Gero Grassi: ‘Con Bersani; Renzi è vecchio’

 

Roma. Il commento del deputato del Pd sui candidati alle Primarie del centrosinistra, con uno sguardo particolare alla Puglia. Blasi? “Pensa solo a stesso”

ROMA – “Bisogna distinguere tra il Pd che c’è e il Pd che vogliamo. Io sono uno di quelli che ha creduto nel Pd ma sono anche uno di quelli che, parlando a Bersani, non manca di evidenziare come si sia ancora nella fase dei lavori in corso e che l’egemonia post-comunista al suo interno è molto forte”. A dichiararlo è l’onorevole Gero Grassi che non manca di evidenziare una delle questioni che tormentano il Partito Democratico sin dal momento della sua nascita: lo sbilanciamento tra ex Ds ed ex Margherita, fattore che ne condizionerebbe il corretto ed efficace funzionamento. Uno squilibrio che caratterizzerebbe, secondo Grassi, anche la gestione del partito in Puglia, al punto da definire “inadeguato” l’attuale segretario regionale Sergio Blasi, capace di pensare “esclusivamente a se stesso”. “Nel momento in cui – precisa Grassi – Blasi dichiara che in caso di vittoria di Renzi alle Primarie se ne va dal partito, lo stesso segretario dimostra di non stare nel Pd bensì nel vecchio partito comunista”. E sulle prospettive politiche future, visti gli ultimi sviluppi sulla legge elettorale, dice: “Il Partito Democratico è contro ogni forma di governo con Berlusconi”. Onorevole, alcuni giorni fa Lei ha parlato dell’esistenza di un sostanziale squilibrio tra ex Ds ed ex Margherita all’interno del Partito Democratico. Ha addirittura affermato che i primi, essendo maggioranza, si sentono padroni. Allora perché sostiene Bersani nella corsa alle primarie? “Innanzitutto va dato atto a Bersani del fatto che, caduto il Governo Berlusconi, con l’Italia alle ‘pezze’, avrebbe potuto tranquillamente puntare alle elezioni perché le avrebbe facilmente vinte e sarebbe diventato presidente del Consiglio. Ha preferito, invece, mettere l’interesse dell’Italia davanti a tutto. Abbiamo, quindi, sostenuto il Governo Monti per cercare di raddrizzare la barca , soprattutto quella economica, che navigava in acque difficilissime. Bersani tra i candidati alle Primarie mi sembra quello più strutturato per fare il presidente del Consiglio, in una visione di incontro tra aree diverse che mettono al centro l’Europa, la stabilità di governo e la ripresa dell’Italia. Da qui poi prende corpo un altro ragionamento, quello del contrasto tra il Pd che c’è e il Pd che vogliamo. Io sono uno di quelli che ha creduto nel Pd ma sono anche uno di quelli che, parlando a Bersani, non manca di evidenziare come si sia ancora nella fase dei lavori in corso e che l’egemonia post-comunista al suo interno è molto forte. Il fatto che lui si candidi alla presidenza del Consiglio potrebbe aiutare il partito anche a diversificare la sua presenza facendo leva in futuro su un segretario proveniente da un’esperienza politica diversa rispetto a quella degli ex comunisti. Poi c’è un’altra considerazione: il Pd che vogliamo, dobbiamo costruirlo, ma le resistenze che gli uomini mettono in campo non facilitano il compito. Certo, nel momento in cui il segretario regionale dichiara che in caso di vittoria di Renzi alle Primarie se ne val partito, lo stesso segretario dimostra in questo modo di non stare nel Pd bensì nel vecchio partito comunista, esperienza sicuramente gloriosa ma sconfitta dalla storia. La storia del Pd non è la storia dell’ex Pci. Il Pd non è la prosecuzione delle storie pregresse, è tutta un’altra storia. Il problema è farlo capire. E molti anche all’interno del mio stesso partito non l’hanno capito”. I lavori in corso proseguono però da molti anni… “Però se lei pensa, ad esempio, all’esperienza del Pdl e a ciò che è accaduto e sta accadendo dall’altra parte, noi ci troviamo sicuramente in una situazione completamente diversa. Noi, a differenza del Pdl, non abbiamo mai avuto un partito con un