Covid-19: il crimine organizzato è diventato multinazionale

Di Vincenzo Musacchio*

L’era del Covid-19 sarà ricordata anche come il periodo storico in cui per la prima volta le mafie mondiali creano, di fatto, una “Associazione del Crimine Organizzato Transnazionale”. Si tratta della prima organizzazione del genere nella storia delle mafie. L’hanno voluta, concepita e creata una buona parte delle mafie mondiali. Così come esiste l’Organizzazione delle Nazioni Unite, esiste anche l’Organizzazione delle Mafie Unite. Il suo atto costitutivo iniziale avviene tra la ndrangheta (la mafia più potente d’Europa) e i cartelli della droga messicani e colombiani. La collaborazione con i narcos messicani e colombiani nasce dal crescente mercato della cocaina che da droga degli “abbienti” con quest’accordo è diventata nel tempo droga comune e diffusa.

La nuova “Internazionale della Mafia” ormai opera ovunque, dagli Stati Uniti, all’Europa Occidentale, dall’Asia, all’Oceania. Questa supposizione trova riscontro nell’ultima relazione (2019/2020) sul crimine organizzato del Dipartimento di Stato americano. La criminalità organizzata transnazionale sta diventando uno dei più gravi, forse il più grave, problemi di sicurezza per la democrazia e l’economia mondiali. I clan mafiosi, come gli uomini d’affari, si sono resi conto dell’enorme potenziale dei nuovi mercati globali e hanno deciso di sfruttarli al massimo delle loro potenzialità. Le nazioni di tutto il mondo nel prossimo futuro dovranno aspettarsi una “mafia nuova” che estende i suoi affari ovunque dalla droga ai crimini informatici. La ndrangheta italiana e i cartelli del narcotraffico sudamericano hanno già stipulato accordi con le mafie nei vari paesi dell’Est europeo e dell’ex Urss, con le mafie cinesi e giapponesi per ogni genere di attività che possa generare profitto. Le nuove mafie ormai sono diventate multinazionali in grado di programmare investimenti più o meno legittimi, come una vera e propria holding. Crimini dei colletti bianchi, narcotraffico, prostituzione, gioco d’azzardo, traffico di esseri e organi umani, crimini informatici sono solo alcuni dei settori che rientrano in quest’accordo mondiale. Molti mafiosi studiando sono diventati “geni del computer” specializzati in frodi ai danni di banche, di società assicurative, di società petrolifere, nonché organi ed enti pubblici.

La criminalità mafiosa sta aumentando a ritmi incredibili, fino al mille per cento in un anno, ma nessuno se ne accorge oppure fa finta di non sapere.

Quest’organizzazione mondiale nel breve periodo potrebbe arrivare anche ad avere tecnologie e mezzi sufficienti per costruire armi di distruzione di massa. La ndrangheta italiana è da tempo una multinazionale che in anticipo su tutte le mafie italiane ha compreso quanto sia importante la ricerca di mercati nuovi in una logica espansionista. Grazie alla stretta collaborazione con i colombiani, la ndrangheta, non da oggi ma dal 2000 in poi, è riuscita a ottenere il monopolio della cocaina in Europa raggiungendo guadagni inimmaginabili. Il Procuratore Nazionale Antimafia Cafiero de Raho nel novembre 2017 ha affermato che nelle ultime operazioni di polizia in cui erano identificati colombiani in Calabria o a Milano o a Roma puntualmente si scopriva che fossero lì sia a garanzia dell’arrivo della merce, sia per la consegna del denaro. Queste nuove alleanze transnazionali, ancora silenti, inevitabilmente metteranno in crisi l’Europa, il resto del mondo e soprattutto il futuro delle nuove generazioni. Oggi continuare a tentare di combattere la mafia solo all’interno di uno Stato non ha più senso logico e tantomeno giuridico.

I meccanismi di lotta del crimine organizzato sono sistemi concreti, bisogna localizzarli, collocarli, analizzarli, studiarli e renderli efficaci non solo lì dove si formano, precipuamente nel loro campo appartenenza ma anche e soprattutto a livello globale. È giusto combattere le mafie a livello nazionale, ma ormai non si può più prescindere dal farlo a livello transnazionale tenendo conto dei cambiamenti tecnologici e dei nuovi crimini globali che sono entrati nel campo, nelle recenti pratiche e professionalità che ammantano i nuovi mafiosi. L’analisi di ciascuno di questi cambiamenti non può essere solo localizzata, ma deve essere anche globale.  

Le reti criminali mafiose ormai operano tutte oltre i confini per cui vanno studiate e combattute a livello mondiale.

È indispensabile rinvigorire la cooperazione investigativa e giudiziaria nella lotta alla criminalità organizzata transnazionale e l’Italia in termini di esperienza ha molto da offrire sia a livello europeo, sia internazionale. Sarebbe, inoltre, auspicabile creare una piattaforma mondiale per lo scambio di esperienze di ricerca e di studio in tema di prevenzione e lotta al crimine organizzato.

*Vincenzo Musacchio, giurista, professore di diritto penale, associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (RIACS) di Newark (USA) e ricercatore dell’Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità Organizzata del Royal United Services Institute di Londra. E’ stato anche allievo di Giuliano Vassalli e amico e collaboratore di Antonino Caponnetto

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