Nuova puntata dell’inchiesta che vede protagonisti il politico e l’imprenditore
Il Riesame respinge l’appello della Procura contro l’ordinanza di revoca del sequestro dei beni emessa dal giudice per le indagini preliminari. Il presunto provento dell’affare illecito era già sotto sequestro nel procedimento a carico delle persone giuridiche
Il tribunale del Riesame di Bari ha respinto l’appello della Procura contro l’ordinanza del gip che il 2 agosto scorso aveva revocato il sequestro dei beni personali emesso il 20 giugno 2006 nei confronti del deputato di Forza Italia, Raffaele Fitto, e dell’imprenditore romano Giampaolo Angelucci. Ai due fu notificato anche un provvedimento di arresti domiciliari (anche questo revocato dal gip) che nei confronti di Fitto, poichè parlamentare, non fu eseguito. Nel corso dell’udienza del tribunale del Riesame l’accusa aveva insistito per il sequestro dei beni personali dei due indagati; la difesa, invece, aveva affermato che il presunto provento dell’affare illecito, pari a 55 milioni di euro, era già sotto sequestro nel procedimento a carico delle persone giuridiche (le società di Angelucci) e che doveva intendersi anche a garanzia delle persone fisiche. Quest’ultima tesi, avanzata dagli avvocati di Fitto, Giulia Buongiorno e Francesco Paolo Sisto, è stata condivisa dai giudici. Arresti e sequestri furono disposti nell’ambito di un’indagine su un finanziamento elettorale di 500mila euro ricevuto da Fitto, ma che dai magistrati era ritenuto una tangente per appalto assegnato al Consorzio San Raffaele quando l’esponente di Forza Italia era presidente della Regione Puglia.
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