Da Oronzo Massari a Paolo Perrone

C’era una volta un sindaco

Il Sindaco Oronzo Massari spiccava per fermezza di carattere e decisionismo politico

Aldo Quarta, a chiusura del suo “Gli anni di Oronzo Massari 1950-1959” (Micella, 1994), si chiede chi sarà il nuovo Massari del XX secolo. Una risposta il tempo l’ha data, scritta dai numeri e dai plebisciti “ad personam” che anno chiuso il Novecento. Il problema è di oggi, di questo nuovo secolo, perchè la domanda è la stessa, visto che Lecce sembra rimanere una città profondamente “conservatrice”, poco incline ai cambiamenti ed affezionata alle sue tradizionali tranquillità. Potremmo dirla una città “poco politica”, abituata ad affidarsi ed Adriana Poli Bortone bene l’ha incarnata caratterizzandosi come la vera erede di quell’Oronzo Massari che spiccava per fermezza di carattere e decisionismo politico. Da Aldo Quarta apprendiamo che, per tutti gli anni cinquanta, a Lecce c’era un sindaco che al mattino faceva un giro della città, prendeva atto delle cose, andava a guardare se il mercato coperto era pulito, salutava maestranze e dipendenti comunali. Un sindaco nemico degli orologi fermi, delle fontane senza acqua e dei motorini assordanti cui vietava la circolazione. Un sindaco d’altri tempi che Guido Piovene nel suo “Viaggio in Italia” (Mondatori, 1957) erge, insieme con il napoletano Achille Lauro, a simbolo di un Sud brontolone ma fedele alle sue icone. Massari era amministratore attento “più all’immagine che alla progettualità: ordine, igiene, disciplina sembravano venire prima di ogni cosa. Certo, si puntava sul grandioso, così come grandiosi erano stati alcuni progetti faraonici del periodo fascista […]. Si ragionava alla grande, mentre – ancora nel 1953 – lavorava a pieno regime l’Ente Comunale Assistenza, con le razioni di latte ai vecchi, le mense calde, i contributi ai bisognosi e ai disoccupati”. Una Lecce popolare resa ‘moderna’ dalle lotte delle tabacchine per gli adeguamenti salariali e per la sicurezza del posto di lavoro, ‘contro’ una Lecce aristocratica che andava ancora in carrozza ed una borghese affascinata dal fascismo che metteva nella villa comunale la lupa, simbolo di Roma antica, e commemorava il Maresciallo Graziani nella sala del consiglio. Certo Massari non aveva l’auto blu con la pila di giornali su cui chinarsi, seduto dietro, per controllare l’esito di una conferenza stampa, i report sulla propria immagine, le classifiche di gradimento e gli attacchi degli avversari. Era un sindaco sanguigno, sostanzialmente qualunquista, incapace di guardare al nuovo ma che, ‘aiutato’ dall’impegno dei rappresentanti governativi locali, su tutti il Ministro Michele De Pietro (nato a Cursi), è riuscito a dare un’impronta avanzata a Lecce con l’inaugurazione nel 1955 del Quartiere di Santa Rosa. C’era una volta un sindaco, ce ne sono stati tanti dopo e adesso,‘chiusa’ per raggiunti limiti di eleggibilità l’era Poli, ne abbiamo un altro, forse il più giovane fra quelli che hanno governato Lecce nella storia repubblicana. Noi gli auguriamo di essere sindaco presente e popolare, attento alla città, ai suoi bisogni e ai suoi fermenti. Egli, lo abbiamo detto, è giovane, dunque con una sensibilità non inquinata dai pregiudizi. Lo diciamo perché speriamo sia capace di sanare quelle profonde ferite che chi lo ha preceduto ha con ‘dispetto’ coltivato. L’ostracismo, le disattenzioni ed il manifesto disinteresse per ciò che era diverso hanno caratterizzato molte delle scelte della sua attuale vice. Si tratta di starci nella città, di attraversarla, di andare a guardare, di proporre e di scegliere rendendo partecipe la comunità delle proprie intenzioni, proprio come fece Massari quando decise di ripristinare la quarta porta di Lecce sottoponendo il progetto al giudizio dei leccesi. Ma si sa, porta San Martino non fu mai riedificata. Ne sarà capace Paolo Perrone?

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