Saccomanno: ‘Il Pdl, troppo leaderistico’

 

Roma. L’ex senatore del Popolo della Libertà descrive il nuovo movimento “Fratelli d’Italia”: “E’ il Pdl che avremmo voluto, inclusivo e partecipato”

ROMA – “Fratelli D’Italia raccoglie pienamente il progetto originario del Popolo della Libertà, un progetto tatarelliano, inclusivo, che andava oltre il vecchio Polo della Libertà. Un progetto che includeva chi proveniva dalla destra in un disegno più ampio, di più larga partecipazione con il centro, il mondo cattolico ed una parte del mondo socialista. Ecco perché ritengo che con Fratelli D’Italia si possa fare un Pdl come lo avremmo voluto”. A parlare è l’ex senatore del Popolo della Libertà Michele Saccomanno, candidato alla Camera dei Deputati, alle prossime Politiche del 24-25 febbraio, con Fratelli D’Italia, il nuovo movimento capeggiato dalla “triade” La Russa – Meloni – Crosetto. E sulla “storica” freddezza tra ex An ed ex Forza Italia, all’interno del Pdl Saccomanno afferma: “Noi avremmo voluto le preferenze, avremmo voluto le primarie e queste diverse visioni sono diventate forme importanti di disappunto. Tutto è drammaticamente precipitato nel momento in cui, con una specie di Leggi razziali, un gruppo intorno al presidente Berlusconi ha deciso che quelli di Alleanza Nazionale dovevano andar via dal Pdl”. Lei fino a dieci giorni fa è stato un senatore del Popolo della Libertà. Alle prossime elezioni sarà candidato alla Camera dei Deputati con Fratelli D’Italia di La Russa. Questa scelta è stata maggiormente motivata dalla deriva sempre più leaderistica del Pdl o dalla consapevolezza di non poter più recitare un ruolo di primo piano nello stesso Popolo della Libertà? “Nel Popolo della Libertà il ruolo di primo piano si poteva avere. Ritengo, anche con un minimo di presunzione, di averlo in qualche modo svolto, se è vero come è vero che il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, tra le poche cose positive di tutta la legislatura, ha citato il mio intervento sulla chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari. Un tema completato che avrà il 30 di questo mese in Commissione un’altra importante appendice con l’approvazione della Relazione finale sull’intero stato della psichiatria italiana e della medicina territoriale. Tutte idee nate come capogruppo del Pdl in Commissione d’Inchiesta sull’efficacia e l’efficienza del Servizio Sanitario Nazionale e fortemente aderenti a temi sociali. Certe peculiarità non spariscono cambiando collocazione politica e perciò credo che nel Pdl questo si potesse ancora scrivere. Ma era un tema accessorio. Io ritengo che il ruolo di grande attenzione sociale, svolto in commissione Igiene e Sanità, anche in favore dei medici e per una loro migliore operatività a favore dei pazienti si sarebbe potuto ricoprire anche nel Pdl. Ma il Popolo della Libertà è un partito troppo leaderistico. Noi avremmo voluto le preferenze, avremmo voluto le primarie e queste diverse visioni sono diventate forme importanti di disappunto. Tutto è drammaticamente precipitato nel momento in cui, con una specie di leggi razziali, un gruppo intorno al presidente Berlusconi ha deciso che quelli di Alleanza Nazionale dovevano andar via dal Pdl. Infatti il tema era: riportare il nome a quello di Forza Italia oppure lasciare il Popolo della Libertà? Alla fine Berlusconi ha preferito lasciare il nome Pdl perché troppo stretti i tempi per presentare un nuovo simbolo, una nuova sigla, un nuovo richiamo e quindi hanno deciso per un’epurazione di questo tipo. Fratelli D’Italia raccoglie pienamente il progetto originario del Popolo della Libertà, un progetto tatarelliano, inclusivo, che andava oltre il vecchio Polo della Libertà. Un progetto che includeva chi proveniva dalla destra in un disegno più ampio, di più larga partecipazione con il centro, il mondo cattolico ed una parte del mondo socialista. Ecco perché ritengo che con Fratelli D’Italia si possa fare un Pdl come lo avremmo voluto”. Quindi Fratelli D’Italia non intende prendere il posto della vecchia Alleanza Nazionale? “Noi vogliamo andare oltre il vecchio Polo delle Libertà, riprendere il vecchio progetto di Pinuccio Tatarella e realizzare un Pdl che abbia