Lampedusa, gli scafisti lasciano in mare i migranti. Il traffico di uomini genera un volume annuale d’affari di 3 miliardi di dollari
Continuano a sbarcare quasi ogni giorno sulle coste della Puglia, della Calabria ionica e della Sicilia orientale. Ma non utilizzano più le vecchie carrette del mare usate dagli albanesi. Nessuna Vlora ha più toccato in due decenni le coste italiane. In vent’anni il fenomeno dell’immigrazione clandestina (trafficking e smuggling, cioè traffico di uomini con scopo di sfruttamento sessuale e lavorativo e ‘contrabbando’ di persone) è mutato, in parallelo con i mutamenti politici dei Paesi africani, Medio orientali e asiatici, con le leggi sull’immigrazione sempre più restrittive, con le tecnologie di comunicazione sempre più globali, con l’aumento della domanda del mercato europeo di manodopera a basso costo, sia per sesso sia per lavoro. Oggi, per i nuovi trafficanti d’uomini, anche la parola ‘mafia’ è superata. “Il quadro sta cambiando molto rapidamente – dice Rob Wainwright, direttore dell’Europol, con sede a L’Aia. In passato c’erano le grandi organizzazioni mafiose dall’Italia, dalla Colombia, dalla Turchia che lavoravano solo all’interno delle loro comunità. Oggi invece assistiamo allo sviluppo di un modello di business più dinamico: gruppi criminali più piccoli, più flessibili, più efficienti che operano fra loro in un’atmosfera molto più collaborativa. Non si fanno la guerra, ma creano reti criminali in collegamento con diversi paesi europei, africani e mediorientali”. Alla stessa conclusione sono arrivate le indagini del Dipartimento antitrafficking della Polizia greca, diretto da Georgios Vanikiotis: “Si tratta di organizzazioni moderne, di recente costituzione, composte da diversi ‘nuclei’, sul modello delle organizzazioni terroristiche. Usano gli stessi metodi organizzativi e di comunicazione dei terroristi: tutti i diversi nuclei non si conoscono l’un l’altro e i membri di rango basso non sanno neanche per chi lavorano. Così che è impossibile smantellarle completamente”. “Questo rende il lavoro della Polizia ancora più impegnativo – dice Wainwright – e riflette un cambiamento nella società in generale, che ha aperto nuove opportunità di business per le nuove mafie, che rispondono in maniera dinamica alle nuove domande del mercato”. Le mafie ‘nucleari’ agiscono come vere e proprie agenzie di servizi: specializzandosi in differenti ‘segmenti’ e trafficando indifferentemente uomini, armi, droga attraverso i vari ‘hub’ che riescono ad aprire. “Addirittura – dice Wainwright – per il traffico di uomini, sono previste tariffe differenziate a seconda del tragitto usato e dei mezzi di trasporto. Chi ha 25mila dollari da spendere, in anticipo, può riuscire ad arrivare clandestino in Europa su voli charter o di linea, con imbarco ad Istanbul”. I disperati che continuano ad arrivare sulle coste pugliesi, invece, hanno pagato fino a diecimila dollari. Afghani, pakistani, indiani, iraniani, irakeni, turchi, somali, ghanesi, eritrei, tunisini, marocchini, perfino cinesi e georgiani, convergono su un tratto del fiume Evros al confine tra Turchia e Grecia, e da lì raggiungono i principali porti turchi a piedi o in macchina (sempre a seconda della tariffa). Da Bodrum, Antalya, Izmir, s’imbarcano su barche a vela, perché essendo più lente danno meno nell’occhio alle perlustrazioni aeree (ma si notano subito quando la linea di galleggiamento è bassa, segnale di un sovraccarico), oppure su yacht o sui classici gommoni con due motori fuoribordo da 500 cavalli l’uno. Fanno tappa a Patrasso o Lefkada per fare rifornimenti. La tariffa più bassa prevede invece l’imbarco a Patrasso sui tir in partenza per l’Italia. E’ la vecchia rotta seguita negli anni Novanta dalla mafia turca di Aksaray per trasportare i curdi in Europa, riaperta dalle mafie ‘nucleari’ nel 2008, all’indomani degli accordi tra Italia e Libia, quando è diventato più arduo (ma non impossibile, grazie al coinvolgimento della polizia libica corrotto) sbarcare a Lampedusa. Vanikiotis, del Dipartimento antitrafficking della Polizia greca, spiega il fenomeno: “Le leggi anti-immigrazione più restrittive, approvate in Italia, Malta e Spagna, hanno spinto un gran numero di persone a spostarsi dall’Africa occidentale verso l’Africa orientale e da lì ad arrivare in Europa attraverso la Turchia e la Grecia. Perfino dalla Nigeria, Somalia e Sudan, arrivano in Italia seguendo questa tratta”. E’ la “teoria dei rubinetti” di Cataldo Motta, capo della Direzione distrettuale antimafia di Lecce, che da vent’anni indaga sui fenomeni migratori. “Chiuso un rubinetto – dice Motta, riferendosi alla tratta libica – se ne riapre subito un altro. Le popolazioni in fuga dalla guerra e dalla povertà fanno un giro immensamente più lungo, pagando molti più soldi, riuscendo ad arrivare comunque in Italia, perché le mafie transnazionali riescono ad organizzarsi velocemente tanto quanto i cambiamenti politici in atto, trovando subito nuovi percorsi”. I diversi nuclei comunicano tra loro con cellulari satellitari ed è seguendo le tracce dei gps che la procura di Lecce, coordinando le indagini sul territorio italiano e in diversi paesi europei, ha smantellato un ‘nucleo’, che faceva base proprio ad Aksaray, riuscendo anche a seguire il flusso del denaro, accreditato su alcuni conti delle agenzie di money transfer. Piero Grasso, procuratore nazionale antimafia, ha spiegato che “l’operazione è stata effettuata per la prima volta dalla sezione di Antimafia, perché per la prima volta, è stato contestato un reato di nuova competenza delle direzioni distrettuali antimafia, quello di associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina previsto dal sesto comma dell’articolo 416 del codice penale”. Ma è solo la punta di un icerberg difficile da quantificare. Si stima che siano 55mila i migranti che ogni anno entrano illegalmente in Europa, vittime di smuggling, il ‘contrabbando di persone’, generando un volume d’affari di 150 milioni di dollari. E che il traffico di uomini per lo sfruttamento sessuale o lavorativo, trafficking in human beings, generi un volume annuale d’affari pari a tre miliardi di dollari, trasformando in merce 140mila persone (fonte: Unicri). Il secondo business più lucroso al mondo dopo quello della droga. (dal Fatto quotidiano del 13 settembre p.17)
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