L’indifferenza

Ecco la prima delle short stories di Paolo Congedo. Leggera e veloce, adatta ai web lettori

Lui odiava l’indifferenza. Odiava l’indifferenza almeno quanto odiava i rapporti freddi, muti. Certo, quest’affermazione poteva anche sembrare una banalità, in fondo. Ne era ben consapevole. Come era assolutamente consapevole di quello che poteva essere un vero rapporto d’amore. L’aveva vissuto, un tempo, e da allora a era più stato come prima. Cercava le emozioni forti che solo un abbraccio o un sorriso nascosto, un bacio a labbra umide, un dirsi “ti amo” fra la folla, poteva regalargli. L’aveva conosciuta, la donna della sua vita, sapeva che non ci sarebbe stato ritorno da quella gioia, ma aveva accettato comunque di amare incondizionatamente e lo aveva fatto per anni e per anni lui era l’eletto e per anni lei era Dio. Poi la sofferenza ad allontanarli per sempre e il non ritorno a spegnere il suo sorriso. Lei non era stata più quella di un tempo, le ferite l’avevano allontanata senza che se ne rendesse conto. Una mattina, fra la folla del mercato rionale – una mattina di quelle che non ti aspetti -, lui la rivide mentre girava fra le bancarelle. Aveva il fascino di sempre e le sue pose erano quanto di più sensuale potesse esistere – non so se riuscite ad immaginarvi il perfetto connubio fra una ballerina di danza classica e la scioglievolezza nei movimenti di Marilyn Monroe, le sue palpebre che sbattono -. La guardò e fece per andarle incontro. L’avrebbe amata un’altra volta, lo sapeva. Lo sapeva maledettamente bene. Lo sapeva perché dopo di lei si era creato un vuoto che aveva il sapore di dolce infinito, dopo di lei la sua era stata mera non vita. Non vita, come quella che gli aveva offerto l’ultima volta che si erano visti. Quell’ultima volta lei era stata di ghiaccio, nonostante il suo cuore visibilmente pulsante, nonostante anche lui le avesse offerto tutti i suoi occhi, come sempre. Anche quella volta lei non era stata più in grado di far esprimere i sentimenti ormai fossilizzati. L’aveva trattato come un deficiente, un teenager deficiente che rincorre la ragazzetta dei sogni. Probabilmente non lo aveva fatto apposta, lui non gliene faceva una colpa ma la freddezza, la distanza fra i due era stata tale che lui preferì allontanarsi in silenzio e in silenzio scivolarono le sue lacrime, nascoste dal buio di quella scassata macchina, quando l’inverno iniziò a dominare anche il suo cuore. Subito dopo si rincorsero con gli sms e lei gli dichiarò, ancora una volta, il suo amore. Lui voleva tornare per stringerla ma non se la sentì di osare fra le braccia gelide di lei. Se il cuore pulsa, bisogna darne atto e bisogna amare. Questo pensava. Poi le mandò l’ultimo sms: trenta giorni. Dammi trenta giorni e il mio cuore diverrà di pietra nei tuoi confronti, lo giuro su Dio. Questo accadde. In fondo era stanco.

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