padrone. Quando in un partito non ci sono i padroni, e bisogna fare il conto con gli uomini, si verificano anche prevaricazioni simili a quelle cui ho appena accennato. I lavori in corso proseguono da quando è nato il partito ma la nostra situazione è, ripeto, molto diversa rispetto a quella del Pdl”. Spostandoci sulle vicende regionali, il segretario del partito Sergio Blasi ha recentemente affermato che nel caso di una legge elettorale che reintroduca le preferenze il Pd dovrà schierare gli uomini migliori per rastrellarne il più possibile, paventando in tal senso anche un “trasferimento” del sindaco di Bari Michele Emiliano nelle liste per le politiche del 2013. Non ritiene che questa visione meramente calcolatrice sia alquanto riduttiva per un partito che si candida a governare l’Italia? “Premetto che io considero il segretario regionale Sergio Blasi inadeguato a guidare il partito democratico. È una cara persona ma è inadeguata, sulla base del ragionamento fatto precedentemente, per il momento storico che stiamo vivendo. E’ normale che in caso di preferenze si debbano candidare i migliori. Ma noi dobbiamo candidare solo ed esclusivamente quelli che sono in grado di prendere legittimamente le preferenze, perché ci sono anche quelli che pagano le preferenze e noi questi soggetti non dobbiamo candidarli. Quando Blasi fa riferimento alla possibile, e secondo lui opportuna, assegnazione del ruolo di capolista, per le politiche del 2013, a Michele Emiliano non ragiona nell’ottica del bene del partito. Fa questa proposta e tenta di promuovere Emiliano al Parlamento, dove il sindaco di Bari ha anche più volte dichiarato di non voler andare, per liberare la casella della presidenza della Regione alla quale Blasi aspira. Blasi pensa semplicemente a se stesso. Noi dopo Vendola dobbiamo candidare una persona autorevole, in grado di gestire bene e con grande dignità politica la Regione, in un clima armonico e di squadra. Blasi non ha queste caratteristiche”. Ha qualche nome particolare in mente? “No, io non sono appassionato di nomi. Io sono appassionato di metodi. Ecco perché ritengo, ad esempio, che D’Alema, facendo una considerazione generale, abbia sbagliato a candidare Emiliano alla Regione, pur avendolo fatto in risposta alla domanda di un giornalista. Io voglio un metodo e voglio che il prossimo presidente della Regione Puglia sia del Partito Democratico, sia una persona che si faccia carico degli interessi dei pugliesi e amministri la Regione con un senso di squadra e non come uomo solo al comando”. Lei sostiene Bersani alle Primarie. Che cosa pensa invece di Matteo Renzi? Alcuni l’hanno definito un ‘format televisivo’. Qual è la sua opinione in merito? “Renzi secondo me ha commesso due errori gravissimi. Pur provenendo da una esperienza contigua alla mia, cioè quella del cattolicesimo, lui immagina un cattolicesimo robotistico, economico. Innanzitutto non esiste società che rottami le persone. Aldo Moro diceva che ogni persona è un universo. Non si può impostare la politica sul conflitto generazionale perché il presidente della Repubblica Napolitano nonostante abbia quasi novanta anni è molto più giovane di Renzi che ne ha quaranta. Voler rottamare le persone è il primo errore. Il secondo errore è che lui non può immaginare una società iperliberista nella quale ognuno faccia quello che vuole. Questo modello di società è diverso da quello che propugno io, fondato sulla solidarietà e sulla complementarietà tra persone diverse. Quindi, nonostante Renzi sia un cattolico-democratico come me, io non posso e non potrò mai votarlo”. Pensa quindi che il continuo riferimento alle politiche iperliberiste sia la manifestazione più lampante del fatto che Renzi non sia quella novità che lui vuole far credere di essere? “Credo che lui sia un populista, un demagogo e credo che vada a recuperare un consenso che è quello della pancia delle persone e non quello del cuore. Quindi