Il bello di Finis terrae
Il numero 50 del Tacco d'Italia fa vedere il bello di questo Finis terrae e il buono dei salentini. L'impegno e la passione di coloro che si oppongono al “sistema”, nella terra dai panorami mozzafiato
Questo è il nostro numero 50. L’autocelebrazione è d’obbligo e me ne scuso, perché non posso proprio esimermi dal ripercorrere brevemente il percorso tracciato fin qui. Non fosse altro per il rispetto verso i tanti lettori (450mila al mese per il quotidiano on line; 6000 copie al mese per il magazine) che ci hanno seguito fin dall’inizio delle nostre pubblicazioni, cinque anni fa; degli inserzionisti, che hanno sostenuto un giornale giovane, fatto da giovani e troppo spesso scomodo; dei collaboratori che su questo giornale hanno avuto sempre spazio aperto per coltivare la loro intelligenza e custodire la loro libertà; dei colleghi, che di mese in mese hanno voluto testimoniare la loro stima per questa testata, firmando il “Controcanto” a commento delle inchieste. Celebriamo i nostri primi 50 numeri e cinque anni con un’edizione tutta turistica, in cui facciamo vedere il volto bello di questo Finis terrae. E’ una bellezza fatta di luoghi mozzafiato abitati da persone generose e storicamente tolleranti. Eppure questa è una terra in cui ancora oggi si muore per un’idea: Peppino Basile, consigliere dell’Italia dei valori, della Provincia e del Comune di Ugento, personaggio sopra le righe, insofferente al “sistema”, è stato barbaramente trucidato a coltellate meno di due mesi fa, per strada, di fronte a casa, e nessuno ha visto e sentito a. L’opinione pubblica se ne è già scordata ed è crudele da dire, ma la sua morte non ha scosso le coscienze: è stata più efficace la voglia di normalizzazione della comunità, tradotta in un’azione di rimozione del problema, attraverso l’abrasione del ricordo. Questa è una terra in cui non ci si può permettere il lusso di spostare il fuoco dalla visuale condivisa: il rischio è l’isolamento o la morte. La morte fisica di una persona, di un’idea imprenditoriale, di una carriera. Purtroppo esperienze a noi troppo vicine testimoniano in silenzio quest’isolamento. Ed è un isolamento che riguarda anche il nostro Tacco. Non si accettano le voci fuori dal coro, perché nella claustrofobica comunità di questo Finis terrae, anche la cultura riesce ad essere normalizzata dal “sistema”, quello che non piaceva a Peppino. E quando anche chi dovrebbe essere espressione dell’avanguardia culturale parla, invece, con una sola voce, quella della cultura dominante, significa che il “sistema”, quello che non piaceva a Peppino, si è fatto strada nel tenero, nel cuore di una società, nelle intelligenze e nelle espressioni artistiche che tradiscono così il loro provincialismo piccolo piccolo. Perché per campare la cultura ha bisogno dei soldi della politica e la politica in cambio chiede asservimento, appartenenza alla corte, condivisione e accettazione del sistema di privilegi, è “normale”. E’ lo stesso meccanismo per cui la voglia di normalizzazione porta a far passare un ecomostro in pieno parco naturale come “posti di lavoro in più” e ad accettare di pagarne il prezzo. Anzi, a ritenerlo equo (a che serve la bandiera nera di Legambiente data alla Ugento srl, la società che ha costruito l’ecomostro Orex, a Ugento? Legambiente ne era a conoscenza più di due anni fa, quando i lavori potevano essere fermati e ha fatto ben poco). E’ la voglia di normalizzazione o l’appartenenza ad un “sistema” che, quando un quotidiano e una televisione chiudono, dall’oggi al domani, non fa porre domande sulla loro genesi, sulla correttezza della loro conduzione, sul trattamento riservato ai giornalisti. Il sistema dominante ha bisogno di una cultura di sistema e di un’informazione su misura. Qui, in Salento, fare domande ed esigere risposte è un lusso, perché tutto viene ricondotto ad una chiacchiera da caffè, magari in un salotto, magari in un salotto bene, dove si fanno gli affari veri. Ma una larga fetta della società salentina, che rifugge i salotti, che lavora in silenzio, che produce risultati, che non scende a compromessi, che guarda alla qualità, che teme la mediocrità, che dialoga col mondo, che cerca il confronto, c’è, c’è. C’è del buono nel Salento, c’è del buono nei Salentini. Un esempio per tutti: 23 ragazzi che si sono “annusati” su fliker.com per circa un anno, tra gli oltre 700 iscritti al gruppo “Salentu, lu sule lu mare lu ientu”, e che poi si sono costituiti nell’associazione “Obiettivi”. Qua e là su questo numero troverete alcune loro foto, dichiarazioni d’amore declinate secondo quattro elementi, acqua, aria terra, fuoco. A chi, come loro, crede che un mondo diverso sia possibile, a chi come Peppino, combatte tutti i giorni nel suo piccolissimo metro quadrato, a modo suo, senza preoccuparsi di essere deriso, frainteso, considerato un rompiballe, pagando tutti i prezzi delle sue scelte, ma non si considera un eroe, dedico questo cinquantesimo numero.
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