Una memorabile notte in treno

L'emozionante viaggio verso Bologna di Martino, che non aveva mai lasciato il suo paese di 2000 anime

//ROCCO IL CANTASTORIE// Montato sul treno, Martino si sistemò in uno scompartimento, dove il suo sguardo si posò subito su una ragazza in compagnia della madre…

di Rocco Boccadamo Nato e, sino all'età di diciannove anni, vissuto costantemente in un paesello del Basso Salento abitato da poco più di duemila anime, con l'unica eccezione delle brevi trasferte in autobus per e dalla cittadina di Maglie durante le Medie e le Superiori, Martino aveva poca dimestichezza e confidenza con le ferrovie e i treni, anche a motivo che la relativa stazione più prossima, delle Sud Est, si trovava a quattro chilometri di distanza, nella località di Spongano. Per la massima precisione, due viaggi su strada ferrata li aveva, invero, compiuti, rispettivamente nel 1952 e nel 1953, accompagnato dal padre, al fine di raggiungere Anagni, in Ciociaria, dove avrebbe potuto attendere agli studi, senza alcuna spesa, in una struttura-convitto dell’Inadel, Ente di previdenza e assistenza per i dipendenti degli enti locali, cui faceva capo l’anzidetto genitore. Chiaramente, in quella circostanza, fu molta l’emozione a bordo del direttissimo notturno Lecce- Roma. Particolare, la memoria delle voci dei venditori che sfilavano lungo i vagoni, durante la sosta nella stazione di Benevento, con la proposta di torroni e liquore Strega, e il cambio intermedio di convoglio, a Caserta, per utilizzare il diretto che avrebbe consentito di raggiungere la destinazione. Due esperienze, reiterate con esito purtroppo inglorioso, giacché Martino, sia la prima che la seconda volta, rimase in collegio appena un paio di settimane, per, poi, fra nostalgia della famiglia, accampata disperazione, sconforto, pianti eccetera, farsi ricondurre a casa, lì ricoperto di commenti non proprio belli: “Il Padreterno dà i biscotti a chi non ha denti per mangiarli” oppure “Questo ragazzo è un rovina famiglie”. Episodi, a ogni modo, rimasti impressi nella mente del piccolo protagonista, a causa della coincidenza temporale rispetto a due eventi, anche se del tutto avulsi dal “dramma” diretto e personale, ovvero la scomparsa del grande e famoso filosofo Benedetto Croce e la morte, in un incidente stradale presso Cento (FE) dove prestava servizio, del soldato specializzato Luce M., di vent'anni, cugino per parte materna. A prescindere dalle “fughe” da Anagni, per Martino, in seguito, si compirono regolarmente i corsi scolastici, fino al diploma, conseguito – mette conto di ricordare – con una sfilza di otto e nove. di Rocco Boccadamo Correva il 1960, da un po' il giovanotto aveva preso a fare il filarino a una pari età originaria del paesello ma residente altrove, la quale sarebbe successivamente divenuta sua moglie e, tuttora, è accanto al ragazzo di ieri. Sempre grazie all’ottimo profitto scolastico, ecco, a questo punto, presentarsi l'opportunità di andare a frequentare il quadriennio universitario a Parma, con spese di viaggio, tasse, libri e soggiorno, analogamente a carico dell’Inadel. Cosicché, esattamente a distanza di un secolo dalla spedizione dei Mille, ai primi di novembre, ebbe luogo la spedizione di Martino verso la città emiliana, con itinerario da percorrere, ovviamente, in treno, e però non sulla tratta Lecce-Milano, bensì su quella Taranto-Milano, dovendo l'interessato, prima della partenza, accomiatarsi dalla fidanzata ivi residente. Anche nella circostanza, viaggio di notte. Montato sul treno, Martino si sistemò in uno scompartimento, dove il suo sguardo si posò subito su una ragazza, semplice e nello stesso tempo di bell'aspetto, in compagnia della madre. Iniziò la corsa il convoglio, prima sosta a Gioia del Colle, animata dall'annuncio dell'altoparlante sulla partenza di un altro treno per Rocchetta Sant'Antonio, Lacedonia e Avellino, mete sconosciute e misteriose per il non assiduo viaggiatore del Basso Salento. Passò poco e Martino si trovò sistemato in piedi nel corridoio, guarda caso al pari della ragazza, a far finta di scrutare fuori dal finestrino, nel buio. In realtà, fra i compagni di viaggio e coetanei, prese subito abbrivo, con naturale scioltezza, una fitta e intensa conversazione: come ti chiami, dove abiti, chi sei, quanti anni hai, quali sono i tuoi gusti, dove vai, a fare che cosa, che tipo di scuola hai frequentato, quali cantanti ti piacciono, hai un ragazzo, e ancora a procedere su lunghezze d’onde del genere. Martino a Parma, la ragazza, della quale, purtroppo, a distanza di quasi cinquantacinque anni, non si serba più il ricordo del nome, era diretta, invece, a Bologna, presso il cui Ateneo s’era iscritta alla facoltà di Lettere, con l'obiettivo di svolgere, una volta laureata, lo stesso lavoro della madre, l’insegnamento. Carina, gentile e apparentemente a modo la partner dei dialoghi in corridoio, aperta al sorriso, i suoi occhi mandavano lampi scintillanti nel semi buio della notte che s’andava viepiù inoltrando, piacevole parlare con lei, con saltuari stacchi per spuntini a base di biscotti o di caramelle mou. Le ore si susseguivano, le stazioni lungo il tragitto si oltrepassavano, ma la coppia si manteneva più vispa che mai, fresca come se si trattasse di un incontro in riva al mare e non di un lungo e, oggettivamente, pesante viaggio notturno. Completamenti inascoltati gli inviti con un gesto della mano, ogni tanto, della mamma di lei, a ritornare a sedere nello scompartimento e a provare a dormire. Parola dopo parola, un discorso dietro l’altro, il direttissimo raggiunse la grande stazione di Bologna, dove, per l'amica, appena e occasionalmente incontrata e tuttavia, nel volgere di una notte, divenuta conosciuta, se non intima, il viaggio sarebbe terminato, mentre per Martino si sarebbe reso necessario cambiare treno, prendendo cioè un diretto che avrebbe fatto sosta a Parma. Sia perché la ragazza non potette lasciare l'indirizzo di Bologna, non avendo ancora reperito un alloggio definitivo, sia in mancanza, allora, di cellulari e via dicendo, sia per mera distrazione d’entrambi i temporanei partner dell’avventura sul treno, il saluto a terra fu cordialissimo ma si concluse, semplicemente, con l’incrocio della domanda o meglio auspicio “chissà che non ci sia dato di rivederci”. In realtà, come sovente se non nella norma accade, le stagioni successive andarono a porre, innanzi ai due giovani, strade distanti e sconosciute, a ciascuno, insomma, il proprio distinto destino. Del resto, così girano le cose per i comuni mortali. Certo è, però, che, adesso, all’ombra degli sparuti capelli bianchi e di una vita sostanzialmente già vissuta, con uno scorcio ancora da trascorrere che, almeno nella mente e nel sentire interiore di uno come Martino, potrebbe ancora contenere, senza tema d’azzardo, un immaginario nuovo piacevole viaggio di notte in compagnia, sulla strada ferrata, non dispiacerebbe recuperare il ricordo di un nome e, possibilmente, rivedere quel volto. e.mail: [email protected]

Leave a Comment