è lontano dalla mia immagine sociale, pur rappresentando un’idea rispettabile”. La scorsa settimana in Commissione Affari Costituzionali al Senato, è stato votato dall’asse Pdl-Lega-Udc un emendamento che prevede l’assegnazione di un premio di maggioranza solo alla coalizione vincente che riuscirà a raggiungere il 42,5% dei consensi. Bersani ha affermato che non si vuole far governare il Pd e che Casini in questo modo ha fatto partire il treno del Monti–bis. Voi da molti mesi corteggiate l’Udc. Non è che anche voi, sotto sotto, intendete salire su questo treno? “Cerchiamo di fare un pò d’ordine. Noi innanzitutto diciamo che solo con Sinistra Ecologia e Libertà non si può governare, perché non avremmo la maggioranza. Anche se l’avessimo con l’attuale legge elettorale, non potremmo governare un Paese, con le difficoltà attualmente presenti, con una maggioranza così stretta e risicata. Abbiamo inoltre sempre detto che l’esperienza del governo Monti, a differenza di quanto sostiene il mio amico Vendola, non è un’esperienza da gettare via ma un punto di partenza su cui lavorare e migliorare, anche per dare dignità al lavoro parlamentare che si è fatto nell’ultimo anno. Abbiamo auspicato che Monti rimanga in pista e continui ad essere una risorsa e abbiamo auspicato anche che Casini e Vendola la smettano di fare propaganda elettorale finalizzata all’acquisizione di piccole quote di consenso e alla ricerca di piccoli successi personali. Abbiamo, infine, auspicato che Pd-Sel-Udc più eventuali realtà dell’associazionismo, ad esempio quella del 17 novembre, si mettano insieme per dare all’Italia un governo stabile con una larga maggioranza. Il signor Casini con la manovra sull’innalzamento della soglia al 42,5% ha sicuramente creato, qualora gli vada in porto, una legge elettorale che non consentirà a nessuno di vincere le elezioni. Quindi, ha creato una instabilità e una ingovernabilità che sfocerebbe in un Monti–bis o comunque in un governo di larghe intese. Una prospettiva, questa, che va bene anche al signor Berlusconi che, ben cosciente della sconfitta elettorale, rimarrebbe in questo modo nella partita. Il Partito Democratico è contro ogni forma di governo con Berlusconi. Quando si governa con lui si ha molta difficoltà ad approvare alcune leggi, perché i suoi uomini presenti in Parlamento spesso anticipano all’interesse generale quelli personali, come accaduto nella legge anti corruzione, nelle vicende Imu e Patrimoniale, nella riduzione delle spese militari. Noi attualmente abbiamo un governo che non essendo del Pd fa i conti anche con gli uomini di Berlusconi. Siccome abbiamo provato direttamente che cosa significhi governare con loro, vogliamo una legge elettorale che dia la possibilità ai cittadini di eleggersi i deputati ma che nello stesso tempo garantisca la governabilità, perché un Paese che non ha governabilità corre il rischio di scivolare nelle condizioni della Grecia”. Lei sta sicuramente seguendo quanto sta accadendo all’interno di Italia dei Valori. Che idea si è fatto? “Io conosco le persone. L’Italia dei Valori è un partito personale e io sono sempre stato contro i partiti personali. Credo che i partiti personali abbiano esaurito la loro funzione, sia a destra che a sinistra. L’Idv è il partito di Di Pietro e non di Donadi. E’ chiaro che io sono più vicino alla linea di Donadi ma sulla linea di Donadi c’era solo Donadi. Le dimissioni di Donadi non produrranno una spaccatura nell’Italia dei Valori perché il partito rimarrà sulle posizioni di Di Pietro, posizioni di oltranzismo politico e personale che sono incompatibili con quelle del Partito Democratico. Donadi potrà anche venire nel Pd un domani ma non sarà in grado di formare una lista capace alle prossime elezione di prendere il 5-6%. Neanche i parlamentari pugliesi dell’Idv sono con lui, nonostante Donadi abbia molta ragione”.

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