di credere in quei valori fondanti, espressi nella Carta Costituzionale del 1948, nei quali deve riconoscersi e continuare ad essere i capisaldi del nostro modo di vivere, di essere, di sentirci italiani. La prego di scusarmi per essermi dilungato troppo!!! Tuttavia mi preme precisarle che non è mio interesse schierarmi con questa o con quella bandiera politica, perché l’unica bandiera che io amo con tutto me stesso e con tutto il mio cuore è il nostro tricolore, le cui espressività insorgono verità e giustizia per Peppino. L’unica bandiera di cui andare fieri e per la quale vale la pena morire! Sicuro in un suo intervento quale garante della Costituzione e di Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, colgo l’occasione particolarmente gradita della presente per inviarle i miei più cordiali e referenti ossequi, a cui aggiungo l’augurio di un proficuo lavoro per il bene comune di tutti gli italiani.
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