al proprio interno meno steccati, meno quote. Nel Congresso del Pdl si era detto di superare la vecchia proporzione 70-30. In realtà poi il 30 è stato epurato, con delle vere e proprie leggi razziali”. Altri esponenti della vecchia An sono però rimasti nel Pdl. Penso a Gasparri e Matteoli… “In questo caso vi sono due motivazioni diverse che hanno portato entrambi a rimanere nel Pdl. Matteoli è uno che da sempre ritiene il presidente Berlusconi come l’unico in grado di attuare questo progetto. Anche lui però ha sostenuto in passato l’esigenza che si dovesse superare la quota 30-70. Quindi è stato accettato con maggiore sicurezza. La vicinanza invece di Gasparri, all’interno del Pdl, ad una destra più movimentista è stata accettata con maggiore diffidenza. Gasparri non ha avuto il coraggio di seguire in pieno il suo amico di sempre Ignazio La Russa e quindi, rimanendo al guado, ha ottenuto qualcosa in meno di Matteoli ed è rimasto dentro al Pdl, immaginando a mio avviso una possibile diversa implosione del Popolo della Libertà ed una presenza più fattiva della destra al suo interno. A coordinare però le liste del Pdl sono stati solo gli uomini di Forza Italia. Noi siamo per una maggiore partecipazione popolare nella gestione del partito, per il ritorno ad una struttura di partito che prepari la classe dirigente e divenga fucina di obiettivi. Insomma per un partito che non faccia dipendere i militanti dalle decisioni di un’unica persona”. Uno dei principi cardine del vostro programma è la valorizzazione dell’identità nazionale. Voi site alleati anche della Lega Nord e nel caso doveste vincere le elezioni governerete insieme ad una forza politica che un giorno sì e l’altro pure non si sottrae dal lanciare proclami antinazionali, riempiendo in passato le scuole del Nord non di vessilli nazionali ma di simboli fortemente localistici, come il “Sole delle Alpi”. Non vi sentite in imbarazzo? “Se legge il programma ‘L’Italia chiamò’ tra i primi punti si fa riferimento all’esistenza di un grande progetto e di una altrettanto grande propensione ad una cultura europeista, ad una grande partecipazione europea, dove però gli stati non siano servi di altri stati. Detto ciò, credo che negli anni di governo la Lega non ci abbia limitato anzi in qualche modo siamo riusciti a moderare le sue posizioni. Nel momento in cui la Lega è passata dalla secessione al federalismo solidale abbiamo cercato di creare il rapporto territoriale non in senso campanilistico e populistico ma organizzato. Sfido chiunque a dire che la legge sul federalismo sia una legge antimeridionale o anti altro. Tutto dipende dalla forza che i cittadini ti danno nell’ambito di un progetto generale, per fare in modo che lo stesso penda da una parte o dall’altra. Noi, pur essendo nati tardi, speriamo di riuscire ad essere influenti e di moderare nell’ambito del centrodestra tutto ciò, riportandolo nel giusto canale”. Qual è stato il risultato più importante raggiunto nella precedente legislatura e quale tematica conta invece immediatamente di riprendere? “Sicuramente la più grande soddisfazione, come detto prima, è stata la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari, che ha permesso il superamento di 150 anni di storia vergognosa e la produzione, da parte del sottoscritto, di vari interventi su tutto il territorio nazionale. Un altro momento importante è stata l’inchiesta sulla corruzione portata avanti in Commissione d’Inchiesta sull’efficacia e l’efficienza del Servizio Sanitario Nazionale. Avrei voluto invece garantire ai cittadini la possibilità di essere più sicuri in ospedale. Quella falsa riforma rappresentata dal Decreto Balduzzi, tant’è vero che pur essendo relatore ho votato contro, andava completata con la successiva legge sulle sperimentazioni cliniche, grazie alla quale avremmo potuto definire l’atto medico e riconoscere grande dignità professionale a chiunque svolga una attività sanitaria. Ora, ciò non è potuto avvenire per pochi giorni, poiché il Governo Monti ha preferito portare in aula il Decreto sulle Province, che ha fatto una fine ingloriosa, invece di fare l’atto conclusivo di questa riforma sanitaria”.

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