Il Decreto Sblocca Italia. Che sblocca anche Tap e Trivelle

Definite 'indifferibili e urgenti e strategiche'. Con quest'escamotage nessuno può bloccarle

//DOSSIER// A chi serve davvero il decreto ‘Sblocca Italia’? Che cosa cambia ora per la Puglia? L'escamotage che fa passare tap e trivelle sopra le teste di tutti

di Gabriele Caforio Aprire i cantieri, realizzare le opere pubbliche, digitalizzare il paese, semplificare la burocrazia, intervenire nell'emergenza del dissesto idrogeologico e far riprendere le attività produttive. Metà dei problemi dell'Italia in un decreto. Il cosiddetto “Sblocca Italia”, il n. 133 del 12 settembre scorso, che il Governo Renzi annovererà nel suo curriculum. Un decreto a base di misure urgenti e interventi strategici che si fissano l'obiettivo di “sbloccare” un paese, di dargli uno scossone e rimetterlo in moto. Dagli interventi per la ferrovia Napoli – Bari, alle autostrade, all'edilizia fino ad arrivare, guarda caso, ai gasdotti e alle trivelle delle compagnie petrolifere. E su approvvigionamento energetico, gasdotti e trivelle, sono ormai diverse, e ormai da tempo, le regioni italiane che, al pari della Puglia, sono sul piede di guerra per mantenere alta l'attenzione sulla tutela del territorio. Le preoccupazioni, suscitate dal nuovo decreto, partono proprio dal fatto che il Governo pone alcune attività, quali la ricerca degli idrocarburi o i gasdotti di importazione di gas dall'estero come attività, le cui opere, progetti o decreti autorizzativi, rivestono carattere di “interesse strategico” che “costituiscono un priorità a carattere nazionale e sono […] indifferibili e urgenti”. Nei giorni scorsi, si sono già levate le prime voci contro Matteo Renzi e lo Sblocca Italia, ai quali si contesta di favorire, tra le varie, anche compagnie petrolifere e lobby dell'energia. Ma già agli inizi dell'estate altre proteste si erano levate contro il cosiddetto decreto “Competitività e ambiente” (n. 91/2014) che in una prima stesura allargava le maglie dei livelli di inquinamento possibili nelle aree militari bisognose di bonifica (Leggi qui la vicenda); quel decreto è poi diventato legge dello Stato ma senza la parte contestata. Passata l'estate sembra di nuovo essere tornati al punto di partenza, contro il nuovo decreto i primi a lanciare l'allarme sono stati alcuni comitati abruzzesi tra cui il Forum Abruzzese dei Movimenti per l'Acqua Pubblica, le associazioni antimafia Rita Atria e Peppino Impastato, nonché PeaceLink Abruzzo. La protesta abruzzese è incentrata sul fatto che il decreto favorirebbe diverse nuove attività di ricerca degli idrocarburi su un tratto di costa, quello abruzzese, già profondamente segnato dalle attività d'estrazione. E la protesta sembra che stia pian piano dilagando a macchia d'olio. Per capire, invece, quali possono essere le ricadute immediate sulle vicende, e sulle coste, pugliesi, siamo andati a leggere cosa dice il decreto. LA TAP S’HA DA FA’ (dice Renzi). ED E’ PURE URGENTE Che il Premier Renzi stesse premendo l'acceleratore per la realizzazione della Tap, i pugliesi ormai lo avevano capito. Ma affinché i ritardi e i rifiuti da parte dei territori coinvolti alla realizzazione dell'opera siano aggirati al più presto, il decreto “Sblocca Italia”, o anche “Sblocca Tap” da questo punto di vista, un articoletto dedicato ce l'ha. Il Capo IX del decreto, infatti, quello che contiene tutte le misure urgenti in materia di energia, all'articolo 37 dispone che “al fine di aumentare la sicurezza delle forniture di gas al sistema italiano ed europeo […], i gasdotti di importazione di gas dall'estero e i terminali di rigassificazione di GNL”, oltre a tutte le altre opere e ai progetti necessari nell'ambito, costituiscono una “priorità a carattere nazionale”, come anticipato, “indifferibile e urgente”. Per velocizzare ancora di più, a tutti i soggetti titolari o gestori di beni o aree demaniali interessate dal passaggio di gasdotti, sia nazionali che d'importazione del gas, che partecipano al procedimento di autorizzazione alla costruzione, viene chiesto di sbrigarsi a indicare le modalità di attraversamento degli impianti all'interno del procedimento autorizzativo. Se tali modalità non vengono indicate entro i termini di conclusione del procedimento, il soggetto che richiede l'autorizzazione alla costruzione dei gasdotti entro i successivi trenta giorni propone direttamente ai proprietari le modalità di attraversamento che, “trascorsi ulteriori trenta giorni senza osservazioni, si intendono comunque assentite definitivamente e approvate con il decreto di autorizzazione alla costruzione”. Insomma, una buona accelerata a tutte quelle opere, Tap compresa, che magari tardano perché i cittadini interessati si chiedono quale sia veramente il bene per i loro territori. L’IMPORTANTE E’ TRIVELLARE L'altra nota dolente delle misure urgenti in materia di energia riguarda il capitolo sulla prospezione, la ricerca e la coltivazione degli idrocarburi, all'articolo 38 del decreto, infatti, il carattere di “interesse strategico”, “urgenza” e “indifferibilità” viene riservato a tutte queste attività e a quelle di stoccaggio sotterraneo del gas naturale. In particolare, si legge, per i procedimenti di valutazione di impatto ambientale, che riguardano le attività sopra elencate, in corso presso le Regioni alla data di entrata in vigore del decreto, scatta, come termine ultimo per gli Enti per portare a termine i procedimenti, la data del 31 dicembre 2014. Passata tale data i procedimenti verrebbero trasferiti in mano al Ministero dell'Ambiente. Inoltre, ai “soggetti che dispongono di capacità tecnica, economica ed organizzativa che offrono garanzie adeguate all'esecuzione e realizzazione dei programmi presentati e con sede sociali in Italia o in altri Stari membri dell'Ue”, quindi alle varie compagnie petrolifere idonee, viene data la possibilità, a titolo concessorio unico, di svolgere attività di ricerca e coltivazione di idrocarburi con decreto del Ministero dello Sviluppo Economico. Tale concessione è data nell'arco di centottanta giorni con un'apposita conferenza dei servizi dentro cui si svolgerebbe anche la valutazione ambientale del programma complessivo dei lavori. Detto in parole povere, con l'intento di abbreviare i tempi e semplificare le procedure, si forzerebbe la mano sui poteri delle Regioni. A tal proposito, infatti, dalle pagine de “L'Altraeconomia”, si sono levati anche alcuni dubbi sull'incostituzionalità stessa del decreto. A sollevarli è il costituzionalista Enzo Di Salvatore che in un'intervista rilasciata alla rivista fa notare come ci siano alcune “stranezze” costituzionali nel decreto, proprio lì dove si va a modificare o ritoccare i tempi e i modi di rilascio delle autorizzazioni da parte degli enti regionali. Teoricamente, il decreto, entro due mesi dovrebbe essere convertito in legge. Staremo a vedere. CHI VUOLE TRIVELLARE IN PUGLIA E DOVE? LEGGI QUI

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