False attestazioni cliniche. ‘Il fatto non sussiste’

Lecce. Tutti assolti, al termine del giudizio con rito abbreviato, i quattro medici dell’Asl Lecce 1 dipendenti del Sert accusatid i aver prodotto false documentazioni per favorire l’affidamento al servizio sociale di Giuseppe Matarrelli

LECCE – Sono stati tutti assolti, al termine del giudizio con rito abbreviato, i quattro dipendenti del Ser.T. accusati di aver rilasciato, in qualità di medici dell'Azienda sanitaria locale Lecce/1, false attestazioni cliniche per favorire l’affidamento in prova al servizio sociale di Giuseppe Matarrelli, che doveva scontare un residuo di pena per condanna definitiva per il delitto di associazione mafiosa. Per questo il pubblico ministero Stefania Mininni, che ha sostituito in udienza il procuratore Cataldo Motta, aveva chiesto pene per complessivi sedici anni di reclusione. Il gup Maurizio Saso, invece, accogliendo in pieno le tesi della difesa, ha stabilito che il “fatto non sussiste”. Secondo l'accusa Francesco Abate e Roberto Buttazzo, due medici addetti al Servizio Tossicodipendenze di Lecce del Dipartimento dipendenze patologiche, erano stati indagati dalla Procura del capoluogo salentino. I fatti fanno riferimento al 9 agosto del 2006: i due, secondo l'accusa, avrebbero falsamente attestato la “effettiva dipendenza da eroina” di Matarrelli, “sulla base degli esami tossicologici e della valutazione clinica effettuata”, fornendo anche un quadro anamnestico falso. I medici, per la Procura, non avevano conoscenza diretta dell’anamnesi del paziente e non avrebbero eseguito alcun esame ematochimico, limitandosi alle sole analisi delle urine, ottenendo dati che rendevano impossibile diagnosticare l’effettiva dipendenza da sostanza stupefacente. Successivamente, nel novembre del 2006, lo stesso Buttazzo, in concorso con altri due indagati nello stesso procedimento, Cinzia Perrone e Isa Zumbaio, rispettivamente educatore professionale e assistente sociale dello stesso Ser.T., avrebbe falsamente attestato, in una relazione inviata al Tribunale di sorveglianza di Bologna, che Matarrelli “rispettava le prescrizioni del programma terapeutico” previste dall’affidamento in prova ai servizi sociali. Prescrizioni in realtà mai rispettate dal soggetto interessato, che anzi avrebbe omesso di presentarsi ai colloqui previsti dal programma, evitando in questo modo anche di sottoporsi a prelievi ed esami clinici. Un quadro accusatorio che, come detto non ha trovato riscontro nel giudice. Giuseppe Matarrelli, meglio conosciuto come Mauro, noto imprenditore leccese (titolare dell'Automat service, la società che con la Number One di Fabio Fiorentino, ha gestito per anni il servizio di rimozione coatta per il Comune di Lecce), è nome noto alle cronache, soprattutto per due condanne per associazione mafiosa datate 1994 e 2003. Per i magistrati l’uomo, vicino al clan di Filippo Cerfeda, era l’imprenditore che faceva affari per sé e per il boss, e che garantiva i contatti con “determinati” ambienti, ad esempio quelli politici. In alcune intercettazioni relative all’operazione “Pit” della Dda di Lecce, emerse un forte contributo elettorale di Mattarelli all’elezione di candidati “amici”. E’ lo stesso gip Ercole Aprile a scrivere, nell’ordinanza di custodia cautelare del 2003: “L’appoggio elettorale fornito da Mauro Matarrelli era evidentemente interessato; proprio da un colloquio telefonico con suo nipote Fabio Fiorentino emergeva con chiarezza che, a fronte dei voti procacciati, doveva esservi una contropartita”.

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