L'opinione di Ivan De Masi sulle prossime amministrative a Casarano, nel contesto di rinnovamento internazionale
“Che fare” per Casarano, la mia città? Se lo chiede Ivan De Masi, vicepresidente del gruppo Italgest, all'indomani della vittoria di Barak Obama e del vento di rinnovamento che soffia dagli Usa. “L'aria serena dell'ovest” che fa riflettere sul sud – est
Nel giorno in cui scrivo questo articolo, gli Stati Uniti hanno eletto presidente Barack Obama, l’uomo che ha conquistato il cuore della maggioranza degli americani facendo ruotare il suo vastissimo ed articolato programma intorno ad una parola che rappresenta il solo fulcro, il concetto unico, l’idea-guida: discontinuità. Il pensiero politico di Obama non taglia soltanto i ponti con il passato di Bush, ma s’incanala lungo una direttrice autenticamente innovativa. Ogni americano avrà l’assistenza sociale, anche se non è assicurato, i soldati torneranno dall’Iraq entro due anni, il pianeta terra si salverà grazie alle risorse naturali per la produzione di energie alternative, quelle prodotte utilizzando il vento, il sole, la terra. Ho letto e riletto il discorso che il neopresidente ha fatto a Chicago appena il risultato è stato ufficializzato per l’emozione che generavano parole semplici e concetti chiari, come unione d’intenti, progettualità, patriottismo, energia vitale. Sarò un sognatore, ma questo passaggio fondamentale della storia contemporanea, come certamente è l’elezione di un presidente nero per gli Usa, ha rappresentato per me una ventata di aria fresca che mi fa guardare con ottimismo e voglia di fare al mio futuro prossimo. Osservare grandi avvenimenti e grandi personaggi non significa banale voglia di emulazione ma, nella consapevolezza del proprio contesto, territoriale e personale, vuol dire non avere timore di pensare alto, di misurarsi con sfide difficili, di correre consapevolmente il rischio. Obama ha vinto per tanti motivi, uno dei quali è perché conosceva bene i suoi concittadini e aveva limpida davanti a sé la visione reale della condizione della sua gente. Ha senso evocare queste riflessioni, sorte spontaneamente solo perchè ho iniziato a scrivere un articolo il 5 novembre? Io dico di sì perché se una persona che vuole comunicare concretezza lascia a casa la sua fantasia e i suoi sentimenti per indossare i panni di circostanza, prima o poi confonderà se stesso con il personaggio che interpreta e chi lo ascolterà non saprà più a chi credere. La crisi economica globale che sta percorrendo il mondo intero rende simili i problemi di ogni società. Se gli americani piangono per l’abnorme esposizione bancaria dovuta a mutui contratti allegramente, l’Europa si trova alle soglie della depressione e perfino la Cina si avvia a vedersi quasi dimezzato il suo imponente (e irraggiungibile) Pil nel 2008. La folata di vento fresco proveniente dall’elezione di Obama in America è servita anche a rischiarare ulteriormente il panorama del mio perimetro abituale, consentendomi di osservare la nostra città con maggiore fiducia. Stiamo assistendo in questi ultimi mesi all’esperienza, che potrebbe essere esaltante, di generazione del progetto di sviluppo futuro di una porzione di territorio, parliamo del basso Salento, individuato con il nome di “Area Vasta”. Un progetto che vede Casarano addirittura in anticipo su Lecce. A questo, Casarano è arrivato dopo anni di lavoro e da questo deve ripartire. Ho letto la proposta progettuale del “Salento 2020”, cioè il disegno, lo schizzo, che vedo diventare sempre più vicino ad un “progetto esecutivo” (e concedetemi la metafora proveniente dalla mia formazione, che mai rinnegherò e dalla mia esperienza di imprenditore del settore edile). Un disegno, dicevo, quello del Salento 2020, che accoglie le istanze più diverse e che ha dato la possibilità ad opinion leaders, esperti, semplici cittadini, di poter dire la propria. Non starò qui ad illustrare le buone idee di questo progetto. Negli anni futuri i cittadini dei 60 Comuni, di cui Casarano è capofila, agendo come una vera e propria sub-provincia, ne apprezzeranno la bontà come ho potuto fare io. L’innovatività. Vorrei qui parlare di quanto registro giorno per giorno accanto alle persone che, come me, da semplici cittadini, cercano di capirne di più, sentendosi spesso esclusi. Sto parlando della voglia di coinvolgimento dei casaranesi che forse a volte non ha trovato accoglimento. La voglia di sentirsi veramente protagonisti, al centro di un momento che da più parti, dalla stessa amministrazione, da Istituzioni ed Enti di tutta Italia, anche da varie università americane ed europee, veniva additato come “unico”, “innovativo”, “vincente”, “storico”. I casaranesi sono persone fiere: e io sono fiero della mia salentinità. E quando qualcosa di buono viene compiuto voglio essere il primo a plaudirne. Sono un uomo di squadra, in fondo: comprendo quindi la voglia dei casaranesi e dei cittadini del basso Salento di sentirsi parte di un progetto vincente disegnato da loro, per loro. Parlo di maggiore comunicazione, di concetti espressi con semplicità, di capacità di parlare di obiettivi e risultati ottenuti. Una squadra vincente: e che cos’è una comunità armonica di cittadini se non un insieme più o meno ampio di persone dove ognuno ha il proprio obiettivo chiaro, il proprio ruolo, gli obiettivi da raggiungere e chiaro il metodo da seguire per farlo? Ci aspetta dunque un periodo esaltante in cui Casarano, più di ieri, avrà un ruolo centrale all’interno dell’intero “sistema Salento”. Sarà quello il momento in cui alcune istanze dei cittadini dovranno trovare risposta: la voglia di aggregazione, di momenti culturali che contribuiscano a rafforzare la propria identità di cittadini, il bisogno dei ragazzi di trovare occasioni di apertura con l’Europa, con il Mondo. Mi fermo quindi qui al punto numero uno del progetto di Area vasta, quello che riguarda proprio la cultura, un argomento che mi sta particolarmente a cuore. Non c’è sviluppo industriale, produttivo, sociale, se di pari passo questo non è accompagnato da una forte proposta culturale che contribuisca a costruire l’identità di un territorio. Il Salento ha una forte vocazione artistica. Qui sono rappresentati tutti i generi musicali ai massimi livelli, dalla lirica al pop al rock (dando per assodato il prodotto “pizzica”); il cinema e il teatro raccolgono riconoscimenti internazionali; salentini sono alcuni artdesigner di maggiore prestigio, come Antonio Romano, ecodesigner come Valentina D’Andrea, i prodotti d’artigianato sono celebri per la loro unicità. Proprio il progetto di Area vasta individua tra le “minacce” del settore culturale quella di essere identificati in maniera stereotipata, come territorio, con la pizzica da sagra, o ancora peggio quale terra dei veleni! Il settore culturale e la buona comunicazione, devono elevare il livello qualitativo dell’offerta e diventare elemento forte di marketing territoriale. E’ quanto Confindustria Lecce sta portando avanti fin dall’insediamento del presidente Piero Montinari e del direttore Antonio Corvino. Una prima proposta. Credo sia arrivato il momento di fare un passo ulteriore per promuovere, ad esempio, l’arte contemporanea. A questo proposito Il Sole-24 ore Sud ha suggerito, di recente, a Confindustria Lecce e amministrazioni locali salentine, di individuare un sito da destinare ad un museo permanente di arte contemporanea, sulla spinta di una grande mostra in corso di organizzazione, con un piccolo anche se significativo, numero di artisti di ottimo livello. Bene. Facciamo un passo avanti. Non mancano nel Salento i vecchi opifici, veri e propri capolavori di archeologia industriale, da riconvertire e destinare a contenitori di esposizioni permanenti. Mi vengono in mente la Cantina cooperativa di San Giuseppe, a Casarano; o il vecchio castello di Brindisi e la lingua di terra nel mare. Ma sono solo due esempi di contenitori storici, oppure, volendo guardare al passato prossimo, nel capo di Leuca i grandi calzaturifici abbandonati potrebbero accogliere nuovi fermenti culturali, un nuovo modo di “produrre”, rappresentando contemporaneamente un momento unico di riflessione sui vecchi modelli di sviluppo e sulle nuove tendenze, basati sulla sostenibilità ambientale, sul progresso armonico della società, sulla crescita della persona, sull’integrazione culturale, sfruttando quel serbatoio inesauribile rappresentato da Giovani. Casarano è, dopo Lecce, la città di questa provincia con il maggior numero di centrali formative, qui giungono migliaia di ragazzi al giorno in età preuniversitaria che vanno a scuola e tornano a casa. Potrebbero rimanere qui o tornarci in serata. In maniera pionieristica con un gruppo di amici, che sono anche grandi artisti, quasi 20 ani fa ideammo non a caso la rassegna “Crocevia”, che ebbe due edizioni a Casarano, nella splendida cornice dei due palazzi che si affacciano su piazzetta d’Elia. L’idea era quella di spingere sulla proposta di arte contemporanea internazionale come momento di crescita collettiva, di riflessione sulle radici del proprio territorio, sulla possibilità di far rivivere antichi scorci, sul promuovere le proprie radici e da queste far rinasce una nuova proposta culturale attraverso l’arte, facendone strumento di marketing territoriale. Il nostro Salento, il nostro “Crocevia”, è luogo ideale di riflessione su questi temi: tanti amici provenienti da tutto il mondo, grandi artisti, come Helmut Dirnaichner, che in questi giorni tiene la sua personale proprio a Lecce, hanno trovato nel capo di Leuca un posto dove coltivare nuove produzioni artistiche. Una culla naturale. Nel Salento non si passa per caso, bisogna arrivarci. Anche a Bilbao però! Splendida città dei paesi baschi, in degrado fino pochi anni fa, con un’industria metallurgica e dei trasporti ormai in declino. Stretta tra le montagne e il mare. Ha trovato la propria rinascita proprio nell’arte. E’ diventata un caso di studio in tutto il mondo: infrastrutture (ponti e piazze) progettate dai più grandi architetti del mondo e un grande contenitore museale, il Guggenheim Museum. Un capolavoro che interpreta la vocazione di quella città, nella forma cubista, esplosa, di una nave in partenza sul porto di Bilbao. Milioni e milioni di persone da tutto il mondo arrivano a Bilbao solo per il Guggenheim, con voli low cost. Una volta lì, si fermano a visitare le altre città dei paesi baschi. Questo esempio è probabilmente irripetibile, ma serve a far comprendere come si può puntare ad un turismo di qualità, attento al territorio, all’ambiente, alla cultura, all’integrazione. E’ un turismo che arricchisce, non solo le tasche. Quello che serve al Salento, che per le sue piccole dimensioni, per la tipologia dei suoi paesini, dei suoi piccoli parchi, non può guardare ad un turismo di massa. Da uno studio commissionato dalla fondazione Guggenheim risulta che a Bilbao il nuovo museo di arte contemporanea ha determinato un forte incremento di turisti e il reddito generato, nel primo anno di apertura del museo, ha prodotto un aumento dello 0,47% del Pil dell’intero paese basco. Nella classifica delle 30 mostre più visitate del mondo, sette sono state organizzate al Guggenheim museum di Bilbao ed hanno avuto 3.216.919 visitatori, più che a New York. Come mai? Eppure New York è forse la città di maggiore transito del mondo, mentre a Bilbao bisogna arrivarci e, prima della costruzione del Guggenheim, pochi sapevano della sua esistenza. Ecco il punto. Quel territorio si è completamente riposizionato grazie all’arte e alla cultura, costruendo la sua immagine su questa proposta e rendendosi attrattivo nel panorama mondiale. Questa è una visione che può funzionare nel Salento, che diventerebbe punto di riferimento per tutto il Sud d’Italia, per i paesi del Mediterraneo e dell’Est, cioè seguendo le strade dello sviluppo che portano verso il Corridoio 8 che prima o poi si farà… Occorre crederci, occorrere essere in tanti e, quel che più conta, lavorare insieme. Appunto lavorare! Va bene l’arte, la cultura, il turismo… e l’economia? Il lavoro? Le imprese? Colin Tweddy, massimo conoscitore del rapporto tra imprese, cultura e territorio del mondo anglosassone, scrisse tempo fa che “non l’acciaio, non il cemento, ma la cultura è la materia prima delle imprese”. Ecco per incanto come si arriva, partendo da lontano, all’industria e allo sviluppo economico di un territorio. Proprio di sviluppo vorrei scrivere magari, perché no, il 5 del prossimo mese